Teste III - DRAGUTIN KNIEWALD

           

 

            Ad II interr.: «Mi chiamo dr. Dragutin Kniewald, professore universitario della Facoltà teologica, in pensione, abitante a Zagreb, Drapšinov trg 5/1, a destra, di anni 70, nato a Zagreb il 23 luglio 1889. Di religione cattolica, sempre stato. Non ho legami di parentela con il Servo di Dio dr. Ivan Merz, ma ho collaborato strettamente con lui».

 

            Ad III interr.: «Per la prima volta, ma del tutto superficialmente, ho visto il Servo di Dio nell'estate del 1919, nel Seminario teologico di Zagreb, durante il raduno di studenti cattolici. Quella volta non ho parlato con lui. Il primo colloquio ebbi nel 1923, quando venne nel mio appartamento presso le Suore di Carità di S. Vincenzo, in occasione del Simposio liturgico, per chiedermi di tenere una conferenza. Il Servo di Dio mi fece l'impressione di un giovane calmo e posato, il quale sapeva ciò che voleva, interessandosi soprattutto della liturgia e dell'Azione Cattolica di Pio XI. Dopo questo primo incontro non ho parlato con alcuno in particolare del Servo di Dio. Io avevo allora 34 anni, e il Servo di Dio ne aveva 27».

 

          Ad IV interr.: «Da quel tempo, ogni anno e sempre più frequentemente, sia nel mio appartamento sia nel suo, meno frequentemente fuori, ci incontravamo - sia che io lo cercassi o lui cercasse me - allo scopo di approfondire e discutere i problemi riguardanti la liturgia e l'Azione Cattolica. Non avevamo ragioni personali per evitarci l'un l'altro, e non lo abbiamo fatto».

 

          Ad V interr.: «Vivevo a Zagreb, ero professore alla Facoltà teologica e padre spirituale nel noviziato delle Suore di Carità di S. Vincenzo, quando per la prima volta ebbi un contatto personale con il Servo di Dio. Non sono mai stato con lui in servizio».

 

          Ad VI interr.: «Nessuno mai mi ha suggerito o istruito di dire qui qualcosa che non ricordi esattamente, o di dire diversamente abbellendo ciò che ricordo o di tacere sui lati meno convenienti della vita del Servo di Dio».

 

          Ad VII interr.: «Nessuno mi ha dato alcun regalo né mi ha promesso qualcosa perché venissi a deporre nel processo. Cosi pure non vengo a deporre per rispetto umano, per far piacere a qualcuno né per mio interesse personale».

 

          Ad VIII interr.: «Dopo il mio ritorno da Roma a Zagreb nel 1915, avendo sentito in genere tante cose lodevoli e belle sul conto dello studente Ivan Merz, il quale allora si trovava agli studi a Vienna, volli parlare con lui quando nel giugno dello stesso anno andai a Vienna. A tal fine mi recai all'Augustineum, dove egli abitava, ma l'allora rettore del collegio dr.  Josip Ujčić mi disse che gli studenti croati, tra cui anche Ivan Merz, erano già partiti da Vienna.[1] Nel 1920, in una riunione speciale del Seniorato, su proposta del dr. Ljubo Maraković, il suo ex-­alunno Ivan Merz venne scelto per essere mandato agli studi a Parigi. In quell'occasione dr. Ljubo Maraković particolarmente sottolineava che Ivan Merz era stato il suo miglior alunno e che conosceva bene la lingua e la letteratura francese. Poiché io non avevo ancora avuto alcun contatto personale con Ivan Merz, non potevo avere una mia opinione e giudizio su di lui, ma rimettendomi all'autorità di Ljubo Maraković e alla fama generale che Ivan Merz godeva, mi dichiarai d'accordo con l'opinione unanime del Seniorato e del P. Vanino che era presente a quella riunione. - Quella buona opinione che mi ero formato ascoltando le testimonianze di altri sul dr. Ivan Merz, ho dovuto poi - dal 1923, quando lo conobbi personalmente - sempre maggiormente confermare, poiché durante la vita e dopo morte l'ho sempre meglio conosciuto sotto l'aspetto religioso, morale e, in genere, umano».

 

          Ad IX interr.: «Ho tenuto conferenze sul Servo di Dio, ho scritto la sua biografia nel 1932; questa, alquanto abbreviata, è stata tradotta in lingua ungherese e pubblicata in Ungheria. Ho scritto la biografia basandomi su 20 volumi del suo diario, sulla sua ampia corrispondenza (circa 1000 lettere) e studi letterari, le pubblicazioni e molto ampio e ordinato archivio. Scrivendo la biografia ed anche dopo, ho cercato di leggere tutto quello che veniva scritto sul Servo di Dio. La maggior parte delle pubblicazioni sul Servo di Dio, a mio parere, è stata scritta nel rispetto della verità e criticamente (in particolare la biografia scritta dal defunto P. Vrbanek S.I.; le pubblicazioni della def. Marica Stanković: Mladost vedrine [Zagreb 1944] e nella rivista "Život" 1938). A mio parere, non sono fidate e criticamente scritte le esposizioni del dr. Ante Pilepić,[2] e quelle - ricalcate su Pilepić - del dr. Viktor Novak nel suo libro Magnum crimen, e alcune altre».

 

          Ad X interr.: «Ritengo che il dr. Ivan Merz, da quando io lo conobbi personalmente ed anche molto prima, era un uomo straordinariamente pio e virtuoso, devoto alla Chiesa e al Papa, esemplare sotto ogni aspetto. Nutro grande venerazione verso il Servo di Dio, mi rivolgo a lui io stesso e raccomando ad altri di rivolgersi a lui».

 

          Ad XI interr.: «Per quanto ricordo, a me personalmente nessuno mai ha parlato contro il Servo di Dio».

 

          Ad XII interr.: «Subito dopo la morte del Servo di Dio, il portinaio del Seminario Kresnik mi ha raccontato come il canonico Pećnjak, ora defunto, alla notizia della morte di Merz aveva detto: "Così Dio 'finirà' (non ricordo esattamente la parola) ognuno che è contro di noi" (cioè "seniori"). Tre quattro anni fa, mi è stato riferito - non so da chi - che lo stesso rev.mo canonico avrebbe detto alla rev.da superiora delle Suore di Nôtre Dame a Zagreb, la quale si era vantata davanti a lui di avere (nel convento) l'eredità letteraria del def. Merz in ordine al processo: "E' bene saperlo, io lo impedirò". In merito alla dichiarazione del rev.mo sig. canonico faccio notare che il dr. Ivan Merz era stato anche ai suoi occhi "integer vitae scelerisque purus", fino a quando non fu escluso dal Seniorato. Personalmente il dr. Merz lo era rimasto anche dopo, per quanto mi consta, ma gli si rimproverava di non condividere l'ideologia del Seniorato circa il Movimento cattolico».

 

          Ad XIII interr.: «Personalmente non ho mai visto (il Servo di Dio) scherzare, ridere o piangere. Ciò è comprensibile, poiché sempre e senza eccezione abbiamo parlato di cose serie e difficili. Da altri so che egli sapeva scherzare, sorridere, giocare con bambini, ma sempre con molto riserbo, anche se amichevolmente».

 

          Ad XIV interr.: «Non ho mai sentito qualche ripulsione da parte del Servo di Dio, né mi risulta che qualcun altro l'abbia sentita. La sua persona, la calma, il raccoglimento, l'ordinatezza mi attiravano, come anche attiravano gli altri, ma non affatto in senso fisico; per queste doti, ma del tutto naturalmente e discretamente, egli si distingueva da altri, così che doveva essere notato a prima vista».

 

          (Inizio della Sessione VII) Il teste dr.  Dragutin Kniewald chiede che l'allegata sua dichiarazione sia inserita nel verbale prima dell'esame odierno:

 

          «Poiché non è possibile parlare del Servo di Dio dr. Ivan Merz senza menzionare il Movimento cattolico croato, il Seniorato, i seniori e quanto li riguarda, e poiché io stesso sono stato impegnato nelle controversie ideologiche (sull'argomento) "Seniorato - Azione Cattolica", dichiaro davanti a Dio - per mia iniziativa - quanto segue:

          1. Menzionando il Movimento cattolico croato, l'ideologia di Rogulja, il Seniorato, i seniori, e quanto è in relazione con tutto ciò, non parlo per antipatia personale contro chicchessia, né per animosità, ma secondo la mia coscienza, così come vedo le cose alla luce dei fatti e dello sviluppo storico.

          2. Parlando della presa di posizione del Servo di Dio dr. Ivan Merz nella menzionata controversia, non parlo per simpatia personale verso il predetto Servo di Dio né per qualche altro motivo personale, ma unicamente perché personalmente e pienamente conosco tale presa di posizione.

          3. Ritengo che la corrente di Rogulja (del Seniorato) e quella di Merz (delle "Acquile-Crociati") nel Movimento cattolico croato sono state condizionate dalle circostanze (sviluppo) storiche, e che da questo punto di vista occorre considerare e giudicare tutt'e due le correnti.

          4. Non desidero diminuire i meriti di alcuno. Non tocco il valore personale o la buona fede di alcuno. Ritengo che il modo di procedere di coloro che non condividevano la posizione del Servo di Dio dr. Ivan Merz, come anche i loro punti di vista sul piano ideologico e organizzativo erano stati condizionati dallo sviluppo storico delle idee del Movimento cattolico croato e da varie altre circostanze.

          5. Questa mia dichiarazione vale per la mia prima deposizione, per quella di oggi e per even­tuali suc­cessi­vi esa­mi».

Dr. Dragutin Kniewald

ho dichiarato quanto sopra

 

          Esame del teste sugli Articoli.

 

          Ad art. 1-6: «I dati (che si trovano) negli articoli 1-6 sono correttamente riportati, come mi risulta dai genitori del Servo di Dio, dal suo professore dr. Petar Skok, dai documenti originali e dalle dichiarazioni dello stesso Servo di Dio. Avrei da notare che nell'art. 2, capoverso l, occorre omettere le virgolette alla parola "čestito" [=onestamente] e l'abbrevia­zione "t.j." [=cioè]. All'art. 5, capoverso 2, rilevo che la malattia degli occhi - come i medici hanno accertato più tardi - era la conseguenza e non la radice (causa) della malattia del Servo di Dio. All'art. 6, capoverso 1, rilevo che il calcio, come mi risulta, non gli era simpatico, ma non so se abbia giocato».

 

          Ad art. 7: «Il carattere del Servo di Dio e i suoi rapporti con i compagni e i professori nella scuola media sono correttamente descritti nell'art. 7. A proposito del fatto che egli aveva smesso di frequentare le riunioni della Congregazione Mariana, osservo che ciò difatti era avvenuto nel periodo di pubertà, ma non so se e in che misura la pubertà abbia influito in questo. Ad ogni modo, l'allora direttore della Congregazione e catechista credeva che ciò fosse dovuto alla pubertà. In realtà il Servo di Dio aveva smesso di frequentare le riunioni della Congregazione Mariana perché non vi trovava ciò che egli si era aspettato, e perché il direttore della Congregazione come professore di religione, più di tutti gli altri professori, aveva esercitato un influsso negativo su di lui. Lo stesso Servo di Dio me l'ha detto in occasione dell'inchiesta per il libro di preghiere Katolički đak [Lo studente cattolico].[3] Delle "tempeste di primavera", di cui alla fine dell'art. 7, non so nulla».

 

          Ad art. 7a: «All'art. 7a non ho nulla da osservare, tutto però vi è correttamente riferito».

 

         

          Ad art. 8: «Nell'art. 8 è correttamente descritto il cameratismo del Servo di Dio nei riguardi dei compagni. L'avventura studentesca, di cui è parola in questo art. 8, capoverso 3, è consistita nell'aver i candidati all'esame di maturità forzato la cattedra del professore di classe in cerca dei compiti (temi) dell'esame di maturità, che però non hanno trovato».

 

          Ad art. 9: «L'art. 9, in cui pure si tratta del cameratismo, è corretto».

 

          Ad art. 10 et 11: «Gli articoli 10 e 11, dove si parla dell'innamoramento di Ivan Merz nel 16. anno di età, sono esatti, come mi risulta dal diario del Servo di Dio e dal racconto dei suoi genitori. Non so se egli in occasione dei suoi incontri in pubblico con la figlia del consigliere forestale (Greta Teschner) abbia sentito la concupiscenza; in segreto non l'ha mai incontrata. Non so nemmeno quale fosse stato il di lei atteggiamento al tempo dei loro incontri. La sua morte è stata veramente una rottura nella vita del Servo di Dio. Sebbene egli si sia lamentato che allora non era stato sufficientemente istruito nella fede, tuttavia negli anni 1916-1918 sul fronte egli ha raggiunto la pace (interiore) sotto l'aspetto religioso e personale.  Per quanto mi è possibile giudicare sulla base del suo diario, che ho studiato coscienziosamen­te, non potrei dire che sul fronte egli abbia avuto particolari difficoltà sul piano morale. Tutto il suo diario di quell'epoca rivela una calma spirituale in questo senso».

 

          Ad art. 12: «All'art. 12, in cui si parla dell'influsso del prof. Ljubo Maraković sul Servo di Dio Ivan, rilevo che tale influsso è correttamente presentato, aggiungo che tale influsso ha avuto carattere marcatamente letterario-estetico ed ha essenzialmente contribuito alla visione letterario-estetica del mondo da parte del Servo di Dio Ivan. Faccio pure notare che Ivan Merz era (discepolo) prediletto del prof. Maraković e che questi gli dedicava più cure che a tutti gli altri studenti.

          Come studente dell'Istituto Tecnico (Realka) a Banja Luka il Servo di Dio Ivan Merz era bravo ed era un buon compagno, gentile e premuroso. Era severo soltanto se qualcuno attaccava la religione oppure oltrepassava i limiti del buon costume.

          Spesso era in compagnia del suo professore dr. Ljubomir Maraković. Con lui discuteva della letteratura, passeggiava e giocava il tennis. Qualche volta ha saltato la Messa di domenica, perché (la sera precedente) era andato troppo tardi a letto. Egli lo nota subito nel diario e decide di distribuire, in seguito, il proprio tempo così da poter andare alla s. Messa. Si comunica per le feste maggiori. Era membro della Congregazione Mariana, ma le riunioni, rispettivamente i discorsi del direttore, non lo accontentavano. Lo disturbavano anche tante altre cose, per cui cessò di frequentare le riunioni. Perciò, secondo gli statuti, fu escluso dalla Congregazione. Diede l'esame di maturità alla "Realka"[4] di Banja Luka l'11 luglio 1914, con ottimo successo. Mancavano pochi giorni all'inizio della Prima guerra mondiale».

 

          Ad art. 15: «Per accontentare i genitori - suo padre era ufficiale - dopo l'esame di maturità si recò a Wiener Neustadt, nell'Accademia Militare, il 12 settembre 1914. Prima di partire per l'Accademia decide di confessarsi e di comunicarsi. Nell'Accademia militare desidera intensamente buone prediche, un buon confessore e la s. Comunione. Lo ammareggia la mancanza di una autentica religiosità, la vita dissoluta di alcuni compagni e le esterne formali belle maniere dietro alle quali si nascondeva il marciume nell'Accademia. Continua­mente fa sapere ai genitori che questa vita non è per lui.

          Finalmente, dopo varie peripezie, il 21 dicembre 1914 lascia l'Accademia senza farvi ritorno, e parte a casa a Banja Luka. Il suo diario nell'Accademia lo termina il 21 dic. 1914 con la preghiera che l'altissimo gli mostri "la via alla purezza, alla grande arte, a tutto ciò che è sommo ed eterno, perché di nuovo e di nuovo si svegli il Faust, il quale pare si sia addormentato nell'Accademia"».

 

          Ad art. 16 et 17: «Verso la metà di gennaio del 1915, Ivan con sua madre partì da Banja Luka per Vienna. Voleva studiare la filosofia, ma, cedendo alla volontà dei genitori, si iscrisse alla Facoltà di diritto. Benché continuasse ad occuparsi più della letteratura che del diritto, tuttavia il suo entusiamo per la letteratura e l'arte - ­suscitato in lui dal dr. Ljubomir Maraković - cominciò a diminuire. Il Servo di Dio vede sempre meno la vita attraverso il prisma della letteratura, vuole invece vederla così com'è nella realtà. A ciò forse ha contribuito la vita della capitale (grande città) in cui si è improvvisamente trovato, probabilmente anche la guerra scoppiata pochi giorni dopo il suo esame di maturità, e certamente anche le lezioni di filosofia, ascoltate all'Università di Vienna. La sua vita personale è sempre più improntata al realismo e al tempo stesso diventa spiritualmente più profonda. Per quanto le questioni riguardanti la letteratura e l'arte ancor sempre lo interessino, egli preferisce sempre più affrontare i problemi religiosi, filosofici, morali e sociali. A Vienna il Servo di Dio attraversa una crisi di fede e di morale. Non nel senso ch'egli abbia smesso di credere o cominciato a dubitare, ma vuole soltanto dare alla propria fede una solida base razionale. Lo stesso vale anche per la crisi morale. Il Servo di Dio non ha mai deviato in questo campo, ma vuole ora sottoporre all'analisi se stesso e il suo ambiente, nel desiderio di rispondere alla questione: perchè occorre rimanere moralmente sano. Si tratta della morale in senso stretto, cioè di una vita pura. Ivan confida i propri pensieri anche ad alcuni compagni che non l'hanno sempre bene capito. Forse per questo si cominciò a dire che egli era cambiato. Sentito questo, il prof. dr.  Ljubomir Maraković, a Banja Luka, scrisse a Ivan per chiedergli apertamente una chiarifica­zione in merito. Presto tutto fu chiarito.[5] Di questo dirò di più alla fine della deposizione, quando si tratterà delle obiezioni sollevate contro il Servo di Dio. Ivan Merz infatti, a Vienna era veramente "cambiato". La sua fede infantile era diventata la fede di un giovane maturo, il quale vuol essere un cattolico convinto quanto alle idee e alla condotta morale. Ciò non andava senza tentazioni e lotte, ma Ivan ha finito per vincere. Alla sua parola "aut catholicus, aut nihil" (17.V.1915) ha aggiunto, il giorno dell'Immacolata del 1915, il voto di castità fino al matrimonio. Egli è stato fedele a questo voto, anche se ciò non è andato senza lotte. Non direi che dopo il primo voto avesse dovuto combattere "ancora a lungo". Nel suo diario di guerra questa lotta non appare più. Ivan mirava ad essere "così forte da poter essere ingenuo e sincero come un bambino" (9.1.1916). Nel mondo femminile con cui egli era in contatto a Banja Luka, parecchie erano alquanto irritate perchè egli "era allegro e amabile verso tutte, e al tempo stesso con mano fredda le allontanava da sè" (28.11.1916). Sarebbe più esatto, dunque, paragonarlo al "consapevole folle Parsifal", il quale coscientemente rimane puro, piuttosto che al Faust di Goethe o a Piero Maironi di Fogazzaro. Il Servo di Dio si interessava allora di tutte queste figure che egli ha analizzato dal punto di vista artistico e psicologico, e questa analisi penetrava profondamente nella sua vita personale».

 

          Ad art. 18-20 inclusive: «Nell'estate del 1915 fu mobilitato. Terminato l'addestramento militare passò due anni sul fronte italiano. Sul fronte è tutto occupato delle relazioni dell'uomo con Dio. Qui egli vive la sua totale rinascita spirituale. Per qualche tempo frequenta un francescano a Bolzano. Dalle sue posizioni (in montagna) scia per ore e ore, solo per poter respirare a Bolzano in chiesa o in colloquio con quel francescano. Nel tumulto di guerra e nelle rinunce Ivan si mortifica, legge Tommaso da Kempis, riceve la s. Comunione, vive sempre più consapevolmente per Cristo. Continua diligentemente - nella misura in cui le circostanze glie lo consentono - a scrivere il suo diario. Quanto alla forza creativa artistica e il realismo con cui sono descritte le sue esperienze, il diario di guerra di Ivan, sebbene scritto per ragioni personali e senza alcuna pretesa letteraria, non è secondo ad alcun diario di guerra, del periodo della prima guerra mondiale, che io ho letto. Ciò che manca a molti diari di guerra lo troviamo nel diario del Servo di Dio. Qui abbiamo l'anima aperta di un cristiano combattente, il quale non uccide ma prega Iddio di non dover uccidere nessuno. E' stato testimone degli orrori della guerra, ma non è stato nelle unità combattenti e non ha dovuto sparare. Lo ha preservato da ciò la sua debole vista. Sul fronte soffre spiritualmente e fisicamente, ha fame e freddo, è pieno di pidocchi, è spesso in pericolo di morte. In mezzo a tutto ciò rimane unito a Dio. Avendo una volta bevuto il caffé, si rimprovera di essere stato troppo dedito al cibo, e all'indomani digiuna tutto il giorno (Fontana Secca, 1O.VI.1918)».

 

          Ad art. 23-25: «Dopo la guerra, avendo con fine tatto riportato l'ordine nella miniera di Maslovare, il Servo di Dio, nel gennaio del 1919 con altri studenti si reca di nuovo a Vienna per continuare gli studi. Essendo riuscito ad ottenere il consenso dei genitori, si iscrive alla Facoltà di filosofia, e non più a quella di diritto. Spiritualmente rigenerato durante la guerra, continua i suoi studi che non aveva completamente abbandonato nemmeno nel periodo bellico. Ora egli sente in sé "la fiamma [di desiderio] delle altezze infinite, l'ardente desiderio del sereno abbraccio del Padre, Figlio e Spirito Santo, ma a questo non si arriva se non vincendo sé stesso con disciplina e tatto" (12.V.1920). Riguardo ai suoi studi, legge molto gli antichi e recenti classici tedeschi, frequenta il teatro (Burgtheater, Opera e Volkstheater). Nel suo diario diligentemente sottopone all'analisi quello che legge o vede. Queste analisi sono ora fatte ben più dal punto di vista cattolico che non da quello letterario. Così pure la sua ottima analisi dell'esposizione di Meštrović a Zagreb nel 1920. Negli esercizi spirituali a St. Gabriel per Pasqua 1920, predicati dal P. Schmidt S.V.D., conosce più da vicino la vita liturgica. Con la sua relazione tenuta nella riunione del rinnato club cattolico "Hrvatska" a Vienna, nel febbraio del 1919, per la prima volta interviene nello sviluppo del Movimento cattolico croato. Questa relazione era nata sul fronte nel 1918, in occasione del tentativo di Petar Rogulja di deviare il Movimento cattolico di Mahnić dal campo religioso a quello politico.[6] Di questo scritto, di cui si conserva il manoscritto originale del 1918, si parlerà più avanti; in esso il punto di vista del Servo di Dio si differenzia essenzialemente dall'indirizzo dato al Movimento cattolico, negli anni 1917-1920, dal dr. Petar Rogulja.  La relazione è stata pubblicata nella rivista studentesca "Zora-Luč" 1918/19 IX-X, 210-214. Nel raduno degli studenti cattolici a Maribor nel 1920, Ivan Merz tenne una conferenza che fu notata, sulla Internazionale di studenti cattolici. Parlò ­- come egli stesso annota nel diario il 3.Vlll.1920 - "con l'ardore che gli aveva dato la SS.ma Eucaristia"».

 

          Ad art. 26 e 27: «Non so se Ivan pensasse di perfezionare i suoi studi a Parigi. In realtà era andato a Parigi su proposta e raccomandazione del suo antico professore dr. Ljubomir Maraković, che allora era in servizio a Zagreb. L'allora console francese a Zagreb, che conosceva bene il P. Miroslav Vanino S.I., aveva offerto a quest'ultimo i propri buoni uffici perché alcuni Croati potessero andare agli studi a Parigi. P. Vanino, per mezzo del prof. dr.  Dragutin Kniewald fece conoscere questa offerta al Seniorato, di cui era il presidente dr. Ljubomir Maraković. Il Seniorato scelse Ivan Merz, Đuro Gračanin e Juraj Šćetinec. Ivan ha studiato a Parigi negli anni 1920-1922. In quel tempo, il Servo di Dio fa una vita piena di sacrifici: studia molto, si mortifica molto, volontariamente soffre fame, in vari modi vince se stesso, dorme sul pavimento anziché nel letto, come si era abituato sul fronte. Tutti i giorni "prega la s. Messa" dal suo Messale latino-francese. Tutti i giorni si comunica. Dalla sua modesta borsa di studio aiuta una famiglia povera. Nei giorni di festa, con tutti i membri di questa famiglia va alla s. Messa e alla s. Comunione. Prepara la sua dissertazione per il dottorato sull'influsso della liturgia sugli scrittori francesi. Il suo soggiorno parigino è stato di importanza determinante per il suo studio professionale, la sua formazione personale, la pietà liturgica, il "culto del papa", come dicono i francesi, le sue larghe vedute e relazioni internazionali con le più alte sfere dei cattolici di Francia, con i quali il Servo di Dio comunicava, lasciando ammirati i compagni. Il prof. dr. Đuro Gračanin ha descritto in un apposito opuscolo le sue memorie sul soggiorno parigino del Servo di Dio.[7] Il prof. dr. Ljubomir Maraković era in costante corrispondenza con il Servo di Dio; come presidente del Seniorato e relatore del Seniorato per gli studenti e le relazioni internazionali, spesso informava il Seniorato su ciò che Ivan Merz gli scriveva. A Parigi, il Servo di Dio aveva come padre spirituale il P. Pressoir, che aveva conosciuto per mezzo di Đuro Gračanin.[8] A Parigi gli studenti cattolici provenienti dal Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (SHS) hanno preparato il materiale per quattro articoli nella "Libre parole" 3-7.1V.1921 sulla situazione della Chiesa cattolica in SHS [Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]. Questi articoli hanno suscitato grande interesse presso il pubblico francese. Così pure l'articolo in "La Croix" del 21.IV.1921. Vi ha partecipato anche il Servo di Dio Ivan, (ma) non so in che forma e in che misura. Su questo probabilmente sapranno di più il prof. dr. Đuro Gračanin e dr. Matija Belić, che in quel tempo si trovavano a Parigi ed erano compagni di Ivan. Parecchi dati importanti su tutto ciò si troveranno nel Diario e nella corrispondenza del prof. dr. Ljubomir Maraković, come pure nei verbali contemporanei del Seniorato».

 

          Ad art. 28-33: «Come ho fatto finora, così in modo particolare d'ora in poi faccio le mie dichiarazioni allo scopo di completare o spiegare i sunti degli articoli. Se parlo di altre cose e non esclusivamente del Servo di Dio Ivan, lo faccio perché altrimenti non è possibile comprendere la personalità, l'attività e il significato del Servo di Dio Ivan Merz per il cattolicesimo croato.

          Il Servo di Dio già a Vienna, e poi a Parigi e a Zagreb leggeva opere letterarie in quanto ciò gli serviva per lo studio, e non per divertimento. Le questioni morali della vita moderna le studiava dal punto di vista estetico, sanitario e specificamente cattolico. Il sacerdote che, dietro sua domanda, lo accompagnava al teatro (S. Giovanna d'Arc) e al cinema (S. Francesco d'Assisi) era il professore univ. dr.  Kniewald. Mentre era ancora studente, il Servo di Dio intervenne nella vita della gioventù cattolica croata con la sua relazione "Novo doba" [I tempi nuovi], tenuta nel febbraio 1919 al Club accademico cattolico "Hrvatska" di Vienna. In questa conferenza il Servo di Dio si adopera per il cattolicesimo religioso della vita pratica che dovrebbe essere la base e lo scopo degli sforzi di rinascita del Movimento cattolico, nello spirito del vescovo Mahnić, in opposizione alla politicizzazione del Movimento che stava prendendo piede a Zagreb per opera del dr. Petar Rogulja.

          Nella sua conferenza sull'Unione internazionale di studenti cattolici, tenuta a Maribor nel 1920, il Servo di Dio pone come sommo principio per individui, popoli e per tutta l'umanità: "Cercate prima di tutto il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù" (Mt 6,33).[9] Tornato da Parigi a Zagreb, dove suo padre era stato traferito da Banja Luka come ispettore delle ferrovie statali, il Servo di Dio diventa professore al Ginnasio arcivescovile, sodalis della Congregatio Mariana Academica Maior e membro del Seniorato».

 

 

          Ad art. 34 et 35: «Il Seniorato si riteneva allora il foro supremo e guida del Movimento cattolico. Presidente del Seniorato era l'ex-professore del Servo di Dio dr. Ljubomir Maraković. In tutta la sua attività il Seniorato agiva in modo strettamente cospirativo. Il suo volto pubblico, per il "ramo culturale" del Movimento cattolico, era la Lega Cattolica Nazionale Croata (Hrvatski katolički narodni savez). In rappresentanza del Seniorato, il Servo di Dio assume nel 1923 la Presidenza della Lega giovanile cattolica croata. Lo stesso anno la Lega giovanile passa nell'appena fondata Lega Croata delle Aquile. I fondamenti di questa organizzazione in Croazia furono posti a Maribor nel 1920, e il Servo di Dio con i suoi compagni provvenienti dal Seniorato ha provveduto alla riorganizzazione della medesima nel 1923/24. Così è sorta la Lega Croata delle Aquile (Hrvatski Orlovski Savez = HOS) e poi SHO (Savez Hrvatskih Orlica, cioè il ramo femminile della Lega). Il Dr. Ivan Merz, prima come presidente della Lega giovanile, e poi come [vice]presidente e segretario dello HOS infondeva nelle file delle Aquile croate quello spirito che aveva già espresso nel suo scritto "Novo doba". Era questo lo spirito dell'Azione Cattolica raccomandata da Pio XI nell'eneiclica Ubi Arcano Dei. In tal modo l'organizzazione croata delle Aquile si distingueva essenzialmente da quella slovena, che era ed è rimasta una organizzazione di ginnastica strettamente legata al Partito Popolare Sloveno (Slovenska Ljudska Stranka = SLJS). Il Servo di Dio non è riuscito ad ottenere che l'organizzazione HOS fosse chiamata "cattolica", come egli lo desiderava. Sempre più appariva la profonda differenza tra le due concezioni del Movimento cattolico: quella di Rogulja, sostenuta dalla maggioranza del Seniorato di Zagreb, di un movimento cattolico politicizzato, e quella di Merz di un'Azione Cattolica al di fuori e al di sopra dei partiti, nello spirito di Pio XI. Queste due concezioni si sono scontrate anzitutto nello stesso Seniorato. Mentre era in corso di stampa l'edizione croata, riveduta da Merz, del Libro d'oro delle Aquile slovene, di Terseglav, il Seniorato fece omettere tutta la Prefazione come pure i passi sull'amore e l'ubbidienza al Papa e ai vescovi. Ciò fu fatto senza il consenso del Servo di Dio Ivan Merz. Le bozze originali dei passi omessi furono conservate e più tardi sono state pubblicate.[10] Tuttavia l'edizione croata del Libro d'oro realizzata da Merz ha messo l'accento sul carattere religioso ed ecclesiastico delle Aquile croate, quale organizzazione di Azione Cattolica nello spirito dell'enciclica di Pio XI Ubi arcano Dei.

            Questa concezione del Movimento cattolico si distingueva sostanzialmente da quella contemporanea tedesco-slovena, che Dr. Petar Rogulja durante la prima guerra mondiale stava per introdurre e nel 1919 introdusse nel Seniorato. Secondo questa concezione, il partito politico (HPS = Hrvatska Pučka Stranka - Partito Popolare Croato) era la parte essenziale, costitutiva e la più importante del Movimento cattolico, sotto la guida del Seniorato. Gli altri rami del Movimento cattolico, come anche il Partito Popolare Croato (HPS), erano apparentemente autonomi, ma in realtà tutti erano efficacemente uniti nel Seniorato, che era il foro supremo segreto e guida di tutto il Movimento cattolico. Per mezzo dei suoi emissari, che occupano le posizioni chiave in tutte le organizzazioni cattoliche ed istituzioni, perfino nei seminari e nelle curie vescovili, il Seniorato costantemente e realmente dirige i rami religioso, "culturale", economico-sociale e politico del Movimento cattolico. I vescovi sapevano che esisteva il Seniorato, ma non ne conoscevano la struttura, gli statuti, il giuramento e la reale attività, a meno che essi stessi non fossero "seniori", legati dal giuramento, dal segreto e dalla disciplina del Seniorato. A mio parere, le cose sono arrivate a questo stato perchè i vescovi, salvo rare eccezioni, nonché la gran parte del clero non comprendevano la necessità del tempo e non si curavano del Movimento cattolico. Con questa constatazione non intendo altro che rilevare i fatti e le condizioni storiche che hanno determinato la posizione del Seniorato. Nel fatto che l'organizzazione HOS e l'Azione Cattolica erano al di fuori e al di sopra dei partiti il Seniorato vedeva un pericolo per il Partito Popolare Croato, cioè per il ramo partitico-politico del Movimento cattolico guidato dallo stesso Seniorato, e quindi per tutto il Movimento cattolico. Così pure la dipendenza diretta dell'organizzazione HOS dall'Ordinario del luogo, sulla quale insisteva il Servo di Dio, minacciava la dipendenza dell'Azione Cattolica dal Seniorato. Così sorsero le divergenze tra il Seniorato, da una parte, e il Servo di Dio e coloro che ne condividevano le idee, dall'altra. La posizione e la condotta del dr. Ivan Merz in questa controversia sono autenticamente descritti nell'opuscolo Orlovstvo i prilike u katoličkom pokretu (Le Aquile e la situazione nel Movimento cattolico), che la Presidenza dello HOS, per difendersi, aveva inviato agli operatori dell'organizzazione nel 1927.[11] Molti dati autentici si trovano nella corrispondenza del Servo di Dio e nel suo archivio. Durante gli esercizi spirituali nel 1923, il Servo di Dio aveva annotato il 7.XI: "Servirò a Dio come correttivo nelle organizzazioni cattoliche, perchè mi rendo conto delle continue deviazioni dalle vere dottrine (sc. domag.)"».

 

          Prosequendo iuxta 35. articulum dixit: «Negli esercizi spirituali del 1924 o 1925 annota: "Uscire dal Seniorato. Il Santo Padre desidera che la politica sia separata". Tuttavia non era uscito perché ancor sempre sperava che fosse accolto il (suo) punto di vista e le organizzazioni "culturali" del Movimento cattolico, in primo luogo lo HOS, venissero sotto la diretta guida dell'Ordinario del luogo e fossero al di fuori e al di sopra di ogni partito politico, secondo le direttive di Pio XI a proposito dell'Azione Cattolica, e fossero quindi indipendenti dalla politica del Seniorato. Quando la Presidenza dello HOS si rese conto che il Seniorato era intransigente, per suggerimento del dr. Merz si rivolse all'Episcopato perché i Vescovi d'autorità risolvessero le questioni controverse. Nella sua conferenza del 1926, l'Episcopato decise in merito, in piena conformità con le direttive di Pio XI sull'Azione Cattolica, approvando così la posizione del dr.  Merz e dello HOS. Nella prassi tuttavia, la controversia non fu superata. Proprio alla vigilia della Conferenza Episcopale il dr. Merz fu escluso dal Seniorato perché non si era assoggettato al comitato del Seniorato, ma aveva rimesso la questione alla decisione dell'Episcopato. In seguito la controversia s'inaspriva sempre di più, soprattutto dopo la morte del dr. Merz, il quale fino alla fine aveva coerentemente sostenuto in linea di principio il punto di vista dell'Azione Cattolica, ma in tutte le questioni secondarie e soprattutto in quelle personali cercava di essere condiscendente e conciliante. Non so come oggi, quando il Seniorato formalmente non esiste più, i principali seniori giudichino di questo infelice contrasto e della posizione del dr. Ivan Merz. Desidero soltanto rilevare che il senior di una volta e già collaboratore del dr. Petar Rogulja a Rijeka (Fiume), poi gesuita Milan Pavelić,[12] da principio non era d'accordo con la posizione di principio del dr. Merz. Quando il Servo di Dio era moribondo, il P. Pavelić era, nelle ultime notti, accanto al suo letto, e dopo la sua morte compose una poesia in onore di questo Prediletto di Dio, nella quale leggiamo:

            Amaramente abbiam pianto quando fummo privati di te,

            Aquila stupenda, Ivo, fratello, quando le ali ti portaron

            all'eterna luce viva.

            Perdonaci d'averti rattristato per non averti spesso compreso! 

            Ora tutti sappiamo che dobbiamo per il tuo salire cammino,

            profeta chiaroveggente.

            Pur non essendo del nostro sangue, sei nostro e fra tutti il primo,

            le tue ossa Croazia conserva, Te inalza qual suo programma,

            o giusto sapiente!

 

            Quest'elogio postumo del Pavelić esprime, ovviamente, la sua opinione personale, e non quella di tutti i seniori. Tuttavia, esso da solo è abbastanza eloquente. Infatti, il "culto del Papa", la dipendenza dell'Azione Cattolica dall'Ordinario del luogo e dall'Episcopato e la sua estraneità all'attività del partito [Qui il testo originale è alquanto oscuro,- n.d.tr.] sempre più penetravano nella coscienza dei cattolici croati e del clero croato. Questo è il merito soprattutto del dr. Ivan Merz ed è la sua eredità lasciata ai cattolici croati».

 

          Ad art. 36: «Benché la sua vista fosse molto debole, il Servo di Dio dr. Ivan Merz ha scritto e pubblicato molto. Per facilitargli il lavoro, i genitori gli avevano comprato una macchina da scrivere ed egli ha imparato a scrivere con tutt'e dieci le dita. La sua corrispondenza personale e d'ufficio era molto ampia e varia. Era in corrispondenza con gente semplice, con studenti, sacerdoti, laici illustri, vescovi e dignitari ecclesiastici, in patria e all'estero. Preparava ed inviava delle relazioni ufficiali e personali al Nunzio Apostolico e direttamente alla Santa Sede. Una gran parte di questa corrispondenza si è conservata, in parte nelle minute originali e copie, in parte negli originali (lettere di Ivan). Il dr. Ivan Merz ha pubblicato: undici scritti sulla letteratura, venti sulla liturgia, otto su Lourdes, quaranta sulle organizzazioni cattoliche, vent'uno sull'Azione Cattolica, sei sull'apostolato cattolico moderno, nove su argomenti diversi. Occorre inoltre aggiungere la dissertazione dottorale, la tesi per l'esame di professore (di Stato) e cinque maggiori manoscritti preparati per la stampa. In tutto, oltre 120 più o meno ampi scritti nello spazio di nove anni (1919-1928). Ancor oggi non riesco a comprendere come il Servo di Dio, nonostante la sua debole vista ed altri suoi impegni, abbia potuto compiere un lavoro intellettuale e manuale così grande. Egli infatti scriveva, rispettivamente batteva a macchina tutto da solo. Il suo ampio e ben ordinato schedario (silva rerum), costantemente tenuto aggiornato coll'aiuto del padre, è andato purtroppo perduto dopo la sua morte. Ivan di proposito scrive senza pretese letterarie. Nella redazione dei suoi scritti è solido, quasi arido, ordinato e sistematico, chiaro e preciso. Nell'esporre le cose si basa sulle fonti e la bibliografia di prim'ordine, che continuava a procurarsi, e sugli ordini e le direttive della Santa Sede, che conosceva come pochi da noi. La logica ferrea rende la sua esposizione apparentemente dura, ma l'ardore e l'entusiasmo con cui espone le cose fanno accettare questa arida logica anche a chi si ostina a non accettare le sue conclusioni, sempre che ammetta la sua visione di fondo e il punto di partenza, che è molto semplice: Cristo ha detto - il Papa lo vuole».

 

          Ad art.37-43: «Nella primavera del 1928 fu accertata la sinusitis maxilaris quale causa dell'infiammazione degli apici polmonari e della trachea, di cui soffriva negli ultimi anni, come pure della sua debole vista. Era urgente l'operazione chirurgica, che fu eseguita dal prof. universitario dr. Mašek. Secondo il racconto della Suora assistente, durante l'operazione è capitata una disgrazia che ha causato la morte del Servo di Dio. Al chirurgo è sfuggito il bisturi ed ha inciso nell'orbita. Nel nervosismo che ne è seguito, ci si è dimenticati di togliere il tampone in quel posto. Son sorte delle complicazioni e la temperatura è salita per effetto della meningite diffusasi rapidamente. Lo stesso prof. dr. Mašek ha personalmente portato il Servo di Dio nell'ambulanza - l'ho visto io stesso - ed ha fatto tutto il possibile per salvargli la vita che andava spegnendosi. Dopo la morte, secondo le norme della Clinica universitaria doveva essere eseguita l'autopsia della salma del Servo di Dio. Per desiderio di suo padre e ricorrendo anche ad alti interventi, abbiamo fatto di tutto perché ciò non avvenisse, ma il prof. Mašek la volle assolutamente eseguire, dicendo: "Anch'io ho la coscienza". Fu questa l'ultima operazione eseguita dal prof. dr. Mašek. L'ultimo giorno e la notte era accanto al letto del moribondo la rev. suor Bogoljuba. Nel 1935, accanto al Servo di Dio Ivan Merz fu seppellita nella tomba di famiglia la sua tribolata madre, e nel 1959 il venerando vecchio ispettore Mavro Merz, padre di Ivan».

 

          Ad art. 44-52: «Né dal diario di Ivan né d'altronde mi risulta che la conoscenza (di Ivan) con Greta Teschner, che era protestante, abbia influito nella crisi della fede del giovane Ivan. Lo stesso si può dire del nuovo pastore protestante a Banja Luka che Ivan, mentre era studente della Realka, era andato ad ascoltare per curiosità, perché quello aveva fama di bravo predicatore. Alcuni professori della Realka e l'insegnante di religione, che era anche il praeses della Congregazione Mariana, gli facevano una impressione negativa. Non mi è noto che ci siano stati dissensi tra l'insegnante di religione e Ivan. Come contrappeso a tutto ciò era il prof. dr. Ljubomir Maraković, il quale come uomo, professore, critico letterario e cattolico convinto, e quasi come un amico, ha avuto un influsso determinante sulla formazione spirituale di Ivan a Banja Luka. Quel periodo della sua vita 1912-1915, lo stesso Servo di Dio lo chiama "cattolicesimo estetico", denominazione questa che è passata poi nelle sue biografie. Già a Vienna nel 1915 il Servo di Dio cerca di liberarsi dell'estetismo nel campo religioso. Invece di guardare la vita prevalentemente con l'occhio di esteta, come finora, egli ora sempre più considera la letteratura in vista della vita e della realtà».

 

          Ad art. 53-56: «In occasione del decimo anniversario della morte del Servo di Dio, il compianto dr. Ljubomir Maraković ha scritto sulla "Hrvatska Prosvjeta" come aveva dovuto ammonire Ivan Merz, studente ginnasiale, di non tenere le mani sul dorso durante la s. Messa.  Ciò era avvenuto quando Ivan non era ancora in stretti rapporti col prof. Maraković. La religione, come anche la s. Messa erano ben lontano dall'aver nella vita di Ivan - data la sua educazione e l'ambiente che frequentava - quel significato che avrebbero acquistato qualche anno più tardi. Tuttavia, il suo tener le mani sul dorso non rappresentava una disistima o dispetto. Credo che anche il prof. Maraković non lo interpretasse così. Sarà stata probabilmen­te un'espressione spontanea ed inconsapevole di "pia noia". Tra parentesi rilevo di aver visto alla TV i sacerdoti vestiti per la solenne Messa alla Theresienwiesen a München tenere le mani sul dorso. Penso che il prof. Maraković abbia voluto sottolineare il suo benefico influsso su Ivan, il quale prima di una più stretta conoscenza con il prof. Maraković era stato più o meno indifferente riguardo alle cose religiose. Tutto ciò che si dice negli articoli 53-56 ritengo che sia esatto, con le seguenti precisazioni. Forse è detto troppo che "la s. Comunione è stata per Ivan, per tutta la vita la sorgente di straordinaria e probabilmente carismatica gioia" (art.55 r. 4). In Ivan Merz, come l'ho conosciuto io, la s. Comunione produceva certi effetti carismatici sempre più forti. Non so tuttavia, se ciò abbia avuto luogo "per tutta la vita". Certamente sì dal suo 18. o 19. anno di età. Così pure tutto quello che segue nell'art. 55 vale certamente per il soggiorno di Ivan a Parigi e dopo il ritorno a Zagreb, dunque per gli ultimi otto o nove anni della sua vita. Quale fosse la situazione anteriore in questo senso, non lo posso dire. Ad ogni modo il soggiorno sul fronte e poi a Vienna ha preparato quello stadio di cui parla l'art. 55 e in cui abbiamo conosciuto il Servo di Dio Ivan, com'era in mezzo a noi negli ultimi dieci anni di vita».

 

          Ad art. 57-60: «Da quando conosco il Servo di Dio Ivan, la sua vita era impregnata dalla sincera e filiale devozione al Rosario della Madonna, all'Immacolata Concezione e alla Madonna di Lourdes. Se ciò gli era possibile, le decisioni importanti le faceva davanti al Tabernacolo, e prima di metterle in esecuzione si metteva in ginocchio per pregare la Madonna. Così, avendomi chiesto di aiutarlo tecnicamente nell'esecuzione di una sua importante decisione, mi invitò prima, nella sua stanza, di recitare genuflessi un Ave Maria».

 

            Ad art. 61- 71: «Dopo il vescovo Mahnić, il dr. Ivan Merz è stato il primo da noi a richiamare l'attenzione sulla necessità che le parole del Papa siano prese in considerazione e siano seguite anche quando non parla ex cathedra. Nel 1922/23, quando il dr. Ivan Merz appare a Zagreb, la figura e l'insegnamento del vescovo Mahnić erano già abbastanza sbiaditi. La generazione di oggi non potrà forse immaginare quanto poco contassero allora per i Croati il Papa, i vescovi e i sacerdoti. Le encicliche del Papa? Se qualcuno sapeva che esistevano, praticamente non le leggeva, e nella prassi esse non significavano alcunché. I vescovi erano considerati grandi signori che amministravano la cresima, passavano sotto gli archi trionfali, ordinavano e nominavano i sacerdoti e forse si occupavano di politica. Rari erano quelli che si interessavano dei problemi sociali e religiosi dei propri diocesani. Una buona parte dei sacerdoti della Croazia del Nord erano grandi proprietari e politici, e sul piano pastorale erano burocrati. A poco a poco, per mezzo dei "Zborovi duhovne mladeži" [Associazioni della gioventù ecclesiastica, nei Seminari maggiori], quando tutti erano venuti in contatto col Movimento cattolico, un nuovo spirito penetrava nel clero più giovane. Ma allora i giovani cappellani cominciavano ad occuparsi delle cose secolari nelle nuove organizzazioni. Tuttavia non è stato il clero ad aver influsso sullo sviluppo del Movimento cattolico, bensì i laici provenienti dalle associazioni cattoliche universitarie. Così le cose si son mosse dal punto morto, quindi prima il clero giovane e poi lentamente anche l'Episcopato ha cominciato ad interessarsi del Movimento cattolico. Il nostro clero si occupava molto più della politica attiva e dell'economia che non dell'intensa cura d'anime. Il Servo di Dio Ivan è intervenuto in tutto questo, facendo conoscere le direttive di Pio XI sulla necessità dell'Azione Cattolica e che questa sia al di fuori e al di sopra dei partiti politici, sotto la guida dei vescovi e dei sacerdoti. Ciò gli ha procurato parecchi avversari di massima e parecchie obiezioni. Un suo compagno durante il soggiorno parigino, dr. Šćetinec, dopo la morte di Ivan, nella rivista "Luč" gli rinfacciava d'aver "sognato una Chiesa come della comunità spirituale di tutti i fedeli, con a capo un Maestro, il Vicario di Cristo, il Santo Padre il Papa".[13] Tale comunità spirituale era effettivamente il "sogno" del dr. Ivan Merz che egli voleva realizzare nelle anime dei cattolici croati, come essa era una realtà nella sua anima. Che la figura e il ruolo del Papa, dei vescovi e dei sacerdoti si siano affermati nella coscienza dei cattolici croati fino al punto da rappresentare oggi qualcosa per noi e per la nostra vita, ciò si deve prevalentemente agli instancabili sforzi del Servo di Dio dr. Merz e al suo entusiasmo per la Chiesa, il Papa e i sacerdoti.

            Ad art. 70 rigo 5 rilevo che ciò riguarda la traduzione croata del Messale, pubblicato allora per la prima volta e che il Servo di Dio ha salutato con entusiasmo in un suo articolo apparso sulla "Hrvatska Prosvjeta".[14]

            Ad art. 71 rilevo che il Servo di Dio per tre volte fece visita all'Opera Cardinal Ferrari a Roma. La prima volta, durante il pellegrinaggio giubilare nel 1925, quando condusse anche me per vedere questa istituzione. Fummo d'accordo che la cosa era stata bene concepita, ma che in questa forma non si sarebbe potuta mantenere nemmeno in Italia. Ben presto la decisione di Pio XI ha dato ragione all'opinione del Servo di Dio. La seconda volta il Servo di Dio dr. Ivan Merz ha visitato l'Opera Cardinal Ferrari a Roma durante il [secondo] pellegrinaggio a Roma. E la terza volta, insieme con la presidentessa delle Aquile [ramo femminile] Marica Stanković, durante il pellegrinaggio delle Aquile a Roma nel 1926. Le successive vicende riguardanti l'Opera Cardinal Ferrari, come anche la malattia e la morte del dr. Ivan Merz hanno impedito per allora una simile fondazione da noi, ciò che era nei voti del Servo di Dio Ivan e della def. Marica Stanković.[15] Aggiungo infine, che il Servo di Dio Ivan ha lanciato l'idea di celebrare da noi ogni anno la "giornata del Papa"».

 

            Ad art. 72-77.  «I dati sono esatti, solo faccio notare che la tesi di laurea di Ivan non tratta "della liturgia", non ha per tema un argomento trattato dal punto di vista liturgico, bensì fa vedere quanto e come la liturgia ha esercitato influsso sulla letteratura francese da Chateaubriand fino alla prima decade di questo secolo. Della traduzione croata del Messale Romano Ivan dice che accanto alla S. Scrittura è il libro più prezioso che abbiamo. - Milan Pavelić ha cominciato a tradurre gli inni ecclesiastici e le sequenze nel 1916-17, a Senj, pregato dal redattore della traduzione croata del Messale Romano [Dr. Kniewald]. Il Pavelić era dispiaciuto perché nessuno aveva richiamato la sua attenzione sugli inni e le sequenze mentre era più giovane. Conosciuto poi il Servo di Dio a Zagreb, fu da quest'ultimo confermato nel proposito di tradurre in versi tutti gli inni della Chiesa.

            Il Servo di Dio ha tenuto la sua prima conferenza sulla liturgia all'inizio della primavera del 1923, all'accademia organizzata dalla def. signora Marija Springensfeld, prefetta della Congregazione Mariana delle signore e direttrice dell'Associazione dell'Adorazione perpetua. Per quell'occasione anch'io fui pregato dal Servo di Dio di tenere una conferenza. Così cominciò la nostra conoscenza.

            Non so se nel 1924 fu "introdotto" il canto gregoriano dai francescani al Kaptol, so però che il giorno di Natale del 1924 lì fu cantato il canto gregoriano. Ciò fu oggetto di critiche sui giornali, perché al posto degli antichi canti natalizi croati durante la Messa solenne si era cantato in latino, e la cosa era stata mal compresa e riferita. Il canto gregoriano nella chiesa dei francescani è stato introdotto dal P. Benigar, ora a Roma. Il Servo di Dio ha spiegato al pubblico come stavano le cose, respingendo gli attacchi ingiustificati.[16] Nella biblioteca (personale) del Servo di Dio Ivan c'erano circa quaranta libri scelti, per lo più francesi, sulla liturgia e il rinnovamento liturgico».

 

            Ad art. 78 et 79: «Nel gruppo che nel maggio del 1925, durante il pellegrinaggio giubilare, guidavo per le vie di Roma, si trovava anche il Servo di Dio Ivan Merz. Mentre gli altri s'interessavano principalmente dei monumenti artistici e storici di Roma, Ivan s'interessava soltanto della "Roma sacra", dei santuari romani, dei santi romani e di ciò che li riguardava, o di quel che aveva relazione col Papa. Quando nel nostro programma non c'era nulla di "sacro" da vedere, ad esempio quando andammo al Monte Pincio o alla Villa Borghese per passeggiare e riposare, Ivan non era con noi. Egli andava per le sue strade, ai santuari romani, all'Opera Cardinal Ferrari, agli uffici centrali delle organizzazioni cattoliche, in chiesa per pregare davanti al Tabernacolo, o nelle librerie Desclées o Pustet. Raccoglieva informazioni e cercava dove inviare le sue Aquile, in occasione della prossima venuta a Roma. Anche ad essi desiderava far conoscere la Roma sacra. Come il Servo di Dio, proprio a Roma, fosse in modo straordinario unito al suo Angelo Custode, lo descrive la sua vecchia conoscenza da Parigi, P. Irenée Hausherr, professore al Pont. Istituto Orientale, nella lettera al P. Sakač».[17]

 

            Ad art. 80-87: «Ivan fermamente sperava di ottenere per i meriti di Cristo Signore la beatitudine eterna, lui e i suoi genitori, sebbene la sua madre sofferente, per lungo tempo non comprendesse molto del "mondo superiore" nel quale viveva il suo unico figlio. A tal fine il Servo di Dio, nella sua vita terrena ha rinunciato a tutto ciò che nella prima giovinezza aveva rappresentato per lui i principali valori: le bellezze terrene, le arti e gli amori terreni. Per amore del Signore e per la salvezza delle anime sempre più disprezzava le cose del mondo e le vanità mondane. Viveva immerso in Dio, nel "soprannaturale" che per lui era più reale di tutto il visibile. Nelle difficoltà e nei pericoli sul fronte e nella miniera Maslovare, come anche nella successiva sua attività si fidava della bontà di Dio, pregava il Signore e faceva ciò che era prudente e necessario, lasciando però tutto alla Provvidenza divina. Da quando lo conosco, cioè negli ultimi cinque anni della sua vita il Servo di Dio sopportava con calma, anche se spesso soffriva molto, tutte le difficoltà della vita e del suo lavoro apostolico, come anche le contrarietà che, per così dire, da tutte le parti ostacolavano i suoi sforzi. Non di rado ne sono stato testimone immediato. Ivan non si è fermato sulla sua via crucis. Era convinto di essere guidato dal Salvatore Crocifisso. Poco prima della morte, l'8.III. 1928, annota nel suo diario: "Percepisco molto chiaramente come il Signore guida tutti i particolari della nostra vita e del (nostro) lavoro". Ha espresso la sua speranza soprannaturale nella bontà di Dio anche nel testo che doveva servire per il suo epitaffio, e che scrisse l'ultima notte prima di recarsi all'operazione».

 

            Ad art. 88-105: «Durante gli ultimi dieci o dodici anni della vita Ivan era "immerso in Dio". Senza questo legame egli non poteva immaginare la sua vita. Per tutta la vita, da quando possiamo seguirlo, ha odiato soltanto una cosa: il peccato come apostasia da Dio. Contro il peccato ha condotto una lotta ragionata, sistematica, costante e implacabile. Negli ultimi dieci anni amava il prossimo quasi fino all'oblio di sé. A costo dei più grandi sacrifici personali cercava di far sì che i genitori, gli amici e gli avversari diventassero partecipi di quei benefici che sono connessi con la consapevolezza di un amore filiale verso Dio, la Chiesa e il Papa. Tutti coloro che hanno conosciuto Ivan, compresi quelli che negli ultimi anni della sua vita non hanno condiviso i suoi sforzi per introdurre nella vita dei cattolici croati i principi dell'Azione Cattolica di Pio XI, sottolineavano che egli "non ha cercato nulla per sé, ma (ha agito) nella convinzione di fare la volontà di Dio e il proprio dovere, e che anche nelle più gravi lotte di allora era rimasto oggettivo, e nei rapporti personali premuroso e affabile con tutti ed anche con chi gli era avversario". Amava teneramente i genitori. Le sue lettere al padre e alla madre da Parigi non si possono leggere senza profonda commozione. Sotto l'aspetto religioso e morale ha esercitato un forte influsso su quanti lo circondavano, sulle Aquile e su tutta la gioventù cattolica nella Croazia. Benché le sue condizioni economiche fossero modeste, sin dal tempo degli studi fino alla fine della vita ha cercato di mitigare la miseria altrui consolando spiritualmente, con belle parole e con opere di misericordia corporali. A Zagreb, dal suo modesto stipendio mensile sottraeva il 10 % per aiutare i bisognosi».

            Nell'art. 94 non è chiaro di quale Dr. Ćepulić si tratta: se di Avelin o di Drago.

            Ad art. 95, rigo 2: Si tratta del prof. Dragutin Kniewald. Il Seniorato lo considerava il cattivo genio di Merz. Si rimproverava a Ivan di praticarlo. Marica Stanković, presidentessa del SHO (ramo femminile delle Aquile), aveva suggerito a Ivan di troncare le relazioni con il prof. Kniewald, per ragioni tattiche. Del resto, in queste relazioni amichevoli non è stato il dr. Ivan Merz a subire l'influsso del dr. Kniewald, ma proprio il contrario: dr. Merz ha influito su dr. Kniewald, per quanto ciò possa suonare paradossale. Ciò che il dr. Ivan Merz da tempo sapeva delle encicliche pontificie, che aveva in mano, io appena lo stavo imparando, io che ero professore di teologia pastorale alla Facoltà teologica. Lui ed io però eravamo i soli a Zagreb che erano in grado di orientarsi in tali questioni. Quale signum temporis ricordo che il professore di teologia pastorale all'Università di Ljubljana, il defunto dr. France Ušeničnik non condivideva la nostra opinione, bensì sottolineava che l'attività politico-partitica del clero in cura d'anime era necessaria come parte dell'ordinaria cura d'anime. Della stessa opinione era il dr. Šimrak, allora professore alla Facoltà teologica di Zagreb e poi vescovo.

            Ad art. 98 rigo 2: Ivan prima di sottoporsi all'operazione ha fatto bruciare il materiale che poteva essere spiacevole personalmente agli avversari suoi o a quelli delle Aquile.

            Ad art. 99 rigo 2: Ivan viaggiava per varie missioni importanti riguardanti l'Azione Cattolica e lo HOS, e negli ultimi anni è stato per motivi di salute a Sv. Križ presso Jesenice. Dovunque, presso tutti ha lasciato l'impressione di "un santo vivente". I sacerdoti di Hvar e i fedeli lo chiamavano "cappellano in borghese"».

 

            Ad art.106-118: «La circospezione e prudenza del Servo di Dio Ivan in un grado straordinariamente alto si rivelava ad ogni passo, in ogni gesto della sua molteplice attività durante il suo soggiorno a Zagreb negli anni 1922-1928. Nelle questioni importanti cercava di consultarsi con quelli che ne erano interessati ed informati. Dopo aver "riflettuto fino in fondo" e considerato le conseguenze, prendeva la decisione che spesso ha lasciato profondo solco nella vita dei cattolici croati. Si sforzava perché i suoi atti "fossero corrispondenti alla realtà qual'è nella concezione del Creatore". A tale scopo gli serviva soprattutto la meditazione quotidiana, l'adorazione del Santissimo e l'esame di coscienza. Dal diario rileviamo che così faceva certamente già a Parigi. Nel "segreto della meditazione spirituale" è stato introdotto da un francescano a Bolzano, durante la guerra. Prima del suo soggiorno parigino, di solito risolveva da solo i suoi problemi spirituali, salvo, ovviamente, l'uso dei ss. Sacramenti. A Parigi ebbe come padre spirituale il P. Pressoir, e a Zagreb il P. Vrbanek S.I. Tutti e due - lo so dallo stesso Servo di Dio Ivan - gli avevano consigliato la prudenza nelle mortificazioni esterne, perché da principio era incline ad esagerare in questo.

            La formulazione dell'art. 108 rigo 1, vale per i 10-12 anni prima della morte del Servo di Dio, e per tutta la vita potremmo dire che si è sforzato sempre più per dirigere tutto alla maggior gloria di Dio.

            Nell'art. 116 sarebbe più esatto dire: "Conoscendo per propria esperienza l'importanza della ginnastica nella vita della gioventù, riteneva - dopo un coscienzioso ed esauriente studio di questo argomento - che una moderata e adeguata ginnastica fosse un eccellente mezzo di autoeducazione e disciplina nell'organizzazione delle Aquile". Nella sua biblioteca si trovava una serie di ottimi libri scritti da autori competenti (laici?) e cattolici sulla ginnastica, lo sport e la danza».

 

            Ad art. 119-124: «Ivan sempre più dava a Dio tutto se stesso, e al prossimo dava ciò che gli era dovuto e molto di più. Ha consacrato gli ultimi sette o otto anni della vita per ravvivare ed approfondire nel popolo croato, specialmente nella gioventù cattolica croata l'amore verso la Chiesa Cattolica. Era filialmente devoto ed ubbidiente al Santo Padre il Papa quale Vicario di Cristo sulla terra. Desiderava che in tutto il popolo croato si risvegliassero e radicassero gli stessi sentimenti. Durante tutta la sua attività pubblica (1919-1928) sottolineava che il Papa e i vescovi non dirigono soltanto la vita "devota" dei singoli, ma tutta la vita cristiana in quanto tale. Ha cercato di restituire ai sacerdoti nelle organizzazioni cattoliche quel posto che spetta a loro come pastori d'anime. Come uno dei primi promotori della riforma liturgica presso i Croati si è vivamente adoperato in questo senso presso i sacerdoti e i fedeli. Era devoto e sottomesso ai suoi genitori e ai superiori. Se vedeva che qualche loro desiderio o ordine non era conforme alla volontà di Dio o del Santo Padre il Papa - non sono mancati casi del genere -, con molto tatto, calma e fermezza faceva ciò che sapeva essere la volontà di Dio, nonostante tutte le difficoltà e rispetti umani».

 

            Ad art. 125-129: «Il Servo di Dio Ivan Merz si mortificava in modo veramente eroico. Rinunciava alle proprie aspirazioni, anche se di per sé erano giustificate e nobili, quando il bene maggiore lo esigeva. Così ha deliberatamente e definitivamente rinunciato alle sue aspirazioni artistiche e letterarie in quanto tali. Era mite e paziente anche nelle tribolazioni e contrarietà. In queste situazioni - e ce ne sono state parecchie - non l'ho mai visto confuso e in collera. Economizzava sulle proprie necessità per poter aiutare altri. Negli ultimi dieci anni circa, mangiava quel poco che era necessario per la vita. Non prendeva bevande alcooliche. Non fumava. Veramente tutta la sua vita, dal periodo passato sul fronte fino alla morte era un continuo digiuno. Dormiva, a seconda degli impegni che aveva, dalle 10 o 11 di sera fino alle 5 del mattino. Spesso anche molto meno. Dal tempo passato sul fronte fino alla morte dormiva sul pavimento, sopra qualche vecchio abito o una coperta. Costantemente assoggettava il corpo all'anima, e l'anima a Dio. Nessuno di noi ricorda che Ivan, negli ultimi dieci anni, si sia dato al divertimento per divertirsi. Raramente andava a passeggio, eccetto nel periodo di cure (mediche). Di solito al passeggio univa qualche fine apostolico. Ancor più raramente - parlo del periodo 1920-1928 - andava al cinema, al teatro, ai concerti, e non lo faceva mai per divertirsi, e nemmeno per motivi letterari, come un tempo a Vienna, bensì mirando sempre ad un fine apostolico. Così durante la rappresentazione del dramma Giovanna d'Arc di B. Shaw, l'ho visto studiare la vita della Santa. La sua stanza a Zagreb era attigua a quella della madre, grande ariosa e soleggiata con due grandi finestre. Vi si trovava la scrivania, un armadio per i libri e il letto di ferro, sul quale ha dormito soltanto poco prima della morte. Sopra il letto c'era una statua della Madonna di Lourdes, davanti alla quale ardeva sempre una lampada. Nonostante la sua grande e faticosa attività apostolica il Servo di Dio amava il silenzio e la solitudine. In tutto il suo aspetto, comportamento, modo di camminare e nella conversazione era semplice, modesto e serio, ma del tutto naturale. In lui non c'era nulla di artificioso. Era vestito modestamente, ma pulito e ordinato. La madre desiderava che si vestisse meglio, che tenesse una bella pettinatura e che mangiasse di più. Ivan sapeva scherzare sui desideri della mamma, per continuare poi a privarsi - se lo riteneva conveniente - anche di ciò a cui un cristiano comune non è tenuto a rinunciare. Non l'ho mai visto mangiare dolci, ma non potrei nè affermare nè negare che li avesse mai mangiato negli ultimi dieci anni della vita, come viene affermato nell'art. 127 rigo 2. Certamente, negli ultimi anni, cioè 1920-1928 non ha mangiato cioccolato.

            All'art. 128 rigo 3, rilevo che in un momento apparentemente disperato per "le sue Aquile" ho visto il Servo di Dio "piangere". Non era questo un pianto come quello solito di altri uomini. La sua faccia lentamente sussultava, dagli occhi gli scorrevano le lacrime, il suo sguardo era rivolto verso qualche punto lontano, mentre le pallide labbra quasi bisbigliavano: "E' stato invano tutto questo? Tutta la mia vita e l'attività... No, no... Reverendo, inginocchiamoci e recitiamo ciascuno sotto voce l'Ave Maria prima di continuare". Così mi disse nella sua stanza dove mi aveva pregato di entrare. Era il sabato prima di Pentecoste nel tardo pomeriggio. Alzatici, mi spiegò brevemente e concisamente[?] di che cosa di trattasse. Con calma e decisione mi espose la sua conclusione alla quale era pervenuto davanti al Santissimo. Non mi chiese consiglio, ma soltanto un aiuto tecnico. E, come di solito, con il suo coraggioso intervento la situazione fu salvata, la crisi superata fino alla nuova complicazio­ne, senza che nessuno, ad eccezione di noi due, sapesse come si sia arrivati al capovolgimento (della situazione)».

            Il giudice chiede al teste: «Sa per propria osservazione che il Servo di Dio Ivan Merz si flagellava?»

            Il teste risponde: «Ciò mi è noto soltanto per fama, ma personalmente non ne ho alcuna esperienza».

 

            Ad art. 130-138: «Quanto alla s. purezza, nella vita del Servo di Dio Ivan occorre distinguere il periodo fino al 1915, poi quello fino al 1923 e l'ultimo fino al 1928. Nella prima giovinezza Ivan, come ogni ragazzo normale, sperimenta le prime tempeste. In esse il Signore lo preserva per mezzo dell'innamoramento ideale verso Greta Teschner. Nella seconda fase Ivan è preservato dal voto di castità fino al matrimonio, fatto il giorno dell'Immacolata nel 1915.  Nel terzo periodo, dopo il voto di castità perpetua fatto nel 1923, fino alla morte Ivan gode di una rara pace, sotto questo aspetto. Benché debba spesso muoversi in mezzo alle giovani, non ha più tentazioni e difficoltà quanto alla castità. Già dal tempo del soggiorno parigino, sebbene fosse molto miope camminava per le vie (della città) senza occhiali perché "questo mondo" non gli entrasse nell'anima. Le difficoltà che fino allora aveva sperimentato erano naturali ed egli le ha superate eroicamente, e il peccato gli era ripugnante.

            All'art. 131 rigo 1, faccio notare che di fatto a nessuna delle sue simpatie giovanili "ha promesso qualcosa né ha abusato della loro fiducia". Tuttavia da studente ginnasiale sapeva talvolta, alla presenza dei genitori, baciare senza intenzione peccaminosa Greta Teschner di cui era innamorato.

            L'art. 138 rigo 2. non mi sembra bene formulato, perché può essere inteso in un senso del tutto sbagliato. Non è stato Ivan - da quando io lo conosco - ad "attirare a sé" alcuna giovane, nemmeno "tenendola ad una certa santa distanza da sé". Ivan difatti "teneva ad una certa santa distanza da sé" le giovani, ossia le Aquile, con le quali spesso doveva comunicare, quasi che non si accorgesse che erano ragazze. Le giovani (le Aquile) poi dal canto loro sentivano che qualcosa, in una certa santa distanza, le attirava a lui, nel quale guardavano "un santo". Con tante altre venivano anche le Aquile nella chiesa dei gesuiti a Zagreb solo per vedere come il loro "santo" pregava inginocchiato durante la Messa, immerso in Dio. Nella "Hrvatska Straža" del 10.V.1931, il dr. Ćiril Brajša appellandosi alla propria esperienza ed osservazione ha scritto che il Servo di Dio Ivan "in ogni giovane (ragazza) vedeva propria sorella"».

 

            Ad art. 139-141: «Sebbene negli ultimi quindici anni della sua giovane vita il Servo di Dio Ivan si sia sempre più orientato verso un unico fine: servire Dio, tuttavia si considerava peccatore. Con tutti i mezzi cercava di nascondere la santità della sua vita e le sue virtù. Non voleva che gli altri lo lodassero, ne tenessero molto conto o semplicemente che ne parlassero molto. Voleva soltanto glorificare Iddio e la Chiesa e salvare le anime. Nient'altro. Chiedeva consiglio a tutti coloro che riteneva capaci di aiutarlo con il consiglio. Ha sempre rispettato i pareri altrui anche quando non ha potuto condividerli, mentre non era attaccato al proprio parere in quanto era suo. Era sempre disposto ad abbandonare il proprio parere, non appena gli si fosse, forse, dimostrato che non aveva ragione, o che "la situazione" - che spesso cambiava - richiedeva altre soluzioni o diverso modo di agire. Nelle cose secondarie lasciava la libertà e non insisteva sulla propria opinione. Si limitava a cercare l'essenziale necessario per raggiungere il fine desiderato e per (far) conoscere ed attuare la volontà di Dio e il desiderio della S. Chieea.

            Ai righi 4 e 5 dell'art. 140: Queste obiezioni colpivano Ivan in relazione a quanto egli sosteneva sull'Azione Cattolica secondo le direttive di Pio XI, sulla vita religiosa intensa e sulle direttive morali».

 

            Ad art. 142-151: «Con spirito inflessibile il Servo di Dio vinceva se stesso e superava gli ostacoli che si frapponevano alla sua attività negli anni 1923-1928. Con costanza incrollabile sottolineava e difendeva i diritti della Chiesa. Era coscienzioso nei suoi doveri, infaticabile nel lavoro, paziente nelle difficoltà, calmo e perseverante. Derisioni, scherni, attacchi, persecuzioni, calunnie e diffamazioni, che non gli furono risparmiate negli ultimi anni di vita, le ha sopportate con calma e senza contraddizioni, anzi senza difendersi se era in questione soltanto la sua persona. Se si trattava invece di interessi più alti, si rivolgeva con garbo, finezza e argomenti concreti a coloro che l'avevano attaccato, rispettivamente all'Ordinario, se ciò era necessario. Già nel ginnasio e nell'Academia militare, e dopo ancor di più per motivi soprannaturali disprezzava gli onori, le ricchezze e il lusso mondano. Era proverbiale la sua tenacia nell'esercizio delle virtù e nell'osservanza di ciò che riteneva la volontà di Dio e il desiderio della Chiesa. Questa tenacia è stata definita testardaggine da coloro che non approvavano i suoi sforzi d'introdurre l'Azione Cattolica secondo lo spirito di Pio XI. Egli però non era testardo, in quanto era sempre e in tutto accessibile alle ragioni. Era soltanto perseverante in ciò che sapeva essere giusto. Il rispetto umano, per Ivan esisteva soltanto nel senso che con cura cercava di non offendere alcuno personalmente in alcun modo. Nei contatti personali era con tutti affabile, paziente e mite. Tuttavia nulla poteva impedirgli di mettere in atto ciò che sapeva essere bene e, date le circostanze, opportuno. La fortezza di Ivan si è rivelata eroica anche nella sua ultima malattia. I medici, il personale ospedaliero, i malati, i visitatori tutti lo hanno ammirato, come io personalmente ho visto in quei giorni».

 

          Ad art. 152: «Dai contatti personali con il Servo di Dio Ivan dal 1923 al 1928 a Zagreb e a Sv. Križ presso Jesenice, dal contatto per lunghi anni con i suoi genitori prima e dopo la sua morte, dal suo diario, dalla sua ampia corrispondenza, dalle sue opere pubblicate e non pubblicate, dalle dichiarazioni dei suoi collaboratori e dei suoi avversari di massima, so e testimonio che il Servo di Dio Ivan Merz, dopo la pura (prima) giovinezza (1896-1915), nel 1915 ha fatto il voto di castità fino al matrimonio, e nel 1923 il voto di castità perpetua, e la seconda metà della sua giovane vita (1916-1928) l'ha trascorsa esercitando le virtù teologali e cardinali in grado eroico, come modello straordinario di milite cristiano sul fronte, di studente, di intellettuale, di operaio dell'Azione Cattolica nello spirito di Pio XI, di guida della gioventù cattolica e di sofferente per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. E' morto alla mia presenza, conscio che stava morendo, provvisto dei ss. Sacramenti e della benedizione personale di Pio XI trasmessa telegraficamente, dopo aver offerto la sua vita per le Aquile croate, di cui era stato lo spirito buono».

 

          Ad art. 153-156: «Negli ultimi dodici anni circa della sua vita il Servo di Dio ha goduto fama non soltanto di buon cattolico, come fino allora, ma di uomo di vita straordinariamente esemplare sotto ogni aspetto. Tale era la fama comune durante la sua vita, dovunque egli si faceva vedere: a Zagreb, Sarajevo, Djakovo, Ljubljana, Sv. Križ, Hvar... Dopo la sua morte ciò veniva generalmente riconosciuto e pubblicamente sottolineato da coloro che l'avevano conosciuto, in patria e all'estero. Lo riconoscevano anche quelli che si erano separati da lui a causa della sua premura di restituire al Movimento cattolico croato, al posto della concezione politico­-partitica, il carattere religioso nel senso delle direttive di Pio XI sull'Azione Cattolica. Di tutto ciò rendono testimonianza le numerose accademie tenute in tutte le regioni croate in onore del Servo di Dio, innumerevoli articoli commemorativi, più o meno lunghe biografie, poesie in suo onore, ininterrotta venerazione privata di cui egli è oggetto come uomo di santa vita, modello e intercessore presso Dio nelle necessità spirituali e corporali. Di tutto questo ho, oppure ho avuto in mano un'ampia documentazione di prima mano, degna di fede. Molte cose le ho vissute, viste e sentite io personalmente, e sul posto le ho fotografate o riprese cinematograficamente.    

          Ai righi 4 e 5 dell'art. 140 faccio notare che gli epiteti ivi citati venivano usati per il Servo di Dio Ivan Merz unicamente con riferimento alla sua premura di portare il Movimento cattolico croato sulla via della departitizzazione (depoliticizzazione) e del cattolicesimo religioso nel senso delle direttive di Pio XI sull'A.C., e di mettere in atto le direttive della Santa Sede circa le questioni morali moderne. Dopo la morte del Servo di Dio Ivan, e dopo lo scioglimento forzato del HPS (Hrvatska Pučka Stranka = Partito popolare croato) e la lettera pastorale dell'arcivescovo Bauer e dell'arcivescovo-coadiutore dr. Stepinac sull'Azione Cattolica, per Natale del 1935, quelle obiezioni progressivamente scomparivano. La predetta lettera pastorale nell'insieme e nei particolari è stata ispirata dal pensiero del già da tempo defunto Servo di Dio Ivan Merz.[18] La generazione più giovane del Movimento (cattolico croato) "Domagoj" si è allora resa conto che la politicizzazione del Movimento nel suo insieme era stata "infeconda" e che occorreva "cominciare da capo" secondo la predetta lettera pastorale. Gli amici, i collaboratori e quanti condividevano le sue idee come anche quelli che in linea di principio gli erano contrari - non ha avuto nemici personali - riconoscevano e sottolineavano la sua personale santità di vita.

            Particolarmente a proposito dell'art. 140 rigo 4 e 5: Alcuni che difficilmente riuscivano ad accettare il nuovo stato giuridico, da sempre caldeggiato dal Servo di Dio Ivan nel Movimento cattolico, mettevano fuori, in privato e in pubblico, certe obiezioni che dovevano indebolire la posizione dell'Azione Cattolica quale la voleva il dr. Ivan Merz. Riferisco qui tutte le obiezioni che mi sono note e nella forma in cui mi sono note, e ad esse darò risposta. Sottolineo che tutte queste obiezioni, senza eccezione, venivano espresse soltanto dal 1924-25 in poi. Alcune riguardano il periodo fino al 1920, le altre il periodo dal 1922 al 1928.

            Alla prima categoria appartengono le seguenti obiezioni:

            1. [Il Servo di Dio] si è innamorato; 2. da studente ginnasiale a Banja Luka è andato alle prediche del predicatore protestante; 3. da studente (ginnasiale) è stato escluso dalla Congregazione Mariana; 4. il prof. dr. Ljubomir Maraković ha dovuto ammonirlo di non tenere le mani sul dorso in chiesa - durante la Messa degli studenti; 5. da soldato nella Prima guerra mondiale ha bevuto con piacere il caffé offertogli ­dal suo superiore Šime Lukin (più tardi dr. Šime Cvitanović); 6. a Vienna, dopo l'uscita dall'Accademia militare, "si è imbaldanzito" ed "è diventato un altro ragazzo".

            Alle suddette obiezioni ho già risposto. Rimane soltanto da accennare all'obiezione num. 6, della quale parla anche il P. Vrbanek nella sua biografia del Servo di Dio, a p. 28 e 29. Non saprei dire quale fondamento avesse la diceria secondo cui allora ad Ivan sapeva "sfuggire (qualche) parola sconveniente sulle ragazze". Ivan allora difatti difficilmente imparava il latino perché non aveva nessuno che lo istruisse. Più tardi leggeva il latino come noi teologi. Nella sua biblioteca aveva un bel numero di libri latini, tra cui tutto il S. Tommaso, che ha diligentemente studiato. Durante il suo primo soggiorno a Vienna il teatro gli era una dimora cara; così pure le sale di concerti. Questa predilezione l'aveva portata con sé da Banja Luka, dove era stato discepolo del dr. Ljubomir Maraković. Essa era conseguenza e postulato del "cattolicesimo estetico", come egli stesso poi chiamò il suo entusiasmo per l'arte e la letteratura. Il diario del Servo di Dio Ivan e le sue note letterarie testimoniano del carattere serio che già allora avevano le sue visite al teatro e ai concerti. Anche il Prater di Vienna l'ha visto (una volta) in compagnia di compagni abbastanza liberali. Tuttavia il suo comportamento si distingueva molto dalle idee e dal comportamento dei suoi compagni, come risulta dal suo diario. L'immagine realistica del Prater e della Kärtnerstrasse nel suo diario rivela non soltanto un letterato di talento, bensì un giovane spiritualmente maturo che ha decisamente disprezzato Venere, che incontrava dovunque, per seguire la via di Parsifal, tanto per esprimermi col vocabolario di Ivan di quel tempo. Se i suoi compagni occasionali erano stati talvolta abbastanza liberali, non lo è stato lui; sebbene, s'intende, questo non era quel Merz che veniamo a conoscere sul fronte, nel suo secondo soggiorno viennese, e poi a Parigi e a Zagreb. Il Merz ventenne stava allora maturando. Quale egli fosse ce lo dice con impietosa sincerità il suo diario. Voleva vedere Vienna e la vita viennese quale era in realtà, rendere poi conto a se stesso del suo principio con cui era venuto a Vienna: "Aut catholicus, aut nihil" per concludere il 17.V.1915. con la costatazione: "Non Venere, ma la Madre di Dio, questa è la nostra unica via". Tutto ciò non era noto a coloro che diffondevano la diceria che il Merz "si era imbaldanzito", né a quelli a cui queste voci arrivavano. Non lo sapeva neanche il dr. Ljubomir Maraković, che l'aveva sentito - come egli stesso dice - dal barbiere, e subito, verso la metà di giugno del 1915 scriveva ad Ivan chiedendogli, con discrezione e riguardo, ma molto apertamente, schiarimenti in proposito. Questa lettera del dr.  Maraković si è conservata nell'eredità del dr. Merz. Nel suo diario Ivan accenna a questa lettera del dr. Maraković il 18.VI.1915. Si riferisce ai ragionamenti del dr. Maraković sulla verità, la bontà e la bellezza, su Rodin, ma nemmeno una parola di tutte quelle dicerie. Dalla lettera del Maraković veniamo a sapere che aveva dato occasione a quelle voci una lettera di Ivan ad un compagno a Banja Luka. Non so che cosa Ivan abbia risposto al dr. Maraković in proposito. Ciò si potrà conoscere esaminando l'eredità del Maraković.[19] Senza dubbio Ivan deve aver tranquillizzato pienamente il dr. Maraković, perché i due sono rimasti buoni ed intimi amici che avevano fiducia l'uno nell'altro. Il Dr. Maraković infatti non era uomo che mantenesse intima amicizia con coloro di cui non approvava i principi o la vita.

            Alla seconda categoria appartengono le obiezioni riguardanti l'attività del Servo di Dio Ivan negli anni 1923-1928 nel campo dell'Azione Cattolica e dell'attuazione delle norme morali secondo le direttive della Santa Sede. Ecco queste obiezioni in ordine:

 

            1. Dr. Ivan Merz "ha cominciato a sollevare certe questioni che erano attuali altrove ma non da noi". - Si trattava delle questioni relative all'Azione Cattolica, quale era stata proposta da Pio XI nella sua enciclica Ubi arcano Dei del 1922, ed era vivamente raccomanda­ta dai Vescovi croati con la lettera pastorale collettiva nel 1923. Il Servo di Dio è uscito in pubblico con l'idea dell'A. C. nel Libro d'oro delle Aquile croate nel 1924. Pio XI, nel 1925 aveva vivamente raccomandato alle Aquile croate (ramo maschile), e nel 1926 al ramo femminile delle Aquile e a tutti i cattolici, l'Azione Cattolica quale collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico della Chiesa. Il Servo di Dio Ivan Merz, quindi, ha soltanto lavorato perché tra i cattolici croati fosse attuato questo desiderio di Pio XI. Così come egli - senza precise formulazioni giuridiche - aveva ritenuto necessario già nel 1916 e 1917 nel suo elaborato "Novo doba",[20] cercando il cattolicesimo religioso dell'anima e della vita al posto del cattolicesimo politico.

 

            2."Sognava una Chiesa come comunità spirituale di tutti i fedeli ortodossi con un Maestro a capo, il Santo Padre il Papa". - Questo appunto, apparso nel necrologio pubblicato nella rivista "Luč"[21] indica quale ancora nel 1928 era la situazione di molti nostri cattolici. Oggi sarebbe difficilmente possibile sentire questa o una simile obiezione da parte cattolica. A questo cambiamento ha contribuito proprio lo stesso dr. Ivan Merz.

 

            3. "Non aveva il diritto di uscire con le sue idee a nome del Papa. Se qualche cambiamento era necessario, dovevano effettuarlo i Vescovi e non il dr. Ivan Merz". ­In realtà il dr. Ivan Merz non ha mai e in nessuna questione agito "in nome del Papa". Egli soltanto sottolineava che il Papa desiderava un'Azione Cattolica religiosa, fuori dei partiti politici, quale collaborazione dei laici cattolici all'apostolato gerarchico della Chiesa, sotto la guida dei vescovi. Il Dr. Ivan Merz non ha fatto nessun cambiamento in proposito senza conoscenza ed approvazione dei vescovi competenti. E' esatto che il dr. Merz - nel Seniorato, in pubblico e davanti ai vescovi - ha richiamato l'attenzione sulla necessità che il Movimento cattolico croato, così come era guidato dal Seniorato venisse riformato secondo l'indirizzo dell'Azione Cattolica. Ciò era il suo diritto, ed egli ha ritenuto anche suo dovere, perché era a conoscenza di molte cose che gli altri in realtà ignoravano. Tutta questa problematica era ignorata soprattutto dall'insieme dei vescovi, fatta qualche eccezione.[22] E se si fosse aspettata una iniziativa da parte dell'Episcopato, tutto il lavoro di rinnovamento cattolico sarebbe proseguito sotto la suprema segreta guida del Seniorato in unione con la HPS [Partito Popolare Croato] quale "freno di tutto il lavoro e Movimento cattolico", con alcuni complimenti personali d'occasione all'indirizzo dei vescovi, ma in realtà senza e all'infuori di essi. Proprio in questo sta il senso profondo dell'obiezione, perché il dr. Ivan Merz con la sua iniziativa, canonica­mente e psicologicamente del tutto corretta, ha impedito che ciò avvenisse.

 

            4. "Non ha accettato l'opinione che nell'Azione Cattolica c'è tutt'un complesso di cose che non cadono sotto la competenza dei vescovi, ma sotto quella del Movimento cattolico, cioè della maggioranza del Seniorato. Così ad es. i vescovi non determinano l'ideologia nazionale dell'Azione Cattolica...".[23] - Con questa motivazione il Servo di Dio Ivan Merz è stato escluso dal Seniorato. Qui vengono identificati il Movimento cattolico croato, cosi com'era guidato dal Seniorato con l'Azione Cattolica di cui parlava Ivan Merz. Per "ideologia nazionale dell'azione Cattolica" s'intende qui l'orientamento politico e l'organizzazione in partito del Movimento cattolico (H.P.S. = Partito popolare croato). Il dr. Merz non ha mai rivendicato per i vescovi il diritto di dettare al Movimento cattolico o all'A.C. un orientamento nazionale o politico-partitico. Solo il popolo detta al Movimento cattolico l'orientamento nazionale, mentre l'A.C. non ha affatto un orientamento politico partitico. Il dr. Merz esigeva che il Seniorato lasciasse in pace le Aquile e l'A.C., libero di agire come voleva sul terreno politico partitico, ma a nome proprio e non per conto della Chiesa. L'A.C. e le Aquile, in essa, sono ­secondo il dr. Merz - sotto la diretta competenza dei vescovi, e non del Seniorato.

 

            5. "Ha gravemente peccato contro la concordia e l'unità dei cattolici croati disunendo le forze cattoliche, specialmente la gioventù cattolica". - Il dr. Merz desiderava vivamente l'unione dei cattolici croati e della gioventù cattolica. (Ma) come il vescovo Mahnić, anch'egli sottolineava che il fondamento di questa unità era la parola della Chiesa, cioè del Papa e dei vescovi. Secondo lui, nessun'altra unità era assolutamente necessaria tra i cattolici come tali.          

 

            6. "Non era prudente", perché voleva introdurre delle "esagerazioni: che i vescovi guidino l'A.C., che si diffonda il culto del Papa, che (l'organizzazione del)le Aquile si chiami "cattolica", che nell'organizzazione siano introdotti i padri spirituali quali rappresentanti dell'Ordinario del luogo, che si propaghino delle idee troppo strette a proposito della moda, delle danze, delle manifestazioni comuni della gioventù maschile e femminile ecc.". - Queste "esagerazioni" - che trent'anni fa venivano rinfacciate, per lo più a voce, al dr. Merz - oggi saranno ritenute tali, probabilmente, da pochi cattolici. Occorre, certo, riconoscere che in quel tempo tutto ciò suonava da noi abbastanza nuovo. Il dr. Merz vi insisteva e con molto tatto e sistematicamente lo metteva in atto. E proprio a questa sua sollecitudine si deve il fatto che, almeno in teoria, oggi da noi non è più considerata una "esagerazione" ciò che in proposito il dr. Ivan Merz allora sosteneva.        

 

            7. "Non ha potuto ottenere affatto dei risultati duraturi ed efficaci, perché non ha mai studiato e compreso lo sviluppo storico del popolo croato". - Egli non era di sangue croato. Non lo era stato [in parte] nemmeno ad es. il vescovo Strossmayer. Tuttavia Ivan si sentiva appartenente al popolo croato in mezzo al quale era cresciuto ed è vissuto. Non ha mai studiato ex professo la storia politica del popolo croato, ciononostante ha penetrato profondamente nella problematica religiosa croata del suo tempo. Ha compreso che la salvezza della Croazia stava nella fedeltà filiale al Papa da parte dei cattolici croati. Certo, è vero che egli con ciò non ha messo la religione al servizio della nazione sul piano politico, perché la religione in se stessa era per lui il sommo valore. E' uno dei successi duraturi del dr. Ivan Merz l'aver ravvivato l'amore e la devozione dei Croati al Papa. Che poi la sua sollecitudine non sia sempre stata coronata da successi duraturi, ciò è dovuto a varie circostanze estranee. La miglior risposta a questa obiezioni si trova nei versi del def. Milan Pavelić S.I. in memoria del dr. Ivan Merz:

            "Pur non essendo del nostro sangue, sei nostro e fra tutti il primo.

            le Tue ossa Croazia conserva, Te inalza qual suo programma, - o giusto sapiente!"

 

 

            8. "Nella difesa delle sue idee, aveva qualcosa della testardaggine tedesca". ­Il Servo di Dio effettivamente difendeva con costanza quel punto di vista che era del tutto fondato sulle decisioni della Santa Sede e dell'Episcopato croato. Su questo veramente non transigeva, ma in tutto il resto era estremamente condiscendente. Quel suo comportamento, quindi, difficilmente potrebbe esse definito come testardaggine. Testardo è chi non rinuncia alla propria opinione nonostante le prove e ragioni in contrario. E che cosa poteva - agli occhi del Servo di Dio Ivan Merz - invalidare i decreti e le direttive della Santa Sede nelle questioni riguardanti la fede, la morale e l'Azione Cattolica?

 

            9. "Nelle sue idee non era originale, bensì riferiva soltanto ciò che aveva detto questo o quell'altro, così che non si può individuare il suo pensiero personale." - Il Dr. Ivan Merz di fatto non aveva l'ambizione di essere "originale", di esporre un suo parere personale inedito nei suoi scritti sull'A.C. o sulle questioni morali, e di seguirlo nella pratica. In questo campo egli cercava anzitutto di far conoscere al pubblico cattolico croato le direttive della Santa Sede. Non aveva quindi un particolare bisogno di mettere in vista una sua opinione personale. Ciò sarebbe stato anche del tutto inutile, perché facilmente non si sarebbe tenuto conto di una sua opinione personale. Le stesse direttive della Santa Sede non si facevano forse strada con difficoltà e lentamente? L'opinione del Servo di Dio Ivan Merz era sempre conforme a quanto aveva deciso o consigliato l'autorità ecclesiastica. Del resto, se già si parla dell'originalità, Ivan Merz ha subito, già nel 1917, reagito negativamente alla politicizzazione del Movimento cattolico ed ha chiesto che si rimanesse sulla posizione del cattolicesimo religioso, senza impegni di partito politico.

 

            Ho riferito tutte le obiezioni che mi sono note contro il dr. Ivan Merz, sia contro la sua persona che contro i suoi principi. Alla luce di queste obiezioni la figura del Servo di Dio Ivan appare, a mio avviso, ancor più luminosa, e la sua opera ancor più significativa per i cattolici croati. Termino questo capitolo con l'ultima strofa della poesia che Milan Pavelić S.I. compose in onore del Servo di di Dio Ivan Merz dopo la sua morte:

            "Tutti preghiamo: Figlio di Dio, facci risplender dall'altare

            questo Crociato, pieno di soavità, che ci rubò il cuore, a tutti,

            Cacciatore del Tuo Cuore!"

            Con questi versi di Pavelić il Programma croato della Radio Vaticana ha terminato, il 16.Xll.1960, la sua esauriente relazione sulla vita e l'attività del Servo di Dio Ivan Merz. Era il 64. anniversario della nascita del Servo di Dio.

 

            In particolare all'art. 160: Concludo la mia deposizione con la seguente costatazione:

            1. Sono profondamente convinto che il Servo di Dio Ivan Merz, guidato da una particolare grazia di Dio, ha raggiunto nella sua vita personale il grado eroico delle virtù cristiane.

            2. Da principio quasi isolato e da molti incompreso, con la sua attività ­- nonostante grandi ostacoli - ha ottenuto che aumentasse agli occhi dei cattolici croati, specialmente della gioventù cattolica, il prestigio del Santo Padre il Papa e dei vescovi, e che per il rinnovamento cristiano del popolo croato venissero accolti i principi e le direttive di Pio XI sull'A.C.

            3. Per la sua vita virtuosa e la sua attività apostolica è stato un modello straordinario di vita veramente cristiana e di laboriosità apostolica di un intellettuale cattolico moderno nel senso dell'A.C.

            4. Di conseguenza ritengo il Servo di Dio Ivan Merz degno di essere dichiarato dalla Chiesa beato e santo. Lo dichiaro secondo la mia coscienza davanti a Dio nel mio 72. anno di vita, malato di corpo, ma spiritualmente pienamente lucido, in attesa che il Signore mi chiami a passare il confine di questa vita terrena. Così Dio mi aiuti nel passaggio dalla morte alla Vita».

 

            Domanda ex officio: «Sa qualcosa dell'esaudimento [delle preghiere] di cui all'art. 157 fino al'art. 160?»

            «Mi sono noti più casi, e a proposito dell'art. 158 che parla di Anica Ercegović dichiaro di conoscere Anica Ercegović da oltre 30 anni. E' stata la prima collaboratrice della mia discepola (esattamente: membro della Congregazione Mariana da me diretta), maestra a Letina presso Sunja, la quale ha rigenerato il suo villaggio. Anica Ercegović ha descritto esattamente nell'art. 158 il caso della sua malattia e della sua guarigione. Ella proviene da una famiglia completamente infetta da tubercolosi e i suoi più vicini parenti uno dopo l'altro muoiono di tubercolosi. Ella, dopo la sua istantanea guarigione sulla tomba del Servo di Dio Ivan, li assiste fino alla morte, compie i più pesanti lavori di casa, con ogni tempo va a piedi alla chiesa parrocchiale di Sunja, ha cura dell'ordine nella chiesa, del canto ecclesiastico e simili. E' del tutto sana e forte, e per un profano è incredibile ch'ella sia stata così gravemente malata, eppure ciò è vero.

            Della guarigione del sacerdote Ante Paradžik, menzionata nell'art. 159, non so nulla».

 

            Il giudice chiede al teste: «Conosce qualche altra guarigione miracolosa per intercessione del Servo di Dio Ivan Merz?»

            Il teste risponde: «Mi sono noti diversi casi in cui i pazienti sono convinti di essere guariti per intercessione del dr. Ivan Merz, ma dopo aver esaminato più particolarmente le cose non ho potuto personalmente persuadermi che si tratti di guarigione miracolosa». 

            Il giudice chiede al teste: «Sa lei che il Servo di Dio Ivan Merz ha pregato l'arcivesco­vo dr. Antun Bauer di sospendere la distribuzione del periodico - un numero - "Katolički list", dove era pubblicato l'articolo in cui si fa vedere l'incoerenza della direzione dello HOS [Lega croata delle Aquile] in merito alla depoliticizzazione dell'A.C.?»

            Il teste risponde: «Questo non mi è noto. Faccio presente che non sono mai stato membro dello HOS o della sua direzione né ero informato di queste o simili cose quotidiane. Con dr. Ivan Merz ho parlato regolarmente soltanto delle questioni di principio. Prego che mi si dia in visione questo articolo per vedere se forse ne abbiamo parlato, perché io regolarmente non leggevo né potevo leggere i nostri periodici, a causa della mia grave malattia degli occhi e del mio lavoro scientifico».

            Infine il giudice ha chiesto al teste: «Ha ancora qualcosa da dire o da aggiungere? Non deve alcunché sottacere deliberatamente, nascondere, diminuire o esagerare, perché ha una grande responsabilità davanti a Dio».

            Il teste ha risposto: «Non ho nulla da aggiungere, non ho deliberatamente sottaciuto o nascosto alcunché, né ho diminuito o esagerato qualcosa, consapevole della responsabilità che ho davanti a Dio».

 


 


    [1] L'anno 1915 figura nel Transunto del Processo Informativo, ma si tratta di un evidente errore (forse di trascrizione?). Infatti, Merz era ospite dell'Augustineum di Vienna non nel 1915 ma nel 1919, e precisamente fino al 25 luglio incluso; Kniewald quindi deve averlo cercato lì dopo questa data. Cf. sopra, Cap. VIII, Introduzione, num. 5 e nota 15.

    [2] [Dr. Antun Pilepić] "In aedificationem"- Pismo svećenika braći svećenicima o Problemima naše Katoličke Akcije (Lettera di un sacerdote ai fratelli sacerdoti sui Problemi della nostra Azione Cattolica), Split 1938 ("pro manuscripto"), 104 p.

    [3] Cf. sopra, Cap. III, nota 8.

    [4] Cf. sopra, Cap. III, nota 5.

    [5] Cf. sopra, Cap. V Intr. 7: Un malinteso chiarito.

    [6] Il tempo e il contesto in cui nacque lo scritto "Novo doba" (I tempi nuovi) di Merz non è quello descritto qui da Kniewald. Lo scritto fu terminato prima della fine del 1916 e indipendentemente dall'articolo "Pred zoru" (Prima dell'aurora) di Petar Rogulja. Cf. sopra, Cap. VI Intr. 4: "I tempi nuovi" (Novo doba).

    [7] Vedi sopra, Cap IX, D, 3.

    [8] E' stato Merz a raccomandare a Đuro Gračanin di prendere P. Pressoir come direttore spirituale. Cf. sopra, Cap. IX, D, 3.

    [9] Vedi Vita, Cap. VIII, nota 28.

    [10] Vedi sopra, Cap. X, 3.

    [11] Vedi sopra, Cap. XII, 14.

    [12] Su Milan Pavelić v. sopra, Cap. XVII, 6 intr. - La poesia in onore di Merz (Lovac Srca Isusova - Cacciatore del Cuore di Gesù) è stata pubblicata nella raccolta Pod okom Gospodnjim (Sotto lo sguardo di Dio), Zagreb 1939, pp. 15-16.

    [13] Vedi sopra, Cap. XVII, 2.

    [14] Vedi sopra, Cap. X, 1, nota 32.

    [15] Cf. sopra, Cap. XIV, 1 [2] e nota 13.

    [16] Božićno bogoslužje kod otaca franjevaca (La liturgia di Natale dai padri francescani), in "Katolički List" 3, 1925, pp.35-37.

    [17] Vedi sopra, Cap. XVII, 7.

    [18] La lettera è stata preparata dallo stesso Dr. Kniewald, come risulta anche dal suo Diario, p. 229s (13.X.1934 e 15.I.1935).

    [19] Vedi sopra, Cap. V, B, 2.

    [20] Vedi sopra, Cap. VI, B.

    [21] Vedi sopra, Cap. XVII, 2.

    [22] Cf. sopra, Cap. XIII Intr. e passim.

    [23] Vedi sopra, Cap. XI, 11.