PROCESSO INFORMATIVO

"sulla fama di santità, virtu e miracoli"

del servo di dio

I V A N  M E R Z

 

 

 

B) LE VIRTU' DEL SERVO DI DIO IVAN MERZ

 

Virté teologali

 

I. Fede

 

            Art. 44. Anche se nella casa paterna la fede non era particolarmente vissuta, tuttavia l'educazione che Ivan ebbe in famiglia inculcò nel suo animo il senso del dovere, anche di quello religioso.  Il precetto domenicale e l'astinenza del venerdì vengono osservati con precisione. Più volte Ivan dimostrò molto zelo in proposito.

            Nelle crisi giovanili passò anche quella della fede. Dal Diario appare che questa fu in qualche modo condizionata dall'amicizia con la ragazza protestante.

            Nello stesso periodo si hanno certi disaccordi con il sacerdote che presiedeva la Congregazione (Mariana). In quel tempo avrebbe talvolta ascoltato anche i sermoni del pastore protestante per il suo bel parlare.

 

            Art. 45. Nella sua concezione del mondo, il cattolicesimo occupa sempre di più il primo posto. Tuttavia questo cattolicesimo è ancora ben lontano da quella solida e motivata fede che Ivan avrà più tardi. I biografi di Ivan denominano questo periodo "il cattolicesiomo estetico".

            All'anima di Ivan, Dio si avvicina nel modo più confacente per allora: Ivan sente la bellezza come un insieme e la vuol vivere.

            «O Dio, userò i miei occhi per guardare solo il bello e per fini sublimi; per questo aiutami, Ti prego!» (D. 25.V.1915).

 

            Art. 46. Nella primavera del 1915 - come s'intravvede attraverso il Diario - Ivan cerca di liberare la sua concezione del mondo da una fede troppo tradizionale, o da una religiosità troppo estetica.

            Il 17.V.1915 scrive (Vienna): «Per me la vita è un grande punto interrogativo. La mia fede infantile sta scomparendo di giorno in giorno. Le distinzioni tra il bene e il male di una volta non mi bastano più. Mi sto chiedendo se è veramente buono ciò che una volta ritenevo tale. Che cosa è il "veramente buono", esiste il bene? Non sono forse preconcetti tutte queste concezioni del mondo?... Devo chiedermi: esiste Dio, o non esiste? E poi: che cosa intendo sotto il nome di Dio?» Soggiunge però: «Il fatto è che egli esiste, lo sento intorno a me, in me, là, qua, colà, dappertutto. Le sue melodie sostengono e riempiono tutto l'universo... Egli esiste, ed io credo fermamente anche nei momenti più forti di tentazione, che Egli è Dio unico, eterno, grande. Dal momento che Egli esiste, ne consegue che la nostra vita ha uno scopo».

            Lo stesso giorno continua più avanti: «Non basta solo credere. La nostra fede deve essere regola e guida della vita... Le religioni danno dei sistemi. Anch'io dico: Aut catholicus aut nihil».

           

            Art. 47. I principi citati nel precedente articolo erano già profondamente radicati nella sua anima allorchè nell'estate del 1915 venne chiamato alle armi e nel febbraio del 1916 indossò la divisa militare.

            Le difficoltà della guerra gli offrirono molte occasioni per attuare nella vita i principi della sua fede.

 

            Art. 48. Conscio della necessità di completare la sua imperfetta conoscenza della religione, da studente di filosofia a Vienna era attivo nell'associazione universitaria "Logos", come è stato menzionato all'art. 25.

            Se si tiene presente la maturazione della sua fede durante la guerra e durante gli studi a Vienna, si comprende che a Parigi (ottobre 1920-1922) Ivan era un cattolico completo. (cf. Art. 27).

            Sucessivamente a Zagreb approfondì la filosofia scolastica (1923-1925) (cf. Art. 29), quindi studiò privatamente la teologia.

 

            Art. 49. Già nel ginnasio Ivan, all'occorrenza, si batteva per la fede e non permetteva

che alcuno la attaccasse. (cf. Art. 7a).

            Il suo entusiasmo per i diritti della fede appare (soprattutto) nel suo lavoro per l'Azione Cattolica (di cui più avanti).

            Era disposto a subire anche l'aggressione fisica difendendo i diritti della religione, come ad es. a Stenjevac nel novembre del 1926. L'episodio è descritto dal parroco di Stenjevac Josip Mokroviæ: Il 21.XI.1926, numerosi vetero-cattolici di Zagreb, trascinando dietro alcuni abitanti di Stenjevac, guidati dal sacerdote veterocattolico A. D., diedero assalto alla chiesa parrocchiale per appropriarsene e celebrare la "loro messa". L'assalto non riuscì perché fu respinto da un bel numero di "Aquile" e "Domagojci" e dai parrocchiani stessi. Le "Aquile" furono guidate dal dr. Ivan Merz, dal quale era partita l'iniziativa per la difesa.

            I veterocattolici erano furiosi per l'insuccesso e coprirono di insulti i nostri cattolici, scagliandosi soprattutto contro il Papa. Minacciarono anche di bastonarli. Il dr. Merz, che aveva intrepidamente esclamato: «solo attraverso i nostri cadaveri entrerete in chiesa», fu ricoperto di sputi.

 

            Art. 50. Circa il suo rapporto con la SS.ma Trinità qualche cosa è intuibile dalla sua annotazione nel Diario: «In me arde la fiamma delle altezze sconfinate; l'ardore per il sereno abbraccio del Figlio e del Padre e dello Spirito» (D. 12.V.1920).

 

            Art. 51. Quanto Ivan sentisse la presenza di Dio lo dimostra anche questo episodio: Trovandosi a mensa, il padre di Ivan mangiava col coltello un certo cibo che non lo richiedeva. Ivan gli chiese: «Padre, mangeresti così in presenza di una distinta compagnia?» Il padre rispose di no. Ivan continuò: «Quindi, non devi mangiare così nemmeno adesso, perchè noi siamo sempre in compagnia di Gesù e dei suoi santi, quindi nella più distinta compagnia».[1]

 

            Art. 52. Molti sono i passi del Diario che testimoniano come Ivan cercava di guardare

e valutare tutto nella luce della fede.

            Osservando le bellezze della natura soleva dire all'amico: «Tutta questa bellezza dall'eternità esisteva nell'idea di Dio».

            Nella luce della fede valutava l'attività dei singoli come anche degli stati.

 

Devozione alla Passione di Gesù e al Sacro Cuore

 

            Art. 53. Ivan meditava molto la passione di Gesù. Ritornato a Zagreb, pregava la Via

Crucis almeno ogni due giorni.

            A Parigi, mentre si trovava in una grave depressione a causa del pericolo di perdere la vista tradusse la Via Crucis di Paul Claudel.

            Prese da S. Teresa di Gesù Bambino la devozione al Volto Santo del Signore, trovando nelle sue sofferenze la consolazione e la forza per sopportare i propri dolori.

 

            Art. 54. Iniziò la grande novena dei primi venerdì del mese il 3 gennaio 1919 e terminò il 5 settembre, ritenendo questo giorno il più memorabile della vita, convinto che avrebbe guardato le profondità della SS.ma Trinità.

            Fino alla morte Ivan continuò a ricevere la S. Comunione in riparazione dei peccati, specialmente delle bestemmie del popolo croato, offrendo a questa intenzione anche i propri dolori, in particolare le offese ricevute.

            Egli attribuisce con gratitudine al Cuore di Gesù il ritorno del proprio padre, e poi anche della madre, ad una vita religiosa più intensa. Nel 1925, insieme con i genitori si consacrò al Sacro Cuore di Gesù. Da allora, l'immagine del Sacro Cuore era appesa nella camera dei genitori, al posto d'onore, dove prima era la fotografia di Ivan.

            Ivan cerca di immedesimarsi con i sentimenti del Sacratissimo Cuore e «immergersi nel mare dei Suoi dolori».

            Quando, dopo una pausa di cinque anni, riprende nel 1928 a scrivere il suo Diario, le sue prime parole sono: «Tutto alla gloria del Sacratissimo Cuore di Gesù».

            Nelle lettere private spesso menziona il Sacratissimo Cuore.

 

SS. ma Eucaristia

 

            Art. 55. Ivan conobbe gradualmente il significato del SS.mo Sacramento dell'altare. Quando frequentava il V ginnasio fu ammonito una volta dal dr. Marakoviæ per aver tenuto le mani dietro la schiena durante la S. Messa dopo la consacrazione. La lettura della rivista "Gral", in particolare dell'annata 1912 (dedicata al Congresso Eucaristico) ha aiutato Ivan a capire più profondamente l'Eucaristia.

            E' una cosa interessante, e forse anche eccezionale, che la Comunione per Ivan per tutta la vita fu fonte di una gioia straordinaria, probabilmente anche carismatica.[2] Il 16.II.1928 scriveva ancora: «E' facile accostarsi alla Comunione ogni giorno e banchettare col Signore, ma come è acerbo per l'uomo quando deve addentare e masticare il duro legno della S. Croce».

            Si accostava quotidianamente alla Comunione con raccoglimento e a mani giunte, e tornato al suo posto rimaneva mezz'ora in ringraziamento. Seguiva la Messa con il Messale (cf. Art. 73), i cui testi lo aiutavano nella preparazione e nel ringraziamento per la Comunione. Non tralasciava mai di invocare la Beata Vergine di dargli il proprio Figlio e di ispirargli i suoi sentimenti perchè potesse intrattenersi con Lui nel modo più degno. Per la Messa e la Comunione si recava al Santuario del Sacro Cuore di Gesù.

            Alle 2 del pomeriggio tornava di nuovo nel Santuario, in galleria (aveva una chiave della galleria per recarvisi da solo). Qui, inosservato, faceva l'ora di adorazione o la Via Crucis, spesso tutte e due. Anche nei viaggi, permettendo le circostanze, faceva lo stesso, e il suo esempio era di edificazione per chi lo osservava.

            Su proposta di Merz, il 28.XI.1926 fu una giornata di adorazione nella chiesa di Stenjevac in riparazione dell'assalto sacrilego che i veterocattolici avevano fatto nella settimana precedente (cf. Art. 49). Era presente anche Merz che rimase in adorazione diverse ore.

            Ogni volta che passava attraverso Zrinjevac, di fronte alla chiesa del Sacro Cuore, sebbene da questa lo separassero altre due vie con quattro file di case, si toglieva il cappello in segno di riverenza alla SS.ma Eucristia.

            Una fioraia di Zagreb sostiene che nel 1927 e all'inizio del 1928 ogni mercoledì acquistava dei garofani rossi per inviarli il giovedì in chiesa per il tabernacolo.[3]

 

            Art. 56. L'Eucaristia gli era sorgente di energia nell'apostolato. «Ho parlato con ardore datomi dalla SS.ma Eucaristia» (D. 3. Vlll. 1920). In una delle prime riunioni della Lega Croata delle Aquile si chiedeva con quale motto presentarsi. Le proposte furono varie. Ivan propose il motto dei Crociati Eucaristici: "Sacrificio, Eucaristia, Apostolato". In un primo momento ciò sembrò troppo devoto, ma il giorno seguente, dopo aver riflettuto, tutti lo accettarono.

            Il suo scritto "San Tarcisio" venne pubblicato in "Mladost" nel 1924.

 

Venerazione della Beata Vergine Maria

 

            Art. 57. Nel IV ginnasio, fu accolto nella Congregazione Mariana il 16.1.1910. Anche più tardi amava la Congregazione. Nel 1916, insieme ad un compagno, chiese al Rev. Èurèiæ di istituire la Congregazione Mariana per gli intellettuali.

            A Vienna fa parte della Congregazione Mariana degli Universitari e, dopo la guerra, è stato presente in modo molto attivo.

            A Zagreb nel 1923 passa nella Congregazione "Accademica maior", nella quale svolge la funzione di segretario fino alla morte.

            Nel 1915, il giorno dell'Immacolata fa il voto di castità fino al matrimonio, e l'8 dicembre 1923, a Zagreb, emette il voto di castità perpetua. Lo stesso giorno, durante la solenne riunione della Congregazione fece una conferenza ben articolata sulla vita intima di un vero figlio di Maria.[4]

 

            Art. 58. Molto e volentieri recitava il rosario, e i suoi amici ricordano che spesso lo sorprendevano e interrompevano in questa recita quando lo incontravano per strada. Una volta il P. Vrbanek si scusò di averlo interrotto, ma Ivan rispose: «Non fa niente, andiamo e recitiamo insieme il resto del rosario».

            Non tralasciava il rosario nemmeno nelle circostanze più difficili. Durante il pellegrinaggio romano delle Aquile-ragazze, dopo aver faticato assai per trovare alloggio per 50 persone e avendo sistemato tutto, alle due di notte trovò ancora forza per inginocchiarsi e recitare il rosario.

            Recitava il rosario lentamente, mezz'ora, e si meravigliava che alcuni riuscissero a finirlo in 10 minuti.

            Il pellegrinaggio a Lourdes nell'estate del 1921 fu molto importante per lui (v. Art. 27). Su Lourdes scrisse 3 opuscoli e 5 articoli e tenne una serie di conferenze molto riuscite nelle varie parti della Croazia.

 

            Art. 59. Nel 1923, per iniziativa di Ivan si svolse (a Zagreb) una magnifica processione con candele accese in onore della Madonna di Lourdes, dal Santuario del Sacro Cuore alla Chiesa dei PP. Francescani. Anch'egli insieme al padre stava nella processione e portava la candela accesa.

            Una associazione giovanile femminile, per iniziativa di Ivan aveva organizzato nella sala di San Girolamo una manifestazione in onore della Madonna di Lourdes, e per l'occasione aveva preso in prestito una bella e grande statua della Madonna di Lourdes (quasi di grandezza naturale), che però bisognava trasportare nella sala con grande cautela. Ivan la portò e riportò da solo, attraversando le vie che sono tra le più movimentate di Zagreb.

            Frequentava volentieri i pellegrinaggi ai santuari mariani di Remete presso Zagreb e di Maria Bistrica. Nei pellegrinaggi faceva anche penitenze.

            E' da notare che fu il presidente della Congregazione Mariana, P. Alfireviæ, a introdurlo nello studio delle encicliche pontificie sulle necessità contemporanee della vita cattolica.

 

            Art. 60. I conoscenti di Ivan sostengono che egli «parlava della Beata Vergine con vocabolario scelto e con l'ardore dei suoi più grandi devoti».

            Distribuiva anche l'Officium parvum della B. M. V. e raccomandava di recitarlo ogni giorno.

            Merz raccomandò particolarmente al dr. Kniewald - che stava per pubblicare il suo manuale Katolièki ðak (Studente cattolico) - di trattare della Beata Vergine Maria separatamente dagli altri Santi. Desiderava che si scrivesse di Lei con particolare entusiasmo, come egli stesso lo faceva sempre.

            Nella sua camera, sopra il letto c'era una bella statua della Madonna di Lourdes, dinanzi alla quale ardeva sempre un lumino per fargli ricordare il proposito fatto durante gli esercizi spirituali: «Gesù, voglio amarti ogni giorno di più per mezzo di Maria!»

 

Devozione alla Chiesa e al Papa

 

            Art. 61. Tutti sono d'accordo nell'ammettere che nella vita di Ivan era particolarmente accentuato il pensiero alla Chiesa, al Papa e ai Vescovi. Non fu il primo connazionale a parlare della sublimità della Chiesa, ma fu senz'altro il primo nella forza e nello spirito straordinario con cui parlava e scriveva sulla Chiesa. Il pensiero alla Chiesa, per mezzo della quale Gesù è presente nel mondo, era quello che maggiormente lo guidava nel suo lavoro.

            Ancor prima di partire per Parigi scrive nel Diario: «Nella Chiesa vedo l'immagine chiara dell'amabilissimo Redentore e Dio Gesù, con tutte le sue perfezioni, e nel Santo Padre, il Papa - sotto le sembianze dell'uomo - vedo il mio Dio e il mio Signore».

            A Parigi, dove maturò il suo alto concetto della Chiesa, egli ammira la Chiesa come l'opera di una Forza che supera tutte le opere umane.

 

            Art. 62. La fede di Ivan nella Chiesa non è puramente teorica.

            La Chiesa ci arricchisce. Attraverso la liturgia essa prega, per mezzo del suo Magistero - i Papi, gli organismi della Santa Sede, i vescovi e i sacerdoti - ci istruisce e ci guida. E questo, pare, spiega quello straordinario senso per la liturgia e per le encicliche pontificie di cui Ivan era entusiasta, nonostante i suoi antecedenti studi delle belle arti e della letteratura.

            Fu proprio Merz a suscitare tra i cattolici croati l'alta stima, la devozione e la comprensione delle encicliche. Le aveva studiate tutte, a partire da quelle di Gregorio XVI. Sotto l'influsso di Merz - più che di chiunque altro - nella nostra stampa cattolica sono stati citati, come giudici e guide competenti, i testi delle encicliche Ubi arcano, Quas primas, Immortale Dei... Purtroppo, nemmeno i suoi sinceri collaboratori e ammiratori hanno potuto seguirlo sufficiente­mente in questo punto. Se la devozione al Magistero comportava anche sacrifici, non importava: «Occorre lavorare perché nel nostro movimento cattolico il legame con la Chiesa sia più forte, di modo che le guide (del movimento), oltre ad essere delle persone consapevoli del proprio ruolo guida, abbiano anche l'eroismo dell'umiltà e dell'obbedienza" (D. 16.X1.1920).

 

            Art. 63. Ivan aveva una specie di "istinto" per scoprire il desiderio della Chiesa. Il dr. Drago Æepuliæ riferisce della discussione che nel luglio del 1921 Ivan ebbe in treno con un giovane francese, il quale riteneva necessarie certe riserve sull'intervento di Pio X nella questione di Sillon. Ivan conosceva molto bene il caso, ma non voleva sentire di riserve: Il Santo Padre Pio X afferma così e ciò basta, Sillon era sulla pista sbagliata. Dalla lettera di mons. Beaupin risulta che Ivan non fu sorpreso né meravigliato della condanna dell'Action Française, ma del fatto che i capi non obbedirono subito.

 

            Art. 64. Questo "istinto" doveva tradursi in atti. Per conseguire successi cattolici, è necessario, sosteneva Ivan, adottare mezzi cattolici. Perciò sempre e dappertutto metteva in rilievo le direttive del Santo Padre e le seguiva nei particolari, così egli è diventato un vero simbolo dell'orientamento prettamente ecclesiale. Sapeva dire: «E' forse questo un problema? Si tratta di antiche, secolari ed essenziali verità cristiane! E' forse questo una rivoluzione, se uno ripete oggi ciò che il Papa ha detto ieri?».

 

            Art. 65. Manifestava una particolare venerazione per il Vicario di Cristo. Nel 1925 inizia una serie di articoli su Roma eterna con il richiamo di Pio X: «Come bisogna amare il Papa: Non a parole e con la lingua, bensì con le opere e in verità» (1 Giov. 3,18). Egli ha fatto questo nella sua vita ed ha cercato che gli altri facessero altrettanto.

            Quanto egli abbia venerato il Papa e cercato di farlo rispettare dagli altri appare non solo nei suoi scritti, nei pellegrinaggi romani e nelle conferenze su Roma, ma in una serie di vicende testimoniate dai suoi collaboratori.

 

            Art. 66. Ivan fece tre pellegrinaggi a Roma. Il primo nel 1925, con il pellegrinaggio croato in occasione del millenio del Regno croato, quando, la vigilia di Pentecoste, per la prima volta vide il Papa.

            Ritornò a Roma nell'autunno dello stesso anno 1925 (in settembre), per il pellegrinaggio internazionale della gioventù. Ci teneva soprattutto a che «le Aquile nella stessa Roma capissero intuitivamente il significato del papato e l'attività soprannaturale della Chiesa di Roma». Al pellegrinaggio presero parte circa 4.000 giovani di 28 nazioni, tra i quali ci furono 118 Aquile. Vi erano anche altri 250 pelle­grini delle nostre parti. In un'udienza particolare il Santo Padre fece un discorso alle Aquile.

            Durante il viaggio di ritorno, nel treno, Ivan propose che anche da noi venisse introdotta "la giornata del Papa", che difatti le Aquile per la prima volta organizzarono nel febbraio del 1926. Queste celebrazioni, come è noto, dopo alcuni anni divennero grandi manifestazioni della vita cattolica non solo a Zagreb, ma in quasi tutta la Croazia.

            La festosa accoglienza che i pellegrini ebbero al ritorno a Zagreb si trasformò in una nuova manifestazione e devozione al Papa. C'erano anche degli oziosi che si burlavano gridando qua e là dai lati: «Guardie del Papa!». Per Ivan fu un grande onore.

            La terza volta Ivan andò in pellegrinaggio a Roma nel 1926 accompagnando le Aquile del ramo femminile. Il successo fu analogo a quello del 1925.

 

            Art. 67. Due giorni dopo il suo ritorno da Roma (sett. 1925) lo incontrò un suo collaboratore davanti all'arcivescovado di Zagreb, mentre stava portando all'Arcivescovo la traduzione croata del discorso del Papa fatto nell'udienza particolare alle Aquile. Ivan era tutto trasfigurato e fremente di gioia ed entusiasmo infantile. Parlava del discorso con tale fede e amore da sembrare un bambino felicissimo con in mano il dono atteso da lungo tempo.

            Durante la celebrazione del giubileo francescano del 1926, chiese al relatore che l'idea centrale della conferenza fosse l'amore al Papa, ai vescovi e ai sacerdoti, che sarebbe la cosa più importante per  Francesco come anche per il mondo moderno.

 

            Art. 68. Tra i tanti articoli di Ivan sul Papa e il papato ne ricordiamo alcuni:

            La pace di Cristo nel Regno di Cristo, in "Mladost" VII, 1923.

            Il Papa, in "Za Vjeru i Dom".

            Lo stato pontificio, in "Katolièki Tjednik", 26.Xl.1927.

            Lacrime del Santo Padre, ibid.

            A Sua Santità il Papa Pio XI, in "Za Vjeru i Dom", 10.II.1927.

           

            Art. 69. Ivan non solo venera il Papa, ma ama e obbedisce al Vescovo come al vero padre spirituale. Nella sua volontà vede la volontà di Dio, e con grande rispetto aspetta ogni decisione dell'Autorità ecclesiastica. Se ha qualche osservazione da fare, non lo fa clamorosa­mente e ostinatamen­te, ma dopo una riflessione personale e dopo aver chiesto consiglio, prega molto davanti al Santissimo e soltanto allora si reca dal superiore ecclesiastico per attirarne l'attenzione sulla vera necessità.

 

            Art. 70. Ivan ha sempre dimostrato di avere la corretta concezione cattolica e la stima del sacerdote.

            Si era adoperato perchè nelle associazioni cattoliche ci fosse il sacerdote quale sostituto del Vescovo e che fosse trattato come guida e vero padre spirituale.

            Non permetteva mai che si parlasse dei difetti, anche se reali, dei sacerdoti, per non diminuirne la reputazione.

            I parroci, ai quali veniva in aiuto, sostengono che Ivan ha agevolato molto il loro lavoro pastorale e che ha lasciato il ricordo di un uomo santo. Dopo la sua visita aumentava l'attacca­mento al sacerdote del luogo, perchè Ivan sapeva scusare le debolezze umane del sacerdote ed esaltarne la grandezza del ministero e dei beni della grazia.

            Sapeva che la Chiesa aveva bisogno soprattutto di numerosi apostoli, sacerdoti. Dio chiama molti all'opera della salvezza delle anime, Ivan ne era convinto, ma non tutti rispondo­no. Fu molto lieto quando seppe che un suo giovane conoscente si preparava per l'ingresso nella Compagnia di Gesù.

            Sperava che il Messale Romano (in croato) avrebbe suscitato in molti che l'avrebbero usato il desiderio di diventare sacerdote e religioso.

 

            Art. 71. Ivan pensava alla fondazione di un "ordine secolare" nella Croazia, i cui membri, pur rimanendo nel mondo con l'abito secolare, avrebbero osservato i voti religiosi dedicandosi alla missione conquistatrice, salvatrice e santificatrice della Chiesa. In occasione del suo pellegrinaggio a Roma nel 1926 visitò il centro "Opera Cardinal Ferrari" che operava in quella direzione. Voleva recarsi in Italia per fare il noviziato, ma fu impedito dalla morte. Inspirandosi a queste idee di Merz, nel 1938 iniziarono la loro attività le "Suradnice Krista Kralja" ("Collaboratrici di Cristo Re"), che nel 1953, a Zagreb, furono canonicamente erette in Istituto Secolare.[5]

 

Devozione liturgica

 

            Art. 72. Il forte senso del bello di Ivan, contribuì probabilmente ad una più completa comprensione della bellezza del culto liturgico. Egli ebbe un primo forte impulso per la vita liturgica durante gli esercizi spirituali liturgici tenuti agli universitari dal P. Wilhelm Schmidt, S.V.D., a St. Gabriel presso Vienna, nel 1920. A Parigi poi, non mancarono altri stimoli nello stesso senso dovuti al movimento liturgico francese. Lì ebbe il suo grande Messale latino-francese di cui si servì fino alla morte.

 

            Art. 73. La tesi di laurea di Ivan è sulla liturgia. La traduzione croata del Messale egli definisce come "il libro più prezioso che abbiamo nella lingua croata". Raccomanda a tutti, specialmente ai membri del Movimento cattolico, di acquistare il Messale, di usarlo e di conformarvi la propria vita.

            Fu proprio Merz a incoraggiare il P. Milan Paveliæ S.I. a realizzare la sua vecchia idea, cioè di tradurre gli inni ecclesiastici.[6]

            La Messa cantata, per Ivan è l'apice della liturgia, in cui si ha un vivo contatto tra il sacerdote e l'assemblea.

 

            Art. 74. Ivan tenne la sua prima conferenza sulla liturgia il 22 giugno 1923, nella sala di S. Girolamo (Zagreb), in occasione del 250 anniversario della Congregazione Mariana degli alunni del ginnasio.

            Ha scritto parecchi articoli sulla liturgia (una ventina circa). Ne citiamo alcuni:

            Liturgia e arte, in "Život", nov. 1924.

            Rinnovamento spirituale per mezzo della liturgia, in "Luè", 4.XI.1924.

            La bellezza dell'anno liturgico, in "Život", agosto 1926.

            Riflessioni sul Messale Romano, in "Hrvatska prosvjeta", 1922.

            Nel seno della S. Liturgia, in "Hrvatska prosvjeta", 1924.

 

            Art. 75. Per suggerimento del dr. Merz, per il Natale del 1924 il canto gregoriano venne introdotto nella chiesa dei Francescani (Zagreb - Kaptol), e nel 1927 in quella di San Vincenzo. In genere egli raccomanda il canto ecclesiastico.

 

            Art. 76. Il 27 dicembre 1923 Merz organizza un pellegrinaggio liturgico di un gruppo di studenti del ginnasio a Reichenburg, dove nel convento dei Trappisti, insieme con gli alunni partecipa alla solenne Messa conventuale e all'Ufficio. In precedenza, sul treno spiegava agli alunni la liturgia del giorno.

 

            Art. 77. Grazie alla liturgia e alla penetrazione del senso del sacrificio della Croce, Ivan si sentiva portato a unirsi a Gesù nel Cenacolo e sul Calvario. In modo particolare lo faceva durante la Messa, al momento della Consacrazione, ma anche durante la giornata, pensando ai luoghi in cui in quel momento veniva celebrata la S. Messa.

            Per la meditazione suggeriva i testi del Vangelo o dell'Epistola della Messa del giorno, così ad es. durante il raduno di Požega nel 1925, come pure nei contatti privati.

 

Venerazione degli Angeli e dei Santi

 

            Art. 78. Aveva particolare devozione a San Michele Arcangelo, protettore della Chiesa, e agli Angeli Custodi: al proprio e agli Angeli Custodi di coloro per i quali lavorava.  «Gli Angeli vi accompagnino» usava dire a chi lo salutava prima di partire per visitare qualche associazione o per fondarne una nuova.

            La sua fede nell'Angelo Custode appare anche da un episodio raccontato dal p. Irenée Hausherr S.I., il quale conobbe Ivan in Bosnia nel 1920. Durante il suo soggiorno a Roma, Ivan doveva incontrare il p. S(akaè) davanti all'Istituto Biblico, alle 10 del mattino. Prima si trovò con il p. Hausherr e si trattenne con lui; né l'uno né l'altro conoscevano la strada, ma Ivan espresse la fiducia che il suo Angelo Custode l'avrebbe guidato per essere puntuale al luogo stabilito. P. Hausherr trovò un po' eccessiva questa fiducia. Mentre discorrevano si trovarono davanti all'Istituto Biblico. Ivan trasse dalla tasca il suo orologio: erano le 10 in punto.[7]

            Coltivava particolare devozione al santo protettore del Battesimo: S. Giovanni Battista, e a S. Vittore, che ebbe come protettore nella Cresima, ma anche a S. Giuseppe, ai Santi Apostoli Pietro e Paolo e S. Giovanni Evangelista, poi a S. Martino vescovo e a S. Francesco di Sales. Si raccomandava particolarmente a S. Caterina da Siena, a S. Margherita Maria Alacoque, a S. Giovanna d'Arc, a S. Teresa d'Avila e a S. Teresa di Gesù Bambino, perché sante particolar­mente meritevoli per la Chiesa.

 

            Art. 79. Da quanto è stato detto sulla fede di Ivan, si può concludere che aveva pienamente ragione quando, presentendo vicina la morte, inserì nel progettato epitaffio le parole: "Decessit in unitate fidei catholicae" (cf. Art. 87).

 

                                                                         II. Speranza

           

            Art. 80. La vita di Ivan dimostra che egli aveva la speranza in grado eroico.

            Manifestò la speranza nella salvezza eterna al termine della grande Novena (dei primi venerdì del mese), scrivendo nel Diario: «Ieri era il giorno più importante della mia vita. Ho fatto la nona S. Comunione in onore del Sacro Cuore di Gesù e credo che contemplerò le profondità della SS.ma Trinità» (6 sett. 1919, cf. Art. 54).

            In un altro passo del Diario scrive: «O Cuore di Gesù, Ti prego che siano con me nel Tuo Regno anche i miei genitori» (24.IV.1921).

            Lo sguardo alla Patria eterna gli ispirò anche quella espressione del 28 gennaio 1916: «O Dio, la cosa migliore sarebbe se fossi già accanto a Te».

 

            Art. 81. Grazie alla sua illimitata fiducia in Dio, conservò la pace interiore anche nelle situazioni più difficili. Quella sua pace era nota a tutti, come una caratteristica, per cui l'ammiravano.

            P. Hausherr, nella lettera a P. Sakaè scrive di Ivan: «La pace di quest'uomo e la sua ricca interiorità mi sarebbero rimaste enigmatiche, se egli, senza saperlo, non me le avesse spiegate. La soluzione di questo enigma: una fede eccezionale nella Provvidenza di Dio». In lui non c'era né disperazione né scoraggiamento.

 

            Art. 82. La sua fiducia in Dio e nel suo aiuto si manifesta nella fede di Ivan nell'efficacia della preghiera; infatti prega molto per sé e per gli altri.

            Ricorre al Sacro Cuore per la conversione di coloro che hanno trascurato i doveri religiosi: «Il 21 gennaio, dopo 25 anni, papà ha ricevuto la S. Comunione. Sono state esaudite le mie preghiere al Sacro Cuore». Ciò avvenne nel 1921, mentre Ivan era a Parigi.

            Nelle grandi difficoltà che incontrava nelle organizzazioni cattoliche pregava molto, specialmente quando dovevano essere prese delle decisioni importanti.

            Nel 1927, in una difficile situazione per la Lega croata delle Aquile, questa, per iniziativa di Ivan, fece un voto al Sacro Cuore.

 

            Art. 83. La sua fiducia nella Provvidenza di Dio era senza limiti, ed egli era felice in

questo abbandono. Un esempio: Quando era comandante militare della miniera di Maslovare (cf.  Art. 21) annotava nel Diario (27.Xll.1918): «Bisogna vivere per un tempo piuttosto lungo secondo i dettami della coscienza e sarai felice né avrai paura della morte... Perché hai paura della morte e della sofferenza? Io so quando e come morirai ed ardo di amore per te, pensi forse che ti abbandonerò?! Ed anche se permettessi che tu fossi sbranato dai lupi, pensi forse che ciò non sia la Mia decisione e che ti amo di meno? Non temere nessuno, figlio mio, e se il tuo corpo marcirà tu esisterai ancora. - O mio Dio, dammi la forza di amarti ardentemente, di credere in te con tale fermezza da poter senza alcuna riflessione e paura, come un bambino innocente a cui nessuno ha parlato di paura, attraversare luoghi che minacciano la morte».

 

            Art. 84. La sua speranza in Dio rifulse soprattutto nella sua malattia che era sua compagna dalla giovinezza. La vista debole e l'esaurimento nervoso lo disturbavano nello studio a Vienna e a Parigi, per cui non poteva dedicarsi allo studio delle lingue e della letteratura quanto avrebbe voluto. Egli però accettava tutto nello spirito di abbandono alla volontà di Dio e di fiducia in Dio.

 

            Art. 85. Suscitava la speranza anche negli altri: con il lavoro, le conversazioni e le lettere.

            Ha scritto molte lettere per consolare i conoscenti nella malattia o in qualche altra tribolazione. Nel consolare usava argomenti spirituali. Così ad es. ad una persona appartenente all'associazione cattolica, che si lamentava delle sue difficoltà, Ivan con calma rispose: «Lei si lamenta di questo, dovrebbe invece inghiottire con piacere queste difficoltà».

 

            Art. 86. I santi rivelano la fiducia in Dio e in valori soprannaturali anche disprezzando le cose della terra e il rispetto umano, cioè tenendo in poco conto ciò che gli uomini del mondo ritengono importante e grande.

            Ivan poteva farsi una bella carriera nel mondo: con i suoi talenti, la sua educazione e gli studi poteva diventare professore universitario. Egli invece si dedicò totalmente al lavoro per la Chiesa nell'Azione Cattolica, come è stato esposto diffusamente.

            Nel vestire era molto ordinato, ma anche molto modesto. Portava occhiali all'antica, economici, come quelli che si comperano alla bancarella della fiera. Ci sono degli aneddoti a proposito delle sue vecchie scarpe, dei commenti che facevano gli amici, ecc.

            Quando si trattava della gloria di Dio non si lasciava trattenere dal rispetto umano; così attraversando le vie più trafficcate di Zagreb trasportò una grande statua della Madonna nella sala di S. Girolamo: cosa insolita per un professore conosciuto come tale.

 

            Art. 87. La fiducia in Dio si rivelò in modo particolare nell'ultima malattia di Ivan. Il pensiero di San Paolo "Cupio disolvi" era (del resto) espresso nel Diario di Ivan sin dal 28 gennaio 1916: «O Dio, la cosa migliore sarebbe se fossi già accanto a te» (cf. Art. 80).

            Prima di ricoverarsi in clinica inserì nell'abbozzo del suo epitaffio: «Decessit in unitate fidei catholicae. Mihi vivere Christus fuit, mori lucrum. Expecto misericordiam Domini...». I suoi amici fecero incidere questo pensiero nel granito del suo monumento sepolcrale nella seguente forma:

Al figlio fedele della Chiesa Cattolica

la vita fu Cristo e la morte guadagno

poiché attendeva la misericordia del Signore

e l'eterno riposo sul Cuore di Gesé.

            Rimandava l'operazione solo perché desiderava lavorare ancora. Quando però l'operazione divenne indilazionabile, decise di affrontarla dicendo: «Fiat, si faccia la Tua volontà... l'abbandono... Nelle mani di Dio» (cf. Art. 38).

 

                                                                           III. Carità

 

                                                                     1. Carità verso Dio

 

            Art. 88. L'amore di Dio lo faceva odiare il peccato. Era convinto che il peccato è il peggior male, anzi l'unico male da odiare e da combattere con tutte le forze. La lotta al peccato era anche il compito delle associazioni cattoliche, le quali non avrebbero senso se i rispettivi membri non riuscissero a vivere senza peccato mortale. Egli quindi evitava seriamente anche il peccato veniale.

 

            Art. 89. Tutto quel che è stato riferito nei precedenti articoli sulla fede, in particolare sulla Chiesa, la SS.ma Eucaristia, la Madre di Dio, costituisce una valida prova dell'amore non comune di Ivan per i valori soprannaturali.

 

            Art. 90. L'enorme attività di Ivan, soprattutto quella organizzativa, era determinata dall'a­more verso Dio e tendeva a indurre gli altri ad amarlo.

            Tra gli esercizi che egli praticava negli ultimi anni vi erano anche questi: amore di ringraziamento e di riparazione, giaculatorie al Cuore di Gesù, comunione spirituale, riparazione per le offese arrecate al Santo Padre e per i peccati pubblici. Inoltre l'esercizio della retta intenzione: intenzioni sempre più perfette nel lavoro, ad esempio, perché ciò è gradito al Sacro Cuore, perché con un maggiore sforzo si manifesteranno le perfezioni di Dio e il Signore sarà glorificato, durante il lavoro aver presente il lavoro di Gesù.

 

            Art. 91. Non ci sono prove sicure sui doni mistici di Ivan. D'altro canto ci sono degli indizi difficilmente spiegabili se non si ammette in lui il possesso di particolari doni di vita di preghiera.

            E' qualcosa di straordinario e carismatico quella sua gioia insolita e permanente nel ricevere la S. Comunione, di cui parla nel suo Diario non solo all'inizio della sua vita spirituale più intensa, ma anche prima della morte.

            Il suo "sentire" la presenza della Madonna a Lourdes, descritto con tanta convinzione, dev'essere più di una esperienza spirituale ordinaria.

            A Natale del 1927, Ivan fece visita alla famiglia Èekada a Dolac presso Travnik. Verso le nove di sera, prima della partenza, gli fecero vedere nel salottino un crocifisso nuovo. Neda Èekada, innalzando la lampada osservava Ivan che fissava il Salvatore. Per quasi un quarto d'ora Ivan sembrava impietrito nell'osservare il Crocifisso, senza batter ciglio e senza dire parola. Ad un tratto si scosse di soprassalto, si congedò brevemente e andò via. La stessa persona lo vide un'altra volta in quella insolita posizione nella chiesa di San Vincenzo a Zagreb, mentre pregava davanti al Santissimo esposto.

            Il suo confessore p. Vrbanek afferma che Ivan certamente aveva gli inizi della contemplazione infusa. «Posso dire che negli ultimi cinque anni egli aveva anche rapporti diretti col Signore».

                                                                                 

                                                               2. Carità verso il prossimo

 

a) Opere di misericordia spirituale.

 

            Art. 92. Tra gli innumerevoli casi in cui Ivan dimostrò la sua cura e l'amore per le anime dei peccatori, specialmente degli agonizzanti, ne riportiamo solo due a mo' di esempio:

            P. Ivan Jäger S.I., quando era ancora studente laico raccontò a Merz di essersi imbattuto di sera in un incidente stradale. Merz aveva capito che l'autista, vittima dell'incidente, fosse stato ancora in vita mentre Jäger passava, e chiese: «Hai visto l'autista da vicino?» - «No, mi sentivo a disagio». - «Sei pauroso come una ragazza. Dovevi avvicinarti e porgergli la croce da baciare.  Avresti salvato così un'anima!».

            Mentre era in clinica, dopo l'operazione, Ivan venne a sapere che nella stanza attigua stava per morire un signore anziano. La prima preoccupazione di Ivan era di sapere se il morente si era confessato, e quando ebbe una risposta negativa, fece sì che il malato fosse indotto a farlo.

 

            Art. 93. Spronava a lavorare per le missioni cattoliche, vedendo in esse un'opera di

conquista del mondo per Gesù.

            Nel 1925, in vista della conferenza del p. Alfireviæ (nella sala di S. Girolamo a Zagreb) sull'Esposizione missionaria di Roma, Merz si adoperò per avere da Roma le relative diapositive.

            L'idea di far celebrare all'Associazione delle Aquile un Anno missionario partì da lui. (cf. Art. 113).

 

            Art. 94. In un'occasione disse al dr. Æepuliæ: «Povera questa gente! Non conosconol'amore di Cristo, non conoscono Gesù, vivono costantemente nel peccato mortale!».

            Più volte richiamava i bestemmiatori oppure qualche donna immodestamente vestita.

 

            Art. 95. Tutta la sua grande attività organizzativa era frutto del suo amore verso Dio e verso il prossimo. Un episodio ci rivela i motivi che guidavano Ivan nel suo lavoro per le anime: Quando alcuni rimproveravano a Merz i suoi rapporti con un nostro stimato scrittore[8] e gli suggerivano di troncarla, egli rispose: «No, non lo posso fare. Anch'egli è stato redento col sangue di Cristo».

            Questo suo amore per le anime spesso gli costava molto. Egli però non temeva le sofferenze perchè le considerava il mezzo più efficace per la salvezza e la santificazione delle anime.

            All'amico D. Maroševiæ, gravemente a­mmalato, scrive che il Movimento cattolico ha bisogno di tre cose: lavorare, pregare, soffrire.

            Infine soffriva le fatiche del lavoro non solo per coloro per i quali in quel momento lavorava, ma anche perché gli operai di lavori pesanti possano amare il lavoro.

 

            Art. 96. Sebbene Ivan non fosse sacerdote, tuttavia era una guida fidata e forte nella vita spirituale. Molti impararono da lui a meditare, a vivere la vita liturgica, a sacrificarsi per Dio e per il prossimo. Questi tuttora ricordano il grande impatto che su di loro esercitò la semplicità e naturalezza di Ivan e il suo amore sincero per i valori soprannaturali che raccomandava.

 

            Art. 97. Tra i vari propositi degli ultimi anni leggiamo anche: offrire le sofferenze per

le anime del Purgatorio. Lo faceva già prima.

            Dopo il suicidio della ragazza che aveva amato, cercò di offrire anche per lei le mortificazioni fisiche.

                       

            Art. 98. Tutti spesso ammiravano Ivan per il suo modo non solo corretto ma anche profondamente cristiano di trattare gli avversari. Non offendeva mai, e quando veniva offeso, taceva.

            Prima di sottoporsi all'intervento chirurgico bruciò tutto il materiale scritto che avrebbe potuto dispiacere a qualcuno.

            Apprezzava il lavoro di coloro che si impegnavano nelle altre organizzazioni cattoliche.

 

            Art. 99. Ogni tanto sorgevano dei dissensi all'interno dell'Organizzazione delle Aquile, come accade tra gli uomini. In tali occasioni Ivan svolgeva sempre il ruolo di riconciliatore. In un caso lo videro piangere.

            Se era necessario viaggiava anche in provincia.

 

            Art. 100. Non solo non ledeva la buona fama altrui, ma non permetteva neanche che qualcuno lo facesse in sua presenza. Non pochi suoi collaboratori conservano ricordi indelebili di episodi simili.

 

            Art. 101. Vengono ricordati alcuni episodi che danno testimonianza dei cordiali rapporti di Ivan con i bambini, specialmente nell'ambito dell'Organizzazione delle Aquile,

 

 

b) Opere di misericordia corporale.

 

            Art. 102. Sin da bambino dimostrò un grande amore ai poveri. Invitava i bambini a casa

sua a mangiare i dolci.

            Durante la guerra e nel periodo postbellico fu generoso con i bisognosi; distribuiva quasi tutti gli alimenti che gli venivano inviati da casa.

            A Parigi era un membro attivo della Conferenza di S. Vincenzo.

            Mentre stava ancora a Parigi fece voto di dare il 10 per cento del suo salario ai poveri. Successivamente convinse anche suo padre a fare altrettanto.

            Alcune volte regalò le proprie scarpe ai poveri.

 

            Art. 103. Aiutava i poveri non solo materialmente, ma anche moralmente con la sua delicatezza. Un esempio: Davanti alla stazione di Zagreb un invalido di nome Miško lustrava le scarpe ai passanti.[9] Ivan divenne suo amico e si volevano bene. Tra l'altro Ivan gli regalò una camicia con le sue iniziali I.M., che Miško volle conservare per la propria sepoltura.

            Ivan andava a trovare le famiglie povere e personalmente portava loro aiuto in natura.

 

            Art. 104. Ivan sapeva ospitare in casa sua non solo amici e conoscenti, ma anche qualche operaio incontrato per strada, offrendogli il proprio letto, mentre egli dormiva per terra.[10] Se i suoi genitori si urtavano, egli con belle maniere riusciva a placarli.

            Di ritorno dal pellegrinaggio da Roma del 1925 cedette il suo posto nella carrozza letti ad uno studente ammalato.

 

            Art. 105. Sapeva consolare gli afflitti ed incoraggiarli ad accettare dalla mano di Dio le proprie sofferenze e di sopportarle in unione con il Crocifisso. Andava volentieri a visitare gli ammalati. Scrisse molte lettere per rallegrare e confortare chi ne aveva bisogno.

            Durante la guerra seppelliva i morti con rispetto.

 

 

                                                                       Virté cardinali

 

                                                                         I. Prudenza

 

            Art. 106. Il fondamento naturale su cui si innesta la prudenza soprannaturale di Ivan è già tale da far prevedere una non comune saggezza di vita. Era dotato e diligente per natura. Per il suo carattere gradevole è ben voluto e aiutato dai maestri e dai professori. Di qui il suo successo a scuola fino al dottorato e all'esame di Stato.

 

            Art. 107. Ciò che ha orientato Ivan nella crescita della prudenza soprannaturale è stato il suo amore alla Chiesa, e di conseguenza al Magistero ecclesiastico. Nella sua attività, quindi, si lasciava guidare, oltre che dalla prudenza naturale, dai principi di quella prudenza che Cristo ha portato al mondo per mezzo della Sua Chiesa.

 

            Art. 108. Ivan impostò coscientemente e con decisione tutta la sua vita alla maggior gloria di Dio.

            Volendo, avrebbe potuto condurre la vita da privato benestante. Seguendo le proprie inclinazioni artistiche ed estetiche, avrebbe potuto giungere al successo sia come scrittore o teorico dell'estetica. Egli invece, a costo di tanti sacrifici, dedicò la sua vita al lavoro per Dio e per la Chiesa, ritenendo che questa fosse per lui la volontà di Dio.

            Per Ivan, come già durante la guerra aveva annotato nel Diario, i principi soprannaturali devono regolare non solo la vita dei singoli uomini, ma anche quella degli Stati e dei popoli.

 

            Art. 109. Per impostare la sua attività nell'Azione Cattolica secondo i principi della prudenza soprannaturale, Ivan

            a) due anni studia la filosofia scolastica,

            b) studia privatamente la teologia,

            c) studia molto le direttive della Santa Sede,

            d) si consulta molto con gli esperti.

            e) soprattutto prega molto, e nella preghiera prende le decisioni definitive.

 

            Art. 110. Per regolarsi nella sua vita privata secondo i principi della prudenza soprannaturale, aveva sempre un padre spirituale. Durante gli studi (a Parigi) il suo direttore spirituale fu il p. Pressoir, Sulpiziano; negli ultimi anni era il p. Josip Vrbanek, S.I.

            Non si precipita nel prendere decisioni importanti per la vita, ma studia seriamente le proprie possibilità, le esigenze della situazione, soprattutto nella preghiera e negli esercizi spirituali cerca di conoscere la volontà di Dio. Così nel 1923 fece gli esercizi spirituali per discernere la vocazione; prima di recarsi in clinica ebbe un colloquio con il padre spirituale (cf. Art. 33). E' obbediente al direttore spirituale anche quando ad es. gli proibisce le penitenze.

 

            Art. 111. Ivan aveva cura della purezza della propria coscienza e a tal fine usava i mezzi necessari con coerenza, energia e ingegnosità.

            Ogni sabato si confessa. Per evitare "la via pagana" - come egli si esprime spesso - cammina per la città senza occhiali, per potere recitare meglio il rosario.

            Compie molto coscienziosamente i doveri del proprio stato di studente e di professore: ad esempio, preparandosi agli esami non tralascia lo studio costante, nonostante si senta attirato dall'arte o dalle necessità del Movimento cattolico.

            Prima di ricoverarsi in clinica considera seriamente le conseguenze di un'ulteriore dilazione dell'operazione, non solo per il suo lavoro ma anche per i suoi doveri scolastici.

            I suoi alunni lo amavano e apprezzavano a scuola sia come esperto che come pedagogo, soprattutto come modello di coscienziosità. Con diligenza si aggiornava nella propria materia.

 

            Art. 112. Non potevano mancare i frutti di una prudenza così fondamentale. Certo, non è facile per nessun paese dare delle direttive concrete e ben precise per l'organizzazione dell'Azione Cattolica. Eppure si può affermare con certezza che le direttive di Ivan erano veramente buone, come l'esperienza ha dimostrato. Un notevole incremento della vita eucaristica, specialmente tra i giovani, la devozione al Papa, una maggiore sensibilità per la stampa cattolica, per la liturgia ecc. si devono in buona parte alle direttive di Ivan.

 

            Art. 113. Solo una prudenza profonda e veramente soprannaturale può trovare un'armonia tra il rispetto devoto dell'autorità ecclesiastica e la giusta libertà che la Chiesa desidera vedere nei suoi figli.

            Nella nostra vita pubblica (in Croazia), pochi hanno sostenuto i diritti dell'autorità ecclesiastica con tale entusiasmo, decisione e filiale devozione come lo ha fatto Ivan; il quale tuttavia non esitò di informare l'autorità del reale stato delle cose o di fare qualche proposta, qualora lo ritenesse utile.

 

            Art. 114. Le idee guida che egli proponeva come programma dell'attività dell'organizza­zione cattolica sono una vera testimonianza della sua prudenza.

            1E Per ottenere grandi risultati, occorre formare delle grandi guide (capi).

            2E Ha ideato tre "anni programmatici"; "l'anno eucaristico", per implorare la rugiada del cielo; "l'anno delle missioni", per sensibilizzare i cattolici invitandoli a fare dei piccoli sacrifici per le grandi intenzioni; "l'anno liturgico", quale risultante degli altri due: la vita per Dio, la vita con Dio.

            3E Ha ideato dei corsi di catechesi nelle associazioni cattoliche, con esami finali, al fine di favorire una più profonda vita liturgica.

            4E Poiché si rendeva conto che sul piano delle idee la campagna (i villaggi) subiva l'influenza della città, sosteneva che nelle città bisognava formare bene dei giovani che poi avrebbero operato nei villaggi.

 

            Art. 115. Auspicava come mezzo ideale (di formazione) gli esercizi spirituali dei giovani appartenenti alle associazioni cattoliche, e che in ogni distretto ci fosse un convento adatto a tale scopo, dove fosse possibile riunire i giovani secondo l'età, la professione, le capacità e inclinazioni. Fece anche la bella proposta che le associazioni più solide diventassero "protettrici" delle più deboli pregando per queste.

 

            Art. 116. Conoscendo l'importanza dell'educazione fisica nella vita della gioventù, egli

propagava esercizi ginnici nelle organizzazioni cattoliche.

 

            Art. 117. Anche i sacerdoti andavano da Ivan per essere consigliati da lui. I suoi consigli erano improntati alla prudenza soprannaturale ed egli li dava senza fretta, con calma e semplicità. La sua parola però era molto convincente.

            E di fatto egli ha conseguito molto. Ha convertito i suoi genitori. Ha condotto molti ad una più profonda comprensione della Chiesa, ad una vita spirituale più intensa. Ha lasciato il ricordo di uomo santo che gli altri hanno ammirato e tentato di imitare.

 

            Art. 118. Ogni virtù di Ivan era molto semplice e del tutto naturale e forse proprio per questo era gradita a tutti quelli che lo conoscevano da vicino.

            Il segreto di questa amabile semplicità, cosi preziosa specialmente nelle sue virtù più caratteri­stiche - la devozione alla Chiesa e l'amore alla croce -, era il suo limpido e incondizionato orientamen­to verso Dio.

            Alcuni dei suoi collaboratori dicono di aver tentato di imitare la semplicità della devozione di Ivan agli ideali spirituali, senza però riuscirvi: sulla via della virtù Ivan aveva superato di molto il livello normale.

 

II. Giustizia

 

                                                                 1. La virtù della religione

 

            Art. 119. "Dare a Dio ciò che è di Dio" per Ivan non era solo teoria, ma vita. Qui

bisogna ricordare ciò che è stato detto sulla fede.

            Negli ultimi anni della vita meditava 3/4 d'ora al giorno e assisteva alla S. Messa, che seguiva con il Messale, servendo in molte occasioni come chierichetto. La domenica partecipava a due Messe. A mezzogiorno faceva l'esame di coscienza, nel pomeriggio l'ora di adorazione oppure la Via Crucis. Dopo la cena faceva la lettura spirituale, recitava il rosario e preparava l'argomento per la meditazione del giorno successivo. Faceva spesso la comunione spirituale unendosi alle SS. Messe che venivano celebrate in quell'ora nel mondo.  Di solito fissava anticipata­mente il tempo da dedicare ai singoli atti di pietà. Alla preghiera dedicava complessi­vamente 4 ore al giorno.

            Art. 120. Passava la domenica e le feste da vero cristiano: con la liturgia, con i genitori e i poveri.

            Con grande rispetto proferiva il nome di Dio e le relative metafore, che scriveva con le lettere maiuscole: Ideale dell'umanità, Verità, Bontà e Bellezza, Eternità.

            Stimava i voti e li metteva in pratica coscienziosamente.

            Teneva molto al giuramento e lo ammetteva solo per motivi seri.

            A Lourdes lava gli occhi ammalati con l'acqua di Lourdes.

            A Roma visita tutti i santuari più noti, visitati dai pellegrini.

 

                                                              2. Giustizia verso gli uomini

 

            Art. 121. Verso i genitori aveva un atteggiamento filiale, delicato e pieno di riguardi, come infatti riferiscono i testimoni oculari; perciò era cordialmente amato dal padre e dalla madre.

            Il suo amore però non era cieco, non ebbe quindi pace finché non ricondusse prima il padre e poi la madre ad una vita religiosa più seria. Allora il loro amore reciproco divenne ancora più forte.

            Una volta il padre lo sorprese, per caso, dormire per terra, con due libri al posto del guanciale. Gli proibì di fare questo, ed Ivan obbedì. «Ascoltava le mie parole senza fare obiezioni» - dice il padre -, «dalle sue parole e dalle sue opere mi rendevo conto che per lui ero l'autorità più grande sulla terra».

            Ivan era particolarmente cordiale con chi si era spiritualmente imparentato facendo da padrino.

 

            Art. 122. A scuola cercava di essere giusto con gli alunni. Non potendo classificare adeguata­mente le risposte degli alunni ricorrendo a quei pochi voti ufficiali (da 1 a 5), cercava di premiare in altro modo, magari con qualche immaginetta, la risposta che meritasse qualcosa di più del voto dato all'alunno (quando questa non meritava un punto intero in più).

            Era sensibile ai disagi degli altri e volentieri si adoperava perchè a qualcuno venisse aumentato il salario.

            Aveva molto a cuore la giustizia sociale. Fedele alle direttive della Santa Sede, si prodigava perché nel nostro Paese fosse divulgata ed attuata la dottrina sociale della Chiesa.

 

            Art. 123. Ivan non trascurava il doveroso amore verso la patria, allo stesso tempo era lontano dal nazionalismo smoderato e pagano che si risvegliava, come anche da ogni indolente codardia.

            I suoi genitori non erano croati, Ivan però nacque in Croazia, amava la Croazia e si riconosce­va nel popolo croato.

            Sceglie la professione di professore, non solo per una inclinazione personale ma anche per amore ai ragazzi croati, specialmente della Bosnia, ai quali volle dedicarsi.

            Seguiva la vita e le difficoltà di allora del popolo croato, su cui esprimeva spesso il suo giudizio chiaro e giusto, pieno di pietà verso la patria.

 

            Art. 124. Dicono che Ivan difendeva fermamente le proprie tesi di cui era sicuro.  Se gli sfuggiva qualche esagerazione, si correggeva con ammirevole semplicità e umiltà.

 

                                                                      III. Temperanza

 

            Art. 125. Era molto rigorosa la vita penitenziale di Ivan. Tuttavia egli non riteneva la penitenza fine a se stessa, bensì la via per giungere al «sereno abbraccio del Padre e del Figlio e dello Spirito».

 

            Art. 126. A Parigi, nel 1921 Ivan compose la sua "Regola di vita" per sottomettere pienamente il suo corpo allo spirito, e lo spirito a Dio:

            1. Dormire sul duro.

            2. Quotidianamente lavare tutto il corpo con l'acqua fredda.

            3. Non mangiare nulla di mattina.

            4. Venerdì provare fame.

            5. Quando sento più appetito cessare spesso di mangiare.

            6. Ogni giorno fare ginnastica, in qualsiasi circostanza.

            7. Non parlare mai di sé.

            8. Solo pranzare e cenare.

            9. Una volta al mese non mangiare né bere per 24 ore.

            10. Dare ai poveri il superfluo dei propri beni.

            11. Non parlare mai dei propri dolori.

            12. Parlare il meno possibile.

            13. Immergersi almeno una volta al giorno nella preghiera.

            14. Andare in situazioni sgradevoli.

            15. Benedire il proprio dolore.

            16. Talvolta provocarsi il dolore di nascosto.

            17. Qualche volta, quando si è più appesantiti dal sonno, alzarsi a contemplare le stelle.

            18. Nel buio della notte andare in luoghi paurosi, vincere la paura, rafforzare la fede.

            19. Accettare gioiosamente le umiliazioni davanti agli uomini.

            20. Non lasciarsi prendere troppo unilateralmente dalla scienza.

            21. Avere il più stretto contatto con la vita.

            Ovviamente non si deve credere che Ivan abbia attuato questo programma in tutto e subito. Quando però era a Zagreb, metteva tutto in pratica, finché alcune cose non gli furono proibite dal padre, altre dal confessore, altre ancora dal medico. Tuttavia sostanzialmente si atteneva al programma penitenziale fino alla grave malattia del 1927. Allora la malattia stessa fu la sua più grande penitenza.

 

            Art. 127. Nel 1915 fece il voto di non mangiare i dolci per due mesi. E' certo che più tardi non consumava né dolci né cioccolata, sebbene ne avesse nella stanza per gli ospiti.[11]

            Il Diario del periodo bellico contiene numerose notizie riguardanti i suoi rigorosi digiuni.

            Sua madre si lamentava con gli ospiti, che Ivan non le obbediva perché spesso rimaneva digiuno fino alle 14.

            Non beveva né vino né birra e non fumava.

            Tra amici si diceva che egli si flagellava.

 

            Art. 128. La volontà di Ivan era sempre padrona della situazione. Egli era di temperamen­to collerico con qualche nota di melanconia, tuttavia i moti di ira e di malumore non potevano dominarlo.

            Nelle avversità incontrate talvolta gli è capitato di piangere, senza però mai perdere la pace soprannaturale e l'umile dominio sulla propria natura.

 

            Art. 129. Viveva nello spirito di santa povertà: le spese personali le aveva ridotte al mini­mo. In tal modo ha risparmiato abbastanza soldi per distribuirli con generosità per le opere di bene.

 

                                                                             Castità

 

            Art. 130. Prima ancora di darsi ad una vita spirituale più intensa, Ivan amava la castità. Negli anni giovanili aveva delle difficoltà perchè non distingueva sufficientemente l'istinto dall'amore e i fenomeni naturali involontari dal piacere voluto, peccaminoso.

 

            Art. 131. In un primo tempo pensò di sposarsi. Oltre all'amore per la ragazza, di cui si è fatto menzione, dimostrò maggiore attenzione per una ragazza a Vienna e per due ragazze a Banja Luka. Non promise nulla a nessuna e non abusò della loro confidenza, le studiava soltanto in vista di un eventuale matrimonio. La sua consapevolezza al riguardo si può rilevare dal fatto che l'8 dicembre 1915 fece il voto di castità fino al matrimonio.

 

            Art. 132. Il suo impegno per la castità lo mette sotto la protezione della Beata Vergine, come ci attesta abbondantemente il suo Diario. La Vergine SS.ma si dimostrò veramente Madre nel sostenere questo suo sforzo.

            La penitenza era il secondo mezzo importante di cui si servi per conservare la castità.

 

            Art. 133. Il giorno dell'Immacolata, 8 dicembre 1923, Ivan emise il voto di castità perpe­tua. A questo passo si era preparato con lungo esercizio e rigorosa penitenza.

            La Vergine SS.ma gli contraccambiò da vera Madre anche per questo. Il suo confessore, costatando che Ivan spesso doveva collaborare con le ragazze, gli domandò una volta se gli era difficile osservare il voto di castità. Ivan rispose con molta calma: «Ora io non ho affatto tentazioni di questo genere!».

 

            Art. 134. Ivan non era incauto. Le giovani dell'organizzazione cattolica venivano da lui per motivi di lavoro, anche di sera, secondo il tempo che avevano a disposizione. Ivan cercava sempre che ci fosse presente anche una terza persona, almeno la mamma ammalata che per anni giaceva nella camera attigua.

            Se si trattava delle visite serali, Ivan per tempo avvisava i visitatori che la porta di casa si chiudeva alle 9 in punto, e terminava il colloquio un po' prima per poter accompagnare il visitatore e tornare a casa in tempo.

            Era molto discreto e riservato e si atteneva alla "regula tactus" anche con i bambini, tanto più con gli adulti.

 

            Art. 135. Un esempio della riservatezza di Ivan: In occasione delle nozze di un amico del ginnasio, Ivan rimase con gli invitati fino a notte inoltrata. Conversava molto e fece anche un bellissimo brindisi. I convitati giocavano "jastuèac" (cuscinetto). Una ragazza aveva scelto Ivan e secondo il costume si era inginocchiata in attesa del bacio. Ivan rimase al proprio posto, tranquillo come se la cosa non lo riguardasse. «Lo devi fare per piacere alla compagnia», dissero i convitati. «No, non è mia abitudine», rispose Ivan e continuò il discorso con un'altra come se la scena non fosse avvenuta.

 

            Art. 136. Non si aspettava molto da coloro in cui non percepiva una notevole sensibilità e una stima profonda della castità.

            Quando si trattava della divisa delle Aquile-ragazze, presentò le sue richieste con molta chiarezza e decisione, convinto che non c'è l'apostolato senza castità.

 

            Art. 137. Curava la morale pubblica per quanto era nelle sue possibilità: lottava contro i balli immorali, contro la moda immorale ed anche contro i manifesti immorali.

            Proponeva che facessero parte della Commissione per la censura dei film anche i rappresentanti della Chiesa. Desiderava una posizione più energica di quella "vietato ai ragazzi fino ai 16 anni"; se un film non è per la gioventù fino ai 16 anni, non lo è nemmeno per quella che ha compiuto i 16 anni.

 

            Art. 138. Sebbene Ivan non ammettesse compromessi quando era in questione la castità, sia sul piano dei principi che nella vita concreta, ciò non era di impedimento alla grande immediatezza e naturalezza di Ivan.

            A dire delle ragazze, esse si sentivano attratte da lui, ma anche tenute sempre in una certa santa distanza.

 

                                                                             Umiltà.

 

            Art. 139. La nobiltà naturale di Ivan offriva anche una buona base per la importante virtù dell'umiltà, nonostante l'apprensione, del resto umana, dinanzi all'umiliazione.

            Sopportava con pazienza, anzi allegramente, quando non si sentiva apprezzato.  Soleva dire: «E sì! Sono un cristiano debole, pregate per me perché mi corregga».

            L'umiltà sincera e l'opinione vile di sé lo inducono a nascondere le proprie virtù, anche dinanzi al direttore spirituale. Poichè questo ci viene rivelato dal p. Vrbanek, possiamo conclu­dere che il direttore spirituale (lo stesso p. Vrbanek) ha saputo - sebbene non subito - tutto ciò che secondo l'ascetica cristiana egli doveva sapere in qualità di direttore spirituale.

            In genere, Ivan parlava poco di sé.

 

            Art. 140. All'umiltà è strettamente legata l'ubbidienza. Ivan era incondizionatamente ubbidiente alla Chiesa, al cui giudizio egli sottometteva le proprie idee e tutto l'orientamento dei suoi studi e riflessioni.

            Quando si trattava dell'autorità della Chiesa, egli era duro come la roccia, senza alcun cedimento, e proprio in questa intransigenza brillava la sua ammirevole umiltà. Alcuni lo consideravano poco pratico, altri lo accusavano di seminare dissensi; i liberali lo deridevano come "arretrato"; persino tra alcuni operatori ecclesiastici era ritenuto esagerato. Più volte furono sentite espressioni dure sul suo conto: tipo strambo, maniaco, uomo privo di opinioni proprie mature. Ivan sopportava queste umiliazioni con molta calma, senza dire una parola amara, il che era motivo di ammirazione e di edificazione a chi era testimone di simili episodi.

 

            Art. 141.Non tutti gli scritti di Ivan venivano firmati da lui. Talvolta qualche scritto veniva criticato a causa di qualche affermazione ritenuta fuori posto, e le critiche erano abbastanza affrettate e irriflessivo. Nonostante la loro crudezza, Ivan del tutto tranquillo riconosceva che lo scritto era suo.

            Quando però si trattava di qualche questione di principio, Ivan in seguito chiedeva l'opinione dell'autorità ecclesiastica. Nelle cose che non toccavano i principi, egli era aperto all'opinione degli altri e, se necessario, cambiava la propria opinione.

            In genere, la virtù di Ivan, specialmente l'umiltà e il disprezzo del mondo, era come naturale, discreta.

 

IV. Fortezza

 

            Art. 142. Le malattie di Ivan da una parte (cf. Art. 38) e la sua molteplice e faticosa attivi­tà dall'altra rivelano il quadro della sua non comune fortezza.

 

            Art. 143. La fortezza soprannaturale di Ivan supera di molto la fortezza che si incontra nella vita di un cristiano ordinario. La sua grande attività per la gloria di Dio ha incontrato molti ostacoli ed esigeva molta fortezza per superarli. Non pensiamo tanto alla forza necessa­ria per prepararsi all'attività apostolica, bensì a quella richiesta per il superamento degli ostacoli nell'apostolato.

            Molta fortezza ci voleva per affrontare il menzionato studio di filosofia e di teologia, dei documenti della S. Sede, per quei digiuni ed altre penitenze, per quella intensa vita di preghiera, per quella eccezionale coscienziosità nel lavoro professionale. Certi ostacoli provenivano da chi si aspettava giustamente un aiuto.

 

            Art. 144. Difendeva i diritti della Chiesa anche fisicamente, ad esempio all'ingresso della chiesa parrocchiale di Stenjevac. (cf. Art. 49).

            Sul piano delle idee Ivan era uno dei più forti propagatori dei diritti della Chiesa, sia nella vita privata dei singoli che nella vita pubblica.

 

            Art. 145. I piccoli fastidi, dovuti a certe circostanze o al rispetto umano che impediva­no i colleghi coetanei di Ivan di esporsi così apertamente e così "cattolicamente" come lui, per Ivan stesso non rappresentavano un ostacolo alla sua attività.

 

            Art. 146. Indubbiamente Ivan ha sperimentato anche le grandi prove di aridità spirituale e di assenza della sensazione della presenza di Dio nell'anima. Ci sono altri indizi oltre a quelli che si trovano nel Diario. Così negli esercizi spirituali del 1923, mentre rifletteva se entrare o meno nella Compagnia di Gesù, fu molto tormentato dall'aridità spirituale, fino al terzo giorno degli esercizi.

 

            Art. 147. Si ricordano molti episodi in cui Ivan sopportava con insolita calma le contrarietà. Coloro che furono testimoni di tali episodi, ricordano con particolare pietà la forte impressione lasciata in loro dal comportamento eroico di Ivan.

            Era incrollabile nel compimento dei suoi doveri, indefesso nelle fatiche, paziente nelle malattie, nelle persecuzioni, nelle ingiustizie.

 

            Art. 148. In molti casi Ivan sapeva esultare di gioia, ma in certe occasioni ha pianto; ma sia nella gioia che nel dolore la sua forte volontà non sviò dalla retta via che porta a Dio mediante la Chiesa.

 

            Art. 149. E' stato già rilevato come Ivan non si è lasciato incatenare dai valori terreni dell'onore e della ricchezza, e nemmeno da quei superiori della scienza e dell'arte.  Per valutare meglio quale forza d'animo era richiesta per un tale genere di vita, bisogna tener presente da quale famiglia egli proveniva, quale educazione aveva ricevuto, su quali amicizie influenti poteva contare, quali erano le sue inclinazioni naturali, quali le condizioni concrete in cui viveva.

 

            Art. 150. La sua costanza era straordinaria sia nella vita di preghiera e sia nel lavoro.  Adempiva tutti i suoi esercizi di pietà senza abbreviarli, anche se per questo doveva lavorare durante le ore notturne. D'altra parte, se doveva studiare un determinato numero di ore al giorno - come ad es. quando si preparava per il dottorato -, non si faceva distogliere da nessuna cosa.

 

            Art. 151. La sua ammirevole fortezza rifulse ancora nell'ultima malattia che lo portò alla morte e che egli sopportò con straordinaria pazienza. Dal colloquio precedentemente avuto con il direttore spirituale emerge che Ivan si era deciso di affrontare l'operazione - per la gloria di Dio.

 

            Art. 152. Da quanto fin qui detto si deduce che Ivan Merz ha esercitato le virtù teologali e cardinali in grado eroico, cioè per una lunga serie di anni con costanza e perseveranza, quando ne aveva occasione, le ha praticate in modo straordinario che supera il grado e il modo dell'esercizio delle virtù da parte di altri buoni cristiani, e ciò nonostante le difficoltà e gli ostacoli che incontrava; infine in questo esercizio è stato regolare e fervoroso, agendo per pura intenzione soprannaturale.

 

 

 

           


 


    [1] L'aneddoto è stato confermato dal padre di Ivan, v. infra, Teste I, ad art. 42-52; cf. anche Teste II, agli stessi articoli.

    [2] Vedi la precisazione del Teste III, ad art. 53-56.

    [3] Questa "fioraia" non è un personaggio storico, bensì il "frutto...della fantasia letteraria" di Viktorija Švigir, come ella stessa precisa: v. Teste IV, ad art. 55.

    [4] "Forza interiore della Congregazione", v. sopra, Cap. XIV Intr. 1.

    [5] Cf. sopra, Cap. XIV, 1.

    [6] In verità fu il dr. Kniewald a chiedere a Milan Paveliæ di tradurre gli inni ecclesiastici; cf. Teste III, ad art. 72-77.

    [7] Vedi la testimonianza del p. Hausherr, sopra, Cap. XVII, 7.

    [8] Lo scrittore a cui allude l'art. 95, era il dr. Dragutin Kniewald (v. Teste III, ad art. 95). Cf. sopra, Cap. XI Intr.: 16 agosto 1926, dove Marakoviæ «attacca...in particolare Merz il quale continuamente parla con Kniewald».

    [9] Miško non è un personaggio storico; v. Teste IV, ad art. 102-103.

    [10] Il padre di Ivan non ricorda un caso del genere (v. Teste I, ad art. 102-105); si veda però la testimonianza di Katarina Bajiæ, domestica dei Merz (Teste II, ad art. 102-105).

    [11] Negli esercizi spirituali del 1926 Merz si proponeva: «Mangiare i dolci il meno possibile quando c'è dell'altro».