c a p i t o l o  xvii

 

FAMA DI SANTITA' DOPO MORTE

 

 

DOCUMENTI

 

                                                                           1

 

            Dalla lettera di cordoglio di mons. Ivan Ev. Šarić, arcivescovo di Sarajevo, alla Lega Croata delle Aquile, Sarajevo, 10 maggio 1928. - Pubblicata in "Katolički Tjednik" del 20.V.1928.

 

            Carissimi,

            Oggi alle 6 del pomeriggio ho ricevuto da Zagreb il tristissimo telegramma: «Dr. Merz morto questa mattina». Mi sento come se avessi perduto mio fratello. […]

            Pregare per lui o pregare lui? La prima cosa ci impone la carità e la gratitudine. La seconda ci suggerisce la nostra ferma speranza che egli dall'altro mondo ci sarà più vicino di quanto lo fosse in questo...

            L'esempio della sua santa vita ci sarà sempre davanti agli occhi. E ci ripeterà questo consolante monito: «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor. 11, 1).

            […] La sua vita, piena di sacrificio e di lavoro apostolico, girava sempre intorno al s. Tabernacolo. Uno dei più grandi adoratori della SS.ma Eucaristia tra di noi è stato il dr. Ivan Merz. E al suo Servo e Cavaliere fedele e devoto il Cristo Re divino sarà non solo Giudice misericordioso, ma anche grande Rimuneratore.

             E la nostra Aquila piena di slancio, Ivan Merz, pregherà in Cielo per noi. Ci guarderà dal Cielo e benedirà la nostra Azione Cattolica, cui si è consacrato con tanto amore e zelo apostolico. Egli è stato un vero Uomo di Dio. Il vero Prediletto Giovanni del suo Cristo Re. Anima che sempre viveva alla presenza di Dio. E sempre così vivamente sentiva con la santa Chiesa Cattolica. Egli costantemente rivolgeva lo sguardo al Vicario di Cristo sulla terra.

            E il suo spirito apostolico e la forza della sua santa vita rimarrà sempre nelle nostre care Aquile Croate, che gli stavano tanto, tanto a cuore.[…]

            Oh, il nostro indimenticabile dr. Ivan Merz...dal Cielo accompagni la nostra gioventù cattolica, le Aquile Croate, la nostra Azione Cattolica! […]

 

 

                                                                           2

 

            Juraj Šćetinec, Dr. Ivan Merz, in "Luč" XXIII, 8 (1927/28), pp. 234-235.

 

            Juraj Šćetinec, compagno di Merz durante gli studi a Parigi, redasse questo necrologio (firmandolo con iniziali J. Š.) subito dopo la morte dell'amico. Nel necrologio possiamo distinguere due parti. Nella seconda metà Šćetinec rende testimonianza alla santità di Merz; del resto egli già a Parigi diceva a Đuro Gračanin: "Questo Merz ogni giorno è più perfetto" (v. Cap. IX, IV, 3). Nella prima parte, invece, ci sono delle affermazioni, che Dragutin Kniewald - il quale conosceva bene le posizioni di Merz - ritenne necessario contestare, non solo nella biografia (Zagreb, 1964), ma anche nel Processo Informativo, dove, senza nominare l'auto­re, risponde a certe obiezioni.[1] Va ricordato che Šćetinec, nella controver­sia HOS-Seniorato, si trovava dalla parte del Seniorato; ciò rende ancor più valida la sua testimonianza sulla virtù di Ivan Merz.

           

            Giovedì, 10 c.m. è morto dopo una breve e grave malattia il dr. Ivan Merz, professore del Ginnasio arcivescovile e vice-presidente della Lega Croata della Aquile.

            Figlio di buona famiglia, mescolanza di diverse razze, con le caratteristiche prevalentemente germaniche, da giovane già più maturo è entrato nelle file dei cattolici organizzati, sotto il diretto e indiretto influsso del suo professore e amico sig. dr. Ljubo Maraković. Dopo aver vissuto durante la guerra il macello europeo, egli rimane ancora in sostanza sotto il grande influsso della vita spirituale tedesca, benché già allora si noti chiaramente la reazione al razionalismo tedesco: in questo senso è caratteristico l'articolo del defunto Merz pubblicato in "Luč" del 1919.[2] 

            In seguito il def. Merz studia in Francia. Qui, nel centro della Francia, a Parigi, ha penetrato più profondamente nella vita spirituale franco-gallica. In primo luogo egli recepisce molto dal cattolicesimo romantico francese. Egli, profondamente contemplativo, nella psicosi post-bellica del ritrarre gli occhi dalla complessiva vita pubblica, acquista molte caratteristi­che del tipo neolatino dei cattolici organizzati. E quando da noi si comincia a trattare le questioni dell'Azione Cattolica, il dr. Merz cercherà di introdurre nel concetto di lavoro unificato dei cattolici organizzati quei tipi di organizzazione che sono sviluppati presso i Francesi.[3] Egli, per quanto buon conoscitore delle encicliche di Leone XIII, il grande Papa riformatore, impegnerà tutte le sue forze per le associazioni culturali, mentre non dedicherà sufficiente attenzione alle altre attività dei cattolici.[4]

            Il defunto Merz era un uomo straordinariamente colto. Egli aveva sviluppato molto il dono di giudicare i fatti, e soprattutto le questioni e i movimenti letterari. Era un ottimo conoscitore della cultura e filosofia francese e tedesca, e come autodidatta conosceva anche molte questioni teologiche. Quei pochi saggi letterari che ha scritto, rivelavano un eccellente critico e dialettico. La sua dissertazione ha avuto grande riconoscimento. E se il def. Merz avesse continuato a occuparsi di questo lavoro, egli senza dubbio avrebbe raggiunto ragguardevoli successi.

            Invece, tutto preso dall'apostolato per le anime, per la diffusione del Regno di Cristo sulla terra, egli ha abbandonato quel lavoro e ha dedicato le sue grandi capacità all'altro lavoro: voleva essere l'ideologo dell'Aquilismo, la guida della gioventù, e verso tale obiettivo ha indirizzato anche il suo lavoro di scrittore. In questa direzione ha dato alcuni opuscoli, scritti in fretta, senza pretese letterarie. Tutto preso dallo studio delle direttive della Chiesa, delle encicliche, studiando da autodidatta la filosofia ecclesiastica(!), è diventato più un commentatore che uno scrittore originale. Si accontentava del modesto compito di esporre davanti al pubblico croato il pensiero di questo e quell'altro, mentre dai suoi scritti non si poteva veramente conoscere la sua opinione.[5] Perciò le sue opere, studiate dal punto di vista letterario, rimarranno senza un maggiore influsso sui lettori.

            Però tutto il fascino della personalità di Merz non era nelle sue idee nazionali; non era nella forza del suo stile; ancor meno nei suoi profondi pensieri; ancor meno nella originalità delle sue opinioni. Merz era un gigante dell'anima, raffinata dalla profonda vita religiosa; la sua grandezza sta nell'educazione del cuore in quella profonda vita ascetica che egli conduceva nel tempo d'oggi quando sono rari quelli che rinunciano ai piaceri, alle comodità, alle piacevolezze e soddisfazioni. Mediante costanti esercizi spirituali, l'ascesi, la mortificazione egli ha raggiunto un alto grado di spiritualità. Bastava soltanto un paio di volte venire in contatto con lui, per rendersi conto di che cosa possa fare la Grazia, la preghiera e la rinuncia. Mai impaziente, mai impetuoso, sempre amabile, costantemente al lavoro, infaticabile, semplice, egli aveva tutte quelle grandi e belle qualità che ornano un cavaliere di Cristo, un gentleman di Cristo. Aveva lo spirito di sacrificio dell'apostolo Paolo, e la carità dell'apostolo Giovanni, per esprimermi così. Romantico per indole, egli sognava la Chiesa come molti la immaginavano nel Medioevo, come una comunità spirituale di tutti i credenti ortodossi, con un maestro, il vicario di Cristo, il S. Padre il Papa. E proprio alla questione dell'autorità (Tedesco di origine!) egli ha dedicato parecchie sue pagine. Voleva ridurre tutta la vita in certe precise formule e scale gerarchiche, dove tutto si svolgerebbe secondo minuziosi ordini e schemi. Non comprendeva sufficientemente la complessità della vita e tutti i suoi fili intricati, ma di mentalità germanica quanto all'autorità e di latina quanto alla parte migliore della sua cultura, ha cercato di ridurre tutto in ordine, tutto doveva avere il proprio posto esattamente determinato.[6]

            In lui c'era della semplicità, schiettezza e ingenuità di (s.) Francesco. Ricevendo quotidianamente il Pane degli Angeli, egli, oltre a una profonda vita religiosa, aveva raggiunto anche uno (stile di) condotta insolitamente attraente, così che raramente si incontravano uomini con cui si potesse lavorare e comunicare con tanta piacevolezza come con il dr. Merz. Nel tempo dei più gravi contrasti nelle file dei cattolici, il dr. Merz, sebbene fermamente convinto delle sue opinioni e benché avesse un po' della testardaggine tedesca, non ha mai oltrepassato la misura e ha sempre cercato di essere oggettivo, e questo è una gran cosa nella lotta, quando molti non possono guardare le cose in faccia, ma continuamente rovesciano i fatti e gli uomini dando ad essi una interpretazione propria e arbitraria.

            La morte non ha risparmiato nemmeno lui, sebbene fosse appena all'inizio della sua attività. Essa ha gusto. Sceglie ciò che è più bello. Anche quelli dai quali abbiamo atteso molto. Ci ha tolto Rogulja, ci ha strappato Eckert, ha portato via prematuramente Sudeta;[7] e adesso ha messo nella tomba l'anima candida, il cavaliere di Dio, il lavoratore immortale, vittima dell'eccessivo lavoro, il dr. Ivan Merz, cui (sia) il riposo (eterno) e la memoria imperitura nelle file degli studenti del Domagoj!

 

 

 

                                                                           3

 

            (Marica Stanković), Dr. Ivan Merz, in "Za Vjeru i Dom" num. 6, 1.VI. 1928.

 

            Questo necrologio, apparso anonimo sul periodico del ramo femminile delle Aquile, è stato scritto certamente dalla redattrice, Marica Stanković (cf. sopra, Cap. XV, 1). Omettiamo la breve introduzione e le ultime sette righe.

 

            Il defunto dr. Ivan Merz era davvero una figura straordinaria non soltanto nel movimento delle Aquile, ma anche in tutta la intellighenzia in Croazia. La sua caratteristica è la fede viva e l'orientamento rigorosamente ecclesiale nella vita pubblica; tutta la sua vita spirituale si sviluppava rapidamente verso la perfezione. Raramente si trova un uomo i cui principi e la vita si accordino così bene come nel suo caso. Come nel lavoro esterno egli non faceva compromessi con il mondo ma insisteva sempre sul radicalismo cattolico, così radicale era anche nella formazione della sua anima. Tutto il pubblico cattolico sa che il dr. Merz era un asceta, che viveva come un religioso, che era veramente un'anima eucaristica e un figlio speciale della Grazia. La sua persona attirava la gente, e con il suo esempio egli poteva ottenere anche ciò che gli altri spesso non riuscivano a procurare con i provati metodi organizzativi. E se per l'organizzazione delle Aquile non avesse fatto nient'altro che esercitare con l'esempio l'influsso sulle anime giovani, le Aquile dovrebbero considerarlo come il loro più forte pilastro. Tanto era grande l'effetto del suo esempio.

            Ma il dr. Merz alla più profonda vita contemplativa sapeva unire anche il lavoro esterno, pieno di sacrificio e abnegazione. In primo luogo cercava di dare al movimento delle Aquile, appena nato, alcune direttive ideologiche.

            Siccome il successo del lavoro organizzativo cattolico dipende da come le organizzazioni cattoliche metteranno in pratica le direttive della s. Chiesa, il dr. Merz si è dedicato allo studio delle lettere ed encicliche della S. Sede, specialmente di quelle che trattano dell'attuazione dell'Azione Cattolica e degli obiettivi morali delle organizzazioni cattoliche. Questo suo studio ha avuto notevoli risultati sia nell'attuazione dell'A.C. che nell'organizzazione delle Aquile. Con orgoglio rileviamo, e lo sappiano tutte le generazioni future, che è soprattutto merito del dr. Merz se l'Azione Cattolica è stata attuata nelle nostre regioni, e che le Aquile fin dalla loro origine sono state organizzate interamente nello spirito dell'A. C. e si sono messe sulla posizione radicale cattolica ed ecclesiale.

            Egli era particolarmente preoccupato per l'educazione morale della gioventù delle Aquile. E' chiaro che questa gioventù deve distinguersi essenzialmente dall'altra gioventù contemporanea. La gioventù delle Aquile deve dare al mondo anime pure, sante, pronte al sacrificio; deve dare apostoli, martiri, vergini, come li hanno dato i primi tempi del cristianesimo. A questo bisogno però non si può ovviare se alla gioventù chiediamo il minimo. Non bisogna esigere il minimo, perché in tal caso non si ottiene nulla. Sapendo questo, Merz ha sempre chiesto molto alla gioventù. Intanto, egli va oltre a quelle massime con cui nel Libro d'oro ha dato l'indirizzo alle Aquile. Nei libretti Tu e lei e I cattolici e i balli moderni completa i lineamenti caratteristici della gioventù ideale delle Aquile. Sebbene alcuni avessero ritenuto esagerate e non attuali alcune posizioni di Merz (sostenute) in questi libretti, alla fine tuttavia esse con la loro squisitezza cattolica dovevano affermarsi nell'organiz­zazione delle Aquile ed essere attuate.

            Accanto al lavoro sul piano delle idee egli, ovviamente, non ha trascurato nemmeno quello pratico nel campo dell'organizzazione. Frequentava le associazioni, teneva i corsi e le conferenze. Teneva in stima il Regolamento dell'organizzazione delle Aquile ed ecco nell'ultimo suo articolo in "Orlovska Straža" paragona il valore del Regolamento per le Aquile al valore del Codice di diritto canonico per la Chiesa.  

            Lo interessava l'educazione fisica della gioventù delle Aquile e ha lasciato in manoscritto uno studio su questo importante argomento...

            Tutto questo lavoro esigeva da lui molti sacrifici. Di salute cagionevole, specialmente di debole vista, lavorava fino a tarda notte sacrificando ogni momento libero per le Aquile. Desiderava proprio offrire quanto più possibile dei sacrifici per le Aquile. Una delle Aquile si era lamentata, davanti a lui, delle diverse difficoltà che incontrava nella sua professione. Al che Merz meravigliato (le disse): «E lei se ne lamenta? Noi dovremmo proprio con piacere inghiottire queste difficoltà». Queste parole davvero caratterizzano nel miglior modo il suo spirito di sacrificio.

            L'organizzazione femminile delle Aquile era altrettanto a cuore a Merz come quella maschile. Visitando le associazioni delle Aquile-ragazzi di solito teneva qualche conferenza alle Aquile-ragazze e alle dirigenti della Centrale comunicava le proprie osservazioni sullo stato delle associazioni. Lo rallegrava il successo dell'organizzazione femminile, aiutava la nostra stampa, ci portava le notizie dalle organizzazioni femminili estere. Specialmente venerava la nostra Protettrice S. Giovanna d'Arc e ne ha scritto la Vita dedicandola alle Aquile-ragazze. Poiché il fine dell'organizzazione delle Aquile è quello di promuovere il rinnovamento morale della gioventù croata, riteneva che proprio le Aquile-ragazze erano chiamate ad essere pionieri di questo rinnovamento. Perciò sempre in pubblico e in privato insiste che le Aquile-ragazze devono essere portatrici del radicalismo morale e modelli in questo ai fratelli Aquile. Combatte energicamente la moda immodesta che demolisce la dignità della donna e copre l'eterna bellezza dell'anima pura femminile. Indicava come modello la Beata Vergine Maria, che egli venerava in modo particolare. Questa devozione la manifesta con la recita quotidiana del Rosario, con la diffusione a voce e a mezzo della stampa della gloria della Madonna di Lourdes. Pertanto in premio la Madonna lo ha preso a sé nel suo mese di maggio.

 

 

                                                                           4

 

            K. Volinski, Sul dr. Ivan Merz, in "Hrvatska Prosvjeta" 6, del 25.VI.1928.

 

            Konstantin Reimers-Volinski, nato a Rovno (Ravno?) in Ucraina il 3 febbraio 1888, è un emigrante russo, venuto in Croazia all'inizio degli anni Venti. Critico letterario e pubblicista, è stato professore a Sisak. Ha tradotto in russo alcune opere poetiche croate e ha collaborato nelle principali riviste croate fino alla II guerra mondia­le.[8] E' stato anche uno dei relatori alla III Settimana Sociale a Zagreb nel 1938. Di famiglia ortodossa, nel 1939 sarebbe passato al cattolicesimo. Dopo il 1945 gli si perdono le tracce (sarebbe emigrato in Argentina?). Egli ricorda Merz come l'aveva conosciuto fino al 1924; dopo non l'ha più incontrato, ma non dubita che un giorno Merz sarà «degnamente esaltato in tutto il mondo cristiano perché è stato una figura del tutto singolare».

           

            […] Ancora un paio di giorni fa, parlando con una persona venuta da Zagreb e ricordando alcuni nomi di Zagreb, abbiamo menzionato anche il dr. I. Merz come una delle figure più eminenti della moderna Zagreb. Né io né il mio interlocutore abbiamo pensato che egli fosse già sulla soglia dell'eternità... Soltanto quando ho letto questa breve notizia - ho sentito tutta la profondità del dolore e l'enormità della perdita che ha colpito il pubblico cristiano di Zagreb e del paese. Perché è deceduto un uomo del quale tranquillamente possiamo dire che è stato pressocché un santo. Ciò suona strano nel nostro secolo XX razionalista e ateo, ma perciò queste parole hanno un significato più grande...

            Questo non è una esagerazione, una espressione iperbolica o simile. Già al primo incontro (di quei non molti, purtroppo) con il def. dr. Merz ho sentito (del tutto intuitivame­nte) di parlare con l'uomo di una struttura spirituale ben diversa da quella di noi altri, credenti e non credenti. Un certo pathos nella modestia, un certo guardare al di là della scorza della nostra esistenza... in una parola, qualcosa che non si riesce a spiegare con i termini comuni. Tali devono essere stati (si pensa) gli apostoli e i martiri. Forse tale dev'essere stato s. Francesco nel contatto privato con gli uomini...

            (Ricorda la calma di un sacerdote russo ortodosso, p. Atanasio, che, innocente, senza una parola di protesta fu fucilato dai bolscevichi). Nei suoi occhi in quel momento c'era qualcosa di S. Stefano, protomartire... In questo caso però si tratta e si è trattato dei momenti eccezionali nella vita - del martirio... Invece il dr. Ivo (Merz) portava in tutta la vita prosaica il sigillo di un qualche particolare spirito "di confessore". Riconosco di aver avuto un interesse molto limitato per quell'aspetto del cristianesimo che riguarda i miracoli, le guarigioni dei malati e simili cose. Ma quando in un colloquio (sulla Piazza Jelačić...(a Zagreb)) mi ha raccontato le sue impressioni su Lourdes, sono stato letteralmente costretto a credere nella verità di quello di cui il dr. Merz...parlava. Non soltanto con le parole, ma con quella impulsività, quella suggestione che la sua figura del tutto ascetica esercitava sulla mia personalità psichica...

             Un'altra volta ancora - sul Zrinjevac - mi ha parlato dell'ascesi, del celibato e della vita contemplativa. Occasione ne era la questione del matrimonio dei sacerdoti presso i greco-ortodossi e gli ortientali ortodossi - dunque, direi, una questione puramente canonico-politica. Le idee del defunto (Merz) sull'ascesi - che aveva impregnato tutta la sua vita, perché, secondo lui, non poteva essere diversamente, per lui - a me sono parse un po' strane: a che serve questo pathos ascetico per un laico quale era lui... Dopo però ho capito questo: se in questo caso è a posto la domanda "a che serve?", allora la stessa domanda potremo porre in merito alla passione di Cristo... Tale era il dr. Ivo! Questo è tutto. Come si vede, io non mi soffermo sul suo lavoro positivo negli anni 1924-1928, quando io ero assente da Zagreb. Ma questo per me non è nemmeno necessario. E' certo soltanto che tra i suoi discepoli e più vicini collaboratori si troveranno alcuni che seguiranno le sue orme. Tale personalità non passa per questo mondo senza lasciar traccia di sé e senza che una particella del suo spirito si annidi in alcuni cuori.

            Quando da parte degli orientali sento il rimprovero che nella Chiesa cattolica c'è troppo formalismo nella comprensione della fede, mentre l'abnegazione e l'ascesi non sono le sue proprietà - sempre mi appello alla figura del dr. Merz, il quale nel XX secolo, in giacca, era come i primi cristiani, i primi francescani o i monaci contemplativi dell'Athos nei secoli I-XII.

            Ripeto, tali personalità non scompaiono senza lasciar traccia. Non dubito minimamen­te che il suo nome prima o poi sarà degnamente esaltato in tutto il mondo cristiano, perché egli è stato una figura del tutto singolare.

            In questo non c'è traccia di una qualunque glorificazione particolare o di esagerazio­ne.

 

 

                                                                           5

 

            Dr. R., Dr. Ivan Merz, in "Glasnik Sv. Josipa" (Messaggero di S. Giuseppe) 6, giugno 1928.

 

            Nonostante tutte le ricerche, non è stato possibile individuare l'autore di questa testimonianza, il quale appare un ottimo conoscitore di Ivan Merz. Premessi i dati biografici essenziali, l'autore continua:

 

 

            Noi tutti che l'abbiamo conosciuto, non possiamo non dolerci perché se n'è andato così giovane. Aveva appena cominciato il suo lavoro. Il Signore però, le cui vie sono imperscruta­bili, giudica e calcola diversamente. No, Merz non muore giovane, né all'inizio della sua grande missione, ma muore dopo aver completato la pienezza della vita, muore dopo aver bevuto fino in fondo l'amarezza del calice che il Signore gli aveva offerto. Muore come un cavaliere che ha compiuto degnamente la missione della sua vita. In che cosa sta la sua grandezza? Era intelligente e molto istruito, ma questo è soltanto il lato esterno della sua grandezza. Merz è grande perché è cattolico. Egli pensa da cattolico, sente da cattolico, opera da cattolico. Questo è il midollo, dal quale si sviluppa la marcata e forte personalità di Ivan Merz.

            L'occhio della sua anima è rivolto al Vaticano, al Vicario di Cristo. E' convinto che da questo punto più alto tutte le cose e tutti gli avvenimenti vengono visti nella giusta luce. Qui non c'è diplomazia umana. Dio è l'unica misura di tutto. Perciò Merz con la massima serietà studia tutto quello che viene da questo supremo forum. Egli, laico, studia tutte le discipline come gli studenti di teologia. Studia soprattutto le encicliche dei papi, a cominciare da Pio IX. Egli sa che questa è la dottrina che Cristo per mezzo della sua Chiesa offre ai fedeli del nostro secolo.

            Merz è coerente. Ciò che impara, lo mette in pratica. Avendo appreso dalle encicliche dei papi Pio X, Leone XIII e Pio XI che la Chiesa esige dai laici cattolici di collaborare nell'apostolato con i vescovi e sacerdoti per il rinnovamente della vita cattolica degli individui, delle famiglie e della società, vede chiaramente anche il fine e il programma della sua vita: si dà tutto, si sacrifica totalmente per l'azione cattolica. E al tempo stesso è convinto di fare soltanto ciò che è obbligato di fare come figlio della santa Madre Chiesa. In essa egli vede l'immagine del Salvatore e perciò la ama come Gesù Cristo stesso.

            E' dunque facile concludere quale fosse, di conseguenza, la vita del dr. Merz. Era riempita di lavoro, di sofferenza e di preghiera.

            Lo conosciamo come zelante e instancabile apostolo. Tutti, tutti voleva conquistare per Cristo. Alla nostra ideale e entusiasta gioventù apre nuove vie, nuovi orizzonti. La entusiasma indicandole gli ideali che propone la s. Chiesa. Come se fosse il più sano, visita tutte le nostre regioni e con molta fatica e abnegazione tiene conferenze, istruisce, incoraggia. Egli è l'anima di tutto il lavoro della Lega Croata delle Aquile. Con la forza straordinaria del suo spirito egli pone la nostra organizzazione delle Aquile sulle fondamenta più stabili, più forti, dando ad essa un carattere del tutto religioso. Al tempo stesso rimane umile e modesto, pienamente convinto di essere soltanto un mezzo nelle mani di Dio.

            Questo straordinario lavoro del dr. Merz è stato premiato in modo abbastanza regale. Il Signore gli ha dato un notevole dono della sofferenza. Era grande nel lavoro, ma ancor più grande nella sopportazione dei dolori. Era convinto che il suo lavoro era totalmente basato sulla dottrina della s. Chiesa, pertanto soffriva molto quando incontrava incompren­sione. Per lui non era tanto difficile sopportare offese personali e umiliazioni, quanto era addolorato perché in tal modo veniva ostacolato il lavoro dell'azione cattolica. Egli, pieno di amore verso Dio, voleva che tutto s'infiammasse dello stesso amore. Questo suo amore però doveva passare la scuola della sofferenza e adesso celebra il trionfo nell'amore di Dio.

            Merz era uomo di forte e continua preghiera. Pregava a casa, pregava nelle nostre strade, pregava nelle chiese. Tutto il suo lavoro e tutta la sua sofferenza era frutto della sua preghiera. Medita tutti i giorni, assiste e prega la s. Messa, riceve la s. Comunione, quindi anche i suoi colloqui spesso sono preghiera, poiché con essi eleva a Dio il proprio cuore e i cuori dei suoi interlocutori. In modo particolare venera la SS.ma Vergine di Lourdes. E' persuaso che la venerazione della Vergine, che i miracoli che Ella fa a Lourdes sono la più forte arma nella lotta contro il mondo moderno che rifiuta tutto il soprannaturale, e crede solo ciò che tocca con le mani e vede con i propri occhi.

            E' certo che Merz già durante la vita con il suo esempio ha condotto molti sulle vie di Dio. Specialmente la gioventù vedeva in lui l'uomo da seguire qualora si desideri arrivare alle altezze della perfezione. Dopo la sua morte abbiamo percepito quasi ancor meglio lo splendore e la bellezza della sua anima. Era bella, pura, limpida come quel suo occhio semplice. Era l'anima di un bambino innocente che non conosce altre parole e altro amore che le parole e l'amore di sua madre.

            Guardandolo così grande e caro, guardiamo intorno a noi e domandiamo con appren­sione se esista qualcuno che possa sostituirlo. Non temiamo. Il suo esempio ancora a lungo sarà luce a tutti coloro che guarderanno a lui. Lo seguiranno non uno ma centinaia di quelli che egli ha portato più vicino al cuore della s. Chiesa, più vicino al Cuore di Cristo Re. 

           

 

                                                                           6

 

            Milan Pavelić S.I., Dr. Ivan Merz, in "Glasnik Srca Isusova" (Messaggero del S. Cuore di Gesù) 7, luglio 1928.

 

            Milan Pavelić, nato a Krivi Put (Senj) il 30 nov. 1878, fu ordinato sacerdote della diocesi di Senj il 6 luglio 1902. Tra l'altro, fu redattore della "Hrvatska Straža" di Mahnić (1911) e del giornale "Riječke Novine" (1912-14), collaborando con Eckert e Rogulja. Dal 1915 padre spirituale e professore di pedagogia nel Seminario teologico di Senj, dopo la Grande guerra si trasferì a Zagreb su invito di Petar Rogulja (cf. sopra, Cap. XI, nota 4). Poeta e traduttore di grande valore (sua è la traduzione croata degli Inni ecclesiastici; ha tradotto anche I promessi sposi di Manzoni). Nel 1924 entrò nella Compagnia di Gesù. Fu redattore del "Glasnik Srca Isusova" (Messaggero del S. Cuore di Gesù) e come tale scrisse il necrologio di Merz. Morì a Zagreb nel 1939.

            Per non ripetere ciò che è già noto da altre fonti, riportiamo soltanto alcune parti del necrologio. E' interessante l'introduzione dove l'autore - testimone diretto dello sviluppo del Movimento cattolico croato - accenna ai suoi benefici effetti per la Chiesa in Croazia. Di Merz poi dice che è difficile trovargli uno uguale.

 

            C'è stato un tempo, e non molto lontano, in cui tra gli intellettuali laici croati potevi contare sulle dita quelli che andavano alla s. Messa, si confessavano, ricevevano la s. Comunione, in breve, che vivevano la loro fede e dimostravano di essere cattolici. Vent'anni fa circa, apparve da noi una nuova generazione che mise sotto i piedi il falso pudore e coraggiosamente spiegò la bandiera di Gesù Cristo. E la Croazia cattolica vide di nuovo tra i suoi figli  maestri, professori, giudici, avvocati, medici ed altre persone istruite di ogni categoria assistere devotamente alla s. Messa, ricevere i sacramenti, vivere da cattolici. Alcuni dei pionieri di questo movimento cattolico in Croazia Dio ha già chiamati a Sé nel fiore della loro giovinezza, come il dr. Eckert, il dr. Rogulja, ed, ecco, recentemente anche il dr. Ivan Merz.

            Il nobile Danese, il convertito Jörgensen, disse da qualche parte che soltanto quegli uomini operano veramente in modo umano i quali nelle cose principali non rimangono a metà strada, ma vanno fino alla fine; se sono cristiani, si sforzano al massimo di esserlo del tutto, completi cristiani. Tale era il nostro defunto dr. Merz e in questo è difficile trovargli uno uguale. Era giovane, aveva appena compiuto i 31 anni, eppure risplendeva in lui il carattere cristiano, carattere come la più sfaccettata pietra preziosa. Era un cattolico nei pensieri, nei sentimenti, nella volontà, nella vita vissuta.

            (L'autore scrive della pietà di Merz, della sua mortificazione, dell'amore alla Chiesa).

            Quando all'estero apprese la notizia della morte del vescovo Mahnić, scrisse nel diario: «O Mahnić nostro, prega per noi! Prega perché dal nostro movimento sorgano numerose personalità forti che lavoreranno soltanto per la Santa Chiesa Cattolica». E' la caratteristica di tutti i santi essere pronti a soffrire e a morire per la Chiesa e il Papa. Come, in ciò, era simile a loro il caro defunto! Egli con assiduità si sforza perché la parola del Santo Padre sia ascoltata, perché tutto sia fatto sotto la guida dei vescovi, in unione con i sacerdoti.

            (Parla della preparazione intellettuale di Merz).

            Così egregiamente preparato per la vita pubblica nel campo cattolico, oltre al lavoro di professore di letteratura francese al Ginnasio arcivescovile a Zagreb, con tutto l'ardore della sua anima giovane egli si dedica al lavoro tra la gioventù ed è instancabile nella Presi­denza della Lega Croata delle Aquile dal 1923 fino alla morte. Egli cerca soprattutto di istillare nelle giovani Aquile l'amore al Santissimo Sacramento e di legarle strettamente alla Chiesa. Nel "Libro d'oro" delle Aquile rielabora in questo senso alcuni capitoli, si adopera nell'ispirare loro il vero spirito del tempo cavalleresco di una volta. Le Aquile gli erano tanto a cuore che per esse ha offerto a Dio anche il sacrificio della sua giovane vita alcuni giorni prima di morire.

            Un uomo così straordinario non sarebbe completo se avesse trascorso la vita senza dolori. Al Suo prediletto il Signore ha dato da bere dal profondo del calice dei dolori. E questo dolore era benefico. Sofferente agli occhi, nel 1921 annota nel diario che questa sofferenza ha avuto come frutto una più profonda vita religiosa, gli ha indicato l'indirizzo per la vita. Durante questa malattia scrive anche queste righe: «Cuore di Gesù, a Te consacro la mia vita; se è per la Tua gloria che io soffra e così venga a Te, sia fatta la Tua volontà». Negli ultimi anni era continuamente malaticcio... Alla fine...la sofferenza doveva essere grande, perché allora scrisse: «E' facile ricevere ogni giorno la s. Comunione e partecipare al banchetto del Signore. Oh come è acerbo quando si deve morsicare il duro legno della santa croce!». Ed è entrato in ospedale da dove non è più uscito...

           

 

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            Relazione del p. Irenée Hausherr S.I. su Ivan Merz, gennaio 1929. 

 

            Appresa la notizia della morte di Ivan Merz, P. Hausherr, professore di spiritualità al Pont. Istituto Orientale di Roma, scrisse questa relazione, che poi l'11 aprile 1972 confermò con giuramento alla presenza del p. Stjepan Sakač S.I., suo collega all'Istituto Orientale, e del p. Božidar Nagy S.I., Postulatore della Causa. Il documento quindi fu acquisito agli atti del Processo Informativo.

 

            Ivan Merz est un des deux ou trois hommes dont la mémoire m'est la plus chère et la plus bienfaisante. Je ne suis pas précisément crédule, ni porté outre mesure à l'admiration devant ce qu'on appelle de "saintes gens". J'ai de la perfection chrétienne une idée trop haute pour la trouver facilement réalisée: elle n'est ni la dévotion apparente, ni la mortification, ni l'austérité de la vie, ni même le dévouement, fût-il héroïque, au prochain. Elle est je crois toute d'une pièce, et consiste dans un transformation totale de toute la personalité, ou si on aime mieux, une transposition en Dieu de toutes les sources de notre énergie. Cette transposition réalisée, par une grâce très spéciale, dans les âmes simples - c'est à dire encore toutes d'une pièce, au sens évangélique de ce mot de simplicité (oculus simplex - c'est à dire si l'on admet "meros ti skoteinon") ces âmes ne sont plus elles-mêmes: "elles se sont perdues", mais c'est pour se retrouver elles-mêmes: comme dans une sphère supérieure et divine, d'où elles contemplent le monde pour ainsi dire avec les yeux de Dieu. Leur sainteté dès lors ne se manifeste plus par des allures extraordinaires: elle est devenue, si on peut dire, naturelle, et peut donc échapper facilement aux regards superficiels d'un entourage non averti. De tels hommes vivent et évoluent dans le monde avec une aisance parfaite et il faut pénétrer dans leurs âmes pour constater  que leur "conversation" (le grec "politeuma" dit bien mieux la chose) est dans le ciel. Ils portent en effet leur ciel avec eux, vivant toujours non pas seulement en présence de Dieu, mais plongés en Dieu, noyés en Dieu mieux que l'éponge dans l'océan. Le premier effet de ce bienheureux état c'est cette indicible paix dont parle Jésus-Christ et après lui, pour l'avoir éprouvée, saint Paul. Et c'est par le rayonnement de cette paix divine que ces saints se trahissent à qui sait voir. Le second effet c'est la spontanéité du dévouement à toutes les misères humaines et cela pour ainsi dire sans résolution, par la conséquence de cette vision de toutes choses en Dieu dont j'ai parlé plus haut: Dieu est pour eux vraiment l'Amour et leur union à Dieu les fait participer à cet Amour infini pour toutes les créatures de l'Amour. Pour qui se trove ainsi perdu en Dieu, rien d'humain ne saurait plus être indifférent parce qu'il épouse l'amour même de Dieu pour toutes choses et n'a de cesser que dans la réalisation totale de tout le plan de l'Eternel Amour.

            En peux de mots, le saint me parait être celui qui trouve en Dieu, dès ce monde, un tel bonheur que libre de toutes les recherches de consolations personnelles, il ne songe plus qu'à exploiter sa vie au service des enfants de Dieu.

            Je dis tout cela bien mal, et ce n'était sans doute pas nécessaire, mais j'ai eu besoin de faire ces considérations abstraites, parce que M. Ivan Merz m'a donné plus que personne peut-être l'impression de les avoir réalisées.

           

            Je l'ai rencontré une première fois en 1920 en Bosnie. Ces courts instants ne m'ont laissé que le souvenir de ma vénération naissante et du désir que j'eus dès lors de le retrouver sur le chemin de la vie: une impression, en somme, que je n'eus pas le temps de préciser ni d'analyser.

            Mais le bon Dieu a voulu que je le revoie de beaucoup plus près deux ans plus tard à Paris. C'est alors que sa "simplicité" me permit de pénétrer plus intimement dans son âme. Je sentis dès lors cette paix profonde, qui ne trompe pas, ce bonheur intense et paisible qui est la marque de Dieu, dans des âmes qui par ailleurs mènent une vie dure. Il m'aurait ri au nez, gentiment, si j'avais employé à son sujet le grand mot de mortification: il ne se mortifiait pas, il se contentait de coucher sur une planche "parce que depuis qu'il le faisait il se portait mieux". Son lit d'ailleurs était fait aussi bien qu'un autre: la planche, qu'il me montra en souriant, se cachait sous un drap, comme chez d'autre le matelas. Son travail intense ne l'empêchait pas de dire le bréviaire, sans compter les oraisons dont parle le souvenir mortuaire. Il avait surtout pour but en tout de s'unir à la vie de l'Eglise. C'est par amour de l'Eglise aussi que sa curiosité était ouverte sur tout, sur les initiatives chrétiennes de France et d'ailleurs, sur la littérature de tous pays. C'était un étonnement toujours nouveau de l'entendre parler avec la simplicité - toujours cette simplicité! - d'un homme inconscient de sa valeur, des sujets les plus divers, cherchant partout à s'instruire et ne se doutant pas que souvent il en savait plus long que son interlocuteur. Je me souviens d'une excursion à laquelle il m'invita un jour avec une bande de ces jeunes compatriotes: il était légèrement plus âgé que la plupart de ces compagnons, mais ce n'est pas à ce petit excédent d'âge qu'il était redevable de son ascendent que j'eus alors le loisir de constater. Ils n'étaient pas tous commodes, ces jeunes croates et bosniaques, et pour un peu nous eussions eu des démélés avec les gardiens du parc de Fontainebleau: mais Ivan les modérait et les tenait en laisse sans en avoir l'air, et je crois, sans s'en douter, sans rien diminuer non plus de leur joie. Il avait l'étoffe d'un chef, parce qu'il était humble dans sa supérorité, et surtout, je le sentis dès lors, parce qu'il vivait en Dieu. D'autres se croient fait pour commander et ils se guindent: leur attitude sue l'effort et leurs nerfs parfois les trahissent. Ivan Merz, c'était la Paix; c'était, si je puis dire, le naturel dans le surnaturel; son autorité rayonnait d'elle-même. Qu'on le comprit ou non, on subissait en sa présence comme un sentiment d'une présence plus spéciale de Dieu.

            Je perdis de nouveau du vie le Dr. I. Merz après son retour en Croatie. Mais un jour de l'année jubilaire 1925, comme je sortis après ma messe de l'église des saints Vincent et Anastase près de la fontaine de Trévi, à une heure où les rues sont encore presque désertes, je crus rêver en apercevant au bas des marches de pierre un passant qui ressemblait à notre Ivan. Tout en marchant, il regardait la belle fontaine. J'allais déjà continuer mon chemin, en souriant de ma force d'imagination, quand le passant tourna les yeux et sans hésiter, lui, vint droit sur moi. Ce fut une des belles journées de ma première anné romaine. Je plantai là mes bouquins et allai me promener avec celui dont l'âme me charmait bien plus que le bysantinisme ou la mystique d'autrefois. Je ne fus pas déçu. Son âme candide s'ouvrait à mes yeux comme celle d'un enfant et au spectacle de ce monde intérieur je retrouvai moi-même quelque chose de la joie des enfants, quand leurs yeux s'ouvrent sur la beauté, pour eux toute neuve, du monde extérieur. Nous cheminons ainsi bien deux heures, sans savoir, ni l'un ni l'autre, la topographie de la Ville Sainte. En passant nous entrons dans plusieurs librairies: je me souvines encore qu'il acheta un volume de Dante, un autre de je ne sais plus quel auteur anglais, et une Somme de Saint Thomas qui coûta 75 lires, sans parler de plusieurs autres imprimés. Mais ce que surtout je n'oublie pas c'est la conversation. C'est à elle que je pensais en écrivant le petit paragraphe de plus haut sur la sainteté. La Paix de cet homme à la vie pourtant si riche en tout sens, m'eût paru une énigme s'il ne me l'avait lui-même expliquée. Le mot de l'énigme c'est: une extraordinaire foi en la Providence. En l'entendant m'exposer là-dessus moins ses idées que ses habitudes, je songeai à un autre saint homme, encien professeur de théologie qui m'avait un an auparavant parlé du même sujet avec ce même ton pacifiant, mais avec plus de "scolastique", pour me montrer que cette foi est la quintessence de la sainteté. Ivan Merz ne faisait pas d'arguments en forme bien qu'il en fût capable: il en appelait plutot à son expérience, sans se douter que de la sorte, au lieu de me donner seulement ses idées sur la perfection chrétienne il m'en montrait un admirable spécimen en lui-même. Mais nous marchions toujours, sans savoir où, et à dix heures il avait un rendez-vous avec le P. S. Sakač. A plusieurs reprises je lui fi remarquer que l'heure avançait, et que s'il ne voulait pas manquer son entrevue il serait temps de prendre des informations sur la route à suivre. Ne vous inquiétez pas, se contentait-il de répondre, je suis sûr que j'y serai à dix heures. Je trouvai cette confiance en la Providence un peu forte, et je me promettais bien de le "faire marcher" quand au coup de dix heures nous nous serions trouvés penauds dans quelques via X, loin de l'Institut Biblique où le P. S. Sakač en question attendait en vain son ami I. Merz. A la boutique d'un horloger je remarquai qu'il était dix heures moins dix (je n'avais pas de montre sur moi). N'ayez pas peur, me dit Ivan Merz, mon ange gardien me guidera. En attendant, ajouta-t-il, permettez-moi d'entrer dans cette laiterie prendre un verre de yogourth, car je n'ai pas déjeuné. Il ne se mortifiait pas, pas plus qu'à Paris quand il couchait sur la planche. Il me fit d'ailleurs grand éloge de ce yogourth, qui avai contribué à maintenir la verte vieillesse de M. Pašić. Tout cela pour bien me prouver que c'était par soin de sa santé qu'il avait fait deux heures et plus de marche à jeun. Deux minutes suffirent pour ce déjeûner tardif. Nous reprenons notre chemin. La conversation me fit oublier la préoccupation de rendez-vous; je marchais tout absorbé dans nos pensées communes, quand tout à coup quelqu'un que je ne connaissais pas nous aborde: c'était le P. S. Sakač; je me réveillai de mon absorption. Nous étions à la porte de l'Institut Biblique et en souriant I. Merz tira sa montre et me dit: voyez. Il était exactement dix heures.

 

            Menus faits que tout cela, mais dont est faite la vie. On aurait des renseignements bien plus intéressants en s'adressant à ceux qui ont connu le dr Merz à Paris plus longtemps et plus habituellement que moi. Par exemple Msgr Beaupin que j'ai vu à Genève en octobre 1928, m'en a parlé avec une admiration profonde.[9] Les Croates ne doivent pas laisser périr le mémoire de Ivan Merz. Un homme de cette intelligence et de cette vaste culture, vivant dans le monde une vie toute en Dieu, une vie d'enfant selon la parole évangélique et par cette simplicité même et cette abandon paisible à la bonté du Dieu le Seul Bon décuplant ses énergies pour le bien - c'est là un spectacle trop beau et trop bienfaisant pour qu'on ait le droit de le cacher ni en Croatie ni en dehors de Croatie.

            J'ajouterai un mot: en arrivant à Enghien en mai 1928 je demandais à son compatriote M. Mašić des nouvelles de dr I. Merz. "Il est mort", me dit-il sans savoir quel mal il me faisait. Mais en réfléchissant, et bien que la Providence n'ait pas besoin que nous la comprenions, je crus comprendre la Providence: Ivan Merz était mûr pour le ciel, il a dû y entrer de plain pied ou plutôt entre sa vie et ce qu'on appelle sa mort il n'a dû y avoir que la différence du voile baissé et du voile levé. Il vivait au ciel dès ici-bas; pourquoi le Bon Dieu aurait-il retardé l'heure de lui apparaître sans voiles? Vu du coté de Dieu la mort de M. Ivan Merz se comprend très bien et auprès de ce point de vue divin, tout point de vue humain est non-avenu. Que ses compatriotes remercient Dieu de leur avoir donné un modèle, un vrai chrétien et un patron.

 

                                                                                  P. Irenée Hausherr S.J.

                                                                                  profeseur de spiritualité

                                                                       à l'Institut Pontifical Oriental de Rome

 

            Ce texte rédigé par le R. P. Irenée Hausherr S.J. dèjà en janvier 1929 est ici reproduit et signé de nouveau par lui aujourd'hui ce 11 avril 1972 à l'Institut Pontifical Oriental de Rome en présence des deux témoins soussignés, en rapport avec le procès de béatification et canonisation de Ivan Merz.

            Les témoins:                            P. Stjepan Sakač S.J.    P. Božidar Nagy S.J.  

 

 

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            Dr. M. Lehpamer, Dr. Ivo Merz heroj kršćanskog mira (Dr. I. M. eroe della pace cristiana), in "Nedjelja" 20, del 18.V.1930.

 

            Come indicato nel sottotitolo dell'articolo, l'autore scrive attingendo ai propri "ricordi" del def. Merz. Ciò che egli scrive dell'"eroe della pace cristiana" si accorda bene con la testimonian­za del p. Hausherr. 

 

            Solo colui che ha rinunciato completamente ai desideri mondani, può godere una piena pace interiore. Solo colui che confida pienamente nella Provvidenza, che fino alle ultime conseguenze crede che nemmeno un capello del capo cade senza che Dio lo voglia, solo un tale uomo può conservare la pace interiore nelle più gravi tempeste che lo possono investire nella vita. E se aggiungiamo con Tommaso da Kempis: «Chi sa soffrire di più, godrà una maggiore pace»... allora comincia a tornare in memoria una immagine del def. dr. I. Merz, l'immagine dell'eroe della pace cristiana.

            I maestri della vita spirituale insistono che la prima condizione di una tale vita è l'ordine esterno, che deve essere fedelmente osservato. E il def. dr. Merz aveva il suo ordine, diviso in tre parti, cioè la pietà, lo studio e l'azione, e nessuno e niente poteva turbare questo suo ordine. Quando le Aquile croate vivevano i giorni più difficili mentre si ponevano le fondamenta dell'organizzazione, le forze disponibili non erano sufficienti per far fronte a tutto il lavoro richiesto, e gli operatori delle Aquile dovevano impegnare le proprie forze e il proprio tempo fino ai limiti delle possibilità umane. Anche in tali momenti Merz conservava la sua pace e del tutto calmo sapeva dire: «Io devo studiare 4 ore al giorno», e manteneva il suo ordine, convinto che in questo era la condizione previa di ogni lavoro pratico.

            L'altra qualità di un uomo interiore è il raccoglimento nel lavoro. Egli poteva raccogliersi nel lavoro così che nulla dall'esterno poteva disturbarlo. Nei suoi numerosi viaggi, andando in visita a varie associazioni, era solito studiare in treno con lo stesso raccoglimento come nel suo studio.

            La fiducia che le verità eterne e i sani principi avrebbero vinto, era una ulteriore ragione della pace interiore del dr.Merz. Perciò egli conservò la sua pace totale anche nei giorni più difficili dell'organizzazione delle Aquile, perché sempre credeva e diceva che occorreva cercare soltanto la purezza e la chiarezza dei principi, nei quali agisce Colui che è la Via, la Verità e la Vita, il quale vince sempre. Egli non poteva mai essere sfiduciato riguardo al successo, perché considerava il lavoro organizzativo nell'Azione Cattolica come l'azione di Dio che si serve di lui e dei suoi compagni solo come di strumenti.[…] 

            Nella coscienza tranquilla e nella persuasione di compiere la volontà di Dio facendo il proprio dovere, era la fonte del calmo atteggiamento del dr. Merz in tutti i casi in cui era personalmente attaccato per il suo lavoro pubblico. Perciò egli non ha mai reagito agli attacchi personali né si è difeso, nemmeno quando i suoi compagni più vicini lo sollecitava­no.

            «Tuttavia - dirà qualcuno - il dr. Merz è stato il primo a introdurre nella nostra vita pubblica l'inasprimento e la lotta». Sì, ma questa lotta era simile a quella che Cristo ha annunciato con le parole: «Non sono venuto a portare la pace nel mondo, ma la spada», rimanendo tuttavia il più grande predicatore della pace. La lotta di Merz...era una lotta per le idee, una testimonianza alla Verità - e nient'altro. Egli odiava il peccato, ma amava l'uomo-peccatore. Com­batteva la non-verità, ma amava coloro che erano nell'errore.

            Poco prima che il def. Merz si recasse in clinica, si tenne a Bjelovar l'assemblea del distretto delle Aquile. Poiché essa era molto importante per l'organizzazione in quella regione, era necessario che vi fosse rappresentato anche lo HOS. E siccome tutti dello HOS erano impediti, si è cercato a lungo chi potesse andarvi; e il dr. Merz, alla domanda se egli poteva andare, disse: «Amici, io sono malato, ma se nessuno può andare, ci vado io». Ed è andato, benché abbia dovuto portare con sé l'apparecchio per inalazioni, la febbre ed altro. E' andato tranquillo e silenzioso, senza che in quel momento alcuno, al di fuori di lui, sapesse come egli si sentiva. E questa è stata l'ultima visita di Merz alla provincia!

            Anche l'entrata di Merz in clinica, dove ha terminato la vita, è caratterizzata da una grande pace. Tenendo in conto la morte, egli ha messo in ordine tutti i suoi affari privati, ha scritto il testamento, si è congedato dai genitori e dai compagni ed è andato alla clinica. E se molti da cui si congedava non si accorsero che egli li salutava per l'ultima volta, ciò fu dovuto al fatto che egli lo faceva in silenzio e senza rumore. Tranquillamente, per non attirare l'attenzione su di sé.

            Merz ha scritto nel diario anche questo: «E' facile ricevere quotidianamente la s. Comunione... Ma come è acerbo quando uno deve morsicare il duro legno della santa croce». Egli sapeva portare la sua croce. E l'ha portata e sopportata fino alla fine. E ci ha lasciato l'esempio della perseveranza cristiana, l'esempio dell'eroe della pace cristiana.

 

 

                                                                           9

 

            Č(ekada Čedomil),[10] Barbarić, in "Katolički Tjednik" 36, del 8.IX.1935.

 

            Čedomil Čekada, nato a Posušje (Erzegovina) il 6 novembre 1896, terminati gli studi medi classici a Travnik, studiò teologia a Sarajevo e a Innsbruck, dove ottene il dottorato. Ebbe vari uffici nell'arcidiocesi di Sarajevo: fu insegnante di religione, segretario e cancelliere dell'arcidiocesi, canonico del Capitolo di Sarajevo, ma il suo nome è legato soprattutto al settimanale "Katolički Tjednik".[11] Una delle penne più forti e autorevoli del giornalismo cattolico croato, nel 1945 fu condannato dal regime comunista a 12 anni di carcere, che scontò fino all'ultimo giorno, perché non volle scendere a compromessi. E' stato un vero confessore della Fede. Autore di una decina di libri e di innumerevoli articoli, ha sempre difeso la purezza della dottrina cattolica, anche nel periodo postconciliare. Era esigente con se stesso e con gli altri, per cui il suo elogio di Merz merita un'attenzione particolare. Gli ultimi anni li trascorse a Dubrovnik, dove morì il 26 settembre 1981. E' sepolto nella tomba di famiglia a Sarajevo, insieme con i suoi due fratelli sacerdoti: Smiljan, arcivescovo di Sarajevo, e Milivoj, parroco di Zenica. 

             Accennando al Servo di Dio Petar Barbarić[12] quale possibile futuro santo, l'autore afferma che Barbarić non è l'unico Croato della più recente generazione che, Dio volendo, potrebbe essere elevato agli onori degli altari. Ci sono anche il sac. Matija Stepinac,[13] il vescovo Josip Lang[14] e Ivan Merz. «Tutti questi (sono) figure di autentici santi. Tutti maturi, completi uomini di Dio. Figure di eroica virtù e unione con Dio». Si sofferma quindi sulla figura di Merz:

           

            E' particolarmente forte e moderna la personalità di Merz. Merz è un tipo di santo laico moderno che attraverso tutte le peripezie della vita intellettuale moderna ha portato la fiaccola mai spenta della fede ed è riuscito ad aprirsi un varco fino a Dio e sentire e scoprire Dio in tutte le manifestazioni complicate e movimentate del pensiero umano e del volere umano. Nella sua figura c'è qualcosa del Faust cattolico che lotta per la verità, ma alla fine riesce a trovarla, perché prima ha conosciuto la Croce e ha trovato la Grazia.

            Nella vita di Merz incontriamo tutti i problemi che tormentano la nostra generazione odierna. La sua vita si inserisce nelle forme che sono del tutto attuali. Egli si è avvicinato a tutto ciò che oggi rappresenta un pericolo per la fede e la virtù. Davanti a Merz la fede ha reso conto all'intelletto e al cuore dell'uomo che cerca la risposta a tutte le questioni fondamentali della vita. Merz ha vinto e annientato in sé lo scetticismo moderno in tutte le sue forme, per diventare alla fine, dopo una fruttuosa catarsi, apologeta della sempre vecchia e sempre nuova verità cristiana e trasfigurarsi nei pensieri del Redentore e della Chiesa.

            E proprio per questo sarebbe un peccato se il nostro pubblico non conservasse con cura la sua memoria e non propagasse la sua venerazione, nell'intento di preparagli la via agli onori degli altari.

            La sua biografia[15] è già oggi per i nostri giovani intellettuali cattolici una apologetica pratica e una teologia pastorale sulla via della virtù e dell'apostolato laicale. Ma anche il più va­sto mondo cattolico troverebbe molte ispirazioni nella vita di quest'uomo illuminato, di quest'altro, moderno Israele, lottatore con Dio. Anche nei grandi popoli cattolici sono poche le figure di santi così spiccatamente ­intellettuali e le personalità così profondamente cattoliche.

            Merz ha ancora un altro pregio. Egli non è morto giovane, all'inizio del commino della vita, bensì da uomo maturo. All'età quando sono già passate le principali tempeste della vita. Egli ha vinto le più difficili battaglie ed è passato attraverso tutte le prove sanguinose della giovinezza. Ha provato tutto e ha santificato tutto. Nessuno gli può negare la compiutezza della vita e la provata, equilibrata, vittoriosa virtù.         

 

 

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            (Čedomil Čekada), + Dr. Ivan Merz, Nel decimo anniversario della morte, in "Katolički Tjednik" (Sarajevo), 8.V.1938.

 

            E' sempre la grandezza interiore, spirituale quella che nel cristianesimo vince, conquista.

            La figura del dr. Ivan Merz è un documento classico che prova questa tesi. Egli è stato, in realtà, solo una meteora all'orizzonte della nostra vita cattolica. Il periodo di tutta la sua vita attiva, dal momento che per la prima volta si è sentita la sua presenza nella vita pubblica, è durato poco più di un lustro...

            Il dr. Merz non era nemmeno un genio. E' stato un intellettuale, un pensatore. Non è stato però il primo pioniere, il primo lavoratore, il primo talento. Non è stato, come dicono, "brillante stilista", né oratore affascinante. Accanto a lui o prima di lui ci sono stati dei talenti naturali più forti.

            Non è stato nemmeno fondatore di qualche nuova organizzazione. Egli è entrato in quello che già avevamo. Non ha brillato con la novità di idee né con l'originalità del programma. Non si faceva avanti come ideologo o riformatore di mestiere. La sua persona non stava affatto al centro.

            Merz non spiccava né per la posizione dell'ufficio, né per la funzione sociale, ecclesiastica o civile.

            Eppure quest'uomo, forse come nessun altro ha inciso nella nostra recente storia cattolica. Ha attirato su di sé gli occhi di tutti. Si faceva ammirare da chi condivideva le sue idee e da chi le avversava. Ha influito sullo sviluppo della vita cattolica decisamente e provvidenzialmente. La sua personalità ha ispirato molti. Ha avuto molti ammiratori e seguaci.

            E, dopo la morte, è stato pianto come un grande ed eroe. E il suo nome è rimasto sulla bocca di migliaia di persone. La sua presenza spirituale si sente in mezzo a noi. Ancor oggi egli vive e opera. E' diventato la proprietà e il bene spirituale di tutto un popolo cattolico. Intorno a sé ha ecclissato tanti più dotati e più eminenti. E' rimasto immortale.

            Solo una può essere la ragione sufficiente di questo fenomeno: ciò che nel def. dr. Merz era solo suo. E oggi tutti, istintivamente, siamo d'accordo che ciò era la sua anima virtuosa, la sua grandezza morale, la sua intima unione con Dio, la sua immersione nei valori divini, soprannaturali, e nel primo valore soprannaturale - Cristo. Cristo vivo e reale nell'Eucaristia, e Cristo mistico nella Chiesa. Egli è stato un devoto adoratore dell'Eucaristia e fedele, entusiasta discepolo della Chiesa. Da qui dovevano scorrere le riserve della sua forza; a questo doveva essere legata la forza attrattiva della sua personalità e la forza suggestiva delle sue idee. Ciò che in lui conquistava dev'essere stato questo elemento. In ciò doveva stare il segreto della sua felice intuizione e delle sue scelte sempre corrette. Il dr. Merz era diventato lo strumento della Grazia. In lui la gente vedeva la bellezza e la forza dell'umanità redenta e santificata. In lui viveva intensamente il pensiero della Chiesa. Questo non era più prudenza e sapienza; questo era grazia e carisma.

            Sotto questo aspetto la figura del dr. Merz è la più importante e la più istruttiva per noi cattolici.

            I santi sono sempre i migliori e i più forti portatori della rinascita cattolica. La vera e profonda unione con Dio porta avanti la causa di Dio e della Chiesa più di tutti gli elementi della saggezza e forza umana. La cosa più importante non è il sistema, né il metodo, e nemmeno l'organizzazione, né le parole e i talenti; la cosa più importante è che Dio entri in noi, che ci avviciniamo a Dio e ci confrontiamo (con Dio). Questo è il presupposto essenziale di una incisiva ed efficace azione cattolica di rinnovamento. Su questo bisogna innestare il lavoro, i talenti, l'organizzazione, se vogliamo davvero realizzare il Regno di Dio intorno a noi. […]

            La migliore soluzione di tutti i problemi della vita cattolica e dell'Azione Cattolica sta nella sincera ecclesialità. Chi si mette su questa strada, ha trovato il punto d'Archimede. Su questo terreno occorre cercare l'uscita dal labirinto della nostra discordia, delle nostre controversie, della nostra confusione. […]

            Quanti più Merz saranno tra di noi, tanto più abbondanti tra noi saranno e la saggezza cattolica e la concordia cattolica e i successi cattolici.

            Soprattutto sotto questo aspetto il dr. Merz parla ai cattolici croati. Sotto questo aspetto egli è anche oggi, nel 10. anniversario della morte, altrettanto attuale come lo era dieci anni fa, mentre era vivo e mentre giaceva sul letto di morte.

            La sua luminosa figura di credente, asceta e santo getta molta luce anche sui nostri odierni sentieri cattolici!

 

                                                                          

                                                                          11

                                                                          

            Ricordi del p. Petar Perica S.I., Dubrovnik, 20 luglio 1942. 

 

            P. Vrbanek si era rivolto anche al confratello p. Perica per avere il suo giudizio su Ivan Merz. Rispondendo da Dubrovnik, dove allora si trovava e dove due anni dopo avrebbe terminato la sua vita con il martirio, p. Perica, tra l'altro, scrisse:

 

            In occasione del Congresso Eucaristico a Zagreb (1923) ho sentito lodare le qualità straordinarie di uno studente universitario di Zagreb. Desideroso di conoscerlo, trovai nella nostra residenza di Zagreb vicino al telefono un giovane. Convinto che si trattasse di quello studente, mi rivolsi a lui. Ma egli mi si presentò come il dr. Merz. Non era quindi colui che io cercavo.

            Però tutta la sua figura con la straordinaria amabilità e modestia mi ha talmente impressionato che potevo dire tra me: di fatto, non è lui, anzi non è nemmeno il dr. Merz, ma un angelo dal cielo.

            Questa opinione sul nostro pioniere dell'Azione Cattolica si è poi solo rafforzata mentre osservavo la vita e il lavoro di Merz. E della stessa opinione erano molti altri più anziani e più giovani, che venivano in più stretto contatto con il "buon Ivica". Ad es. il prof. Dušan Žanko, don Ante Braškić, parroco di Vranjic, e don Mate Blašković, parroco a Sveta Nedilja sull'isola di Hvar. Questo don Mate mi ha raccontato ciò che sentiva quando il dr. Merz gli serviva la s. messa. Considerandosi indegno di tale chierichetto, non poteva togliersi il pensiero: uno migliore serve ad uno peggiore.

            Quanto io abbia stimato questo cavaliere delle Aquile, si può concludere anche dal fatto che dopo la sua santa morte non ho pregato per lui nemmeno un Requiem aeternam, spesso invece mi sono raccomandato alla sua intercessione in cielo.

            Alla Conferenza dei collaboratori dei Crociati a Zagreb ho fatto la proposta e il progetto, secondo cui i Crociati, d'accordo con l'autorità ecclesiastica, si adopererebbero con la preghiera e con l'azione per preparare la via alla causa ufficiale per la beatificazione del dr. Ivan Merz. Il buon Dio faccia che questa causa quanto prima cominci e finisca con successo!

 

                                                                          12

 

            Relazione di Marica Stanković su Ivan Merz, Zagreb, 7 novembre 1942.

 

            Su richiesta del p. Vrbanek che stava scrivendo la biografia di Merz, Marica Stanković gli inviò la seguente relazione.

 

            Ho conosciuto il dr. Ivan Merz dopo il suo ritorno da Parigi e ho seguito la sua vita e l'attività fino alla sua morte. Lo vedevo quasi tutti i giorni. Lo osservavo in chiesa e durante le funzioni sacre. L'ho accompagnato quando ha cominciato ad impegnarsi per l'Azione Cattolica secondo le direttive di Pio XI. Ho osservato la sua lotta gigantesca perché quella delle Aquile diventasse l'organizzazione centrale della gioventù cattolica. Ho capito e ammirato i suoi sforzi per l'educazione eucaristica, liturgica e papale della nostra gioventù. L'ho seguito come l'hanno seguito grandi gruppi di giovani, ragazzi e ragazze, che volevano per mezzo dell'Aquilismo edificare la Croazia di Dio. Pertanto ho conosciuto il dr. Ivan Merz non soltanto come pioniere e ideologo dell'Aquilismo, ma mi era nota anche la sua vita quotidiana, anche la più intima.

            L'ho visto ridere e scherzare. L'ho visto nel contatto quotidiano con gli uomini di diversa età e professione. L'ho visto quando gravi pesi e preoccupazioni piegavano le sue spalle; quando non trovava comprensione e quando era solo. L'ho visto nella preoccupazio­ne e nel dolore. Nelle situazioni insolitamente difficili, quando anche l'anima più forte geme e prorompe in pianto. L'ho visto anche durante la sua ultima malattia e moribondo.

            Durante tanti anni della mia vita pubblica ho visto molte anime generose e belle. Ma l'anima di Ivan ha superato tutte. Egli non ha macchiato la sua anima con alcuna omissione, con alcuna incoerenza, con alcuna debolezza. Non era mai indisposto, mai di cattivo umore, mai impaziente. Non mostrava mai scoraggiamento nelle difficoltà, avvilimento nelle delusioni e insuccessi. Attraversava tutte, anche le più difficili prove con una serenità e pace ineffabili. Mentre noi altri eravamo irritati, egli pregava. Mentre noi conducevamo rabbiose polemiche, egli stava inginocchiato davanti al Santissimo. Mentre noi attaccavamo amaramente i nostri avversari, egli ci affascinava con la sua mitezza.

            Egli non ha mai attaccato nessuno, sebbene abbia patito molte ingiustizie. Non parlava male di nessuno, benché noi gli mettessimo delle trappole per vedere se il santo Merz si sarebbe sbagliato e detto qualcuna sul conto del prossimo. Non condannava mai nessuno, sebbene la sua lotta di principio per la purezza dell'Azione Cattolica fosse insolitamente difficile. In ogni anima egli vedeva Cristo, la presenza della SS.ma Trinità, perciò verso ciascuna egli si comportava con grande rispetto.

            Nella vicinanza di Merz non si poteva pensare qualcosa di peccaminoso, di basso, e neanche di meno degno. Tutto ciò scompariva nella sua vicinanza. Con la sua presenza, con il suo parlare, con la sua calma egli innalzava l'anima in alto. Quando parlava delle cose più ordinarie del giorno, degli affari, delle preoccupazioni, quando la gente gli riferiva delle proprie esperienze le più ordinarie, delle necessità, anche dei piccoli litigi, nemmeno allora Merz si perdeva ma rimaneva all'altezza, sempre pronto a sollevare le anime a Dio. In lui si sentiva la vicinanza di Dio, egli la portava dovunque passava. Quando eravamo accanto a lui, noi la avvertivamo quasi fisicamente. Perciò bastava solo uno sguardo di Merz, solo un incontro con lui, e l'anima più inquieta si calmava, si consolava.

            Sì, noi accanto al Merz vivo sentivamo di stare accanto alla guida, al maestro, al santo. E oggi che sono passati 15 anni dalla sua morte, oggi con più grande convinzio­ne ancora affermiamo che un santo è vissuto nelle nostre file. In 15 anni, infatti, la sua figura non è sbiadita, anzi ogni giorno egli ci è più vicino, più chiaro, più attraente.

            Proprio questi tempi torbidi e sanguinosi cercano grandi modelli, grandi anime che con la loro formazione e coerenza cattolica possano curare e lenire lo scompiglio, la miseria e le malattie dell'uomo contemporaneo. E Merz è un tale modello insuperabile, una personalità di cattolico e di santo straordinariamente armoniosa.

            Sono pronta a giurare che il dr. Ivan Merz possedeva le virtù cristiane in grado eroico. E che il tentativo di promuoverne il processo di beatificazione è giustificato e necessario. Faccia Iddio che dall'altare della Croazia dei martiri risplenda la figura del nostro Ivan, nostro santo. 

 

 

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            Testimonianza del dr. Milivoj Mostovac, (­Zagreb, 7 marzo 1943).

 

            Il dr. Milivoj Mostovac era al tempo di Merz un attivo membro dell'organizzazione delle Aquile, il quale spesso visitava le associazioni in provincia. Dalla lettera che egli scrisse al p. Vrbanek riportiamo il seguente brano.

 

            […] Per me il defunto Ivan (Merz) è stato e rimasto un uomo straordinario. La figura più straordinaria in tutta la mia vita. E questo perché tutta la sua condotta nelle molte e delicatissime situazioni dell'organizzazione non si poteva spiegare diversamente che attribuendo la sua calma e ponderatezza nei momenti più burrascosi al fatto che egli guardava tutte le cose nel mondo da un punto sopraterreno. Per lui la nostra vita terrena faceva tutt'uno con quella d'oltretomba. Perciò egli poteva tenersi al di sopra degli uomini e degli avvenimenti. In tale misura, che ci sembrava tutto immerso nella vita d'oltretomba, desideroso di unirsi a Dio quanto prima, mentre la sua dimora tra di noi per lui era soltanto una stazione transitoria, solo per adempiere al dovere: avvicinare il mondo alla Verità, alla Bontà e alla Bellezza.

            Quando parlava sembrava che da lui parlasse il secolare insegnamento della Chiesa.

            In quel tempo ero studente universitario. A me e ai miei coetanei dava un po' fastidio tale ponderatezza e sicurezza nell'atteggiamento del def. Merz. Specialmente io, che sono di indole allegra, ho tentato alcune volte buttarlo fuori da questo equilibrio spirituale. Una volta egli l'ha notato dicendomi "come lo tento". Volevo almeno una volta vederlo simile a noi: adirato, almeno un po' vanitoso ecc. Volevo scoprire almeno qualche piccola comune debolezza umana. Invano, però. E' rimasto sempre padrone di se stesso, sempre molto al di sopra di noi, eppure vicino a tutti, sempre giusto verso gli avversari. Egli guardava l'Idea, e gli uomini per lui erano solo gli strumenti di essa. Perfino allora quando erano in errore, sempre ha trovato per essi una parola di scusa e un barlume di speranza che sarebbero migliorati.

            In questa direzione mi dava istruzioni e direttive prima che mi recassi a visitare le associazioni.

            Fuggiva dalla politica quotidiana. Raramente leggeva i giornali. Preferiva occuparsi dello studio di certi problemi. Riteneva che la rinascita nello spirito delle verità eterne avrebbe risolto nel modo più radicale le questioni fondamentali del popolo croato. Proprio questa rinascita egli considerava condizione fondamentale per la completa costruzione della Croazia. Tutto il resto, per lui era di breve durata e transitorio. In questo senso era edotto dalla politica di ogni giorno. […]

            Dopo la sua morte, quasi tutti i giorni io mi rivolgo a lui per l'aiuto onde rimanere coerente sulla via scelta nella vita. […] Già da molto tempo sono convinto che in questo caso si tratti della figura di un santo […].  

 

                                                                          

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            (Čedomil Čekada), Jedini put (L'unica via), in "Katolički Tjednik" 20, del 16.V.1943.

 

            Per il 15. anniversario della morte del dr. Ivan Merz, l'autore constata il crescente interesse per la figura di Merz, vedendo in questo anche una specie di reazione alla diffusa crisi morale della società croata, aggravata dalla guerra in corso. Merz ha insistito sul rinnovamento spirituale dell'uomo, e questa rimane l'unica via della rinascita del popolo.

           

            In questi giorni (il 10 c.m.) si son compiuti i 15 anni da quando a Zagreb morì l'esemplare intellettuale cattolico e apostolo dell'Azione Cattolica, dr. Ivan Merz.

            Il nostro pubblico cattolico con sempre maggiore pietà, specialmente negli ultimi anni, rivolge lo sguardo verso la significativa figura spirituale di quest'uomo. Molti, specialmente nelle file dei Crociati e delle Crociatine, coltivano sistematicamente il culto della persona di Merz, e quest'anno l'anniversario della sua morte è stato celebrato nelle associazioni dei Crociati e nella loro stampa con calorose commemorazioni, articoli, manifestazioni. Sempre più Merz diventa l'ideale di tutto un cerchio dei nostri uomini cattolici, e attraverso ad essi di tutto il nostro mondo cattolico in genere.

            Questo fenomeno soltanto ci rallegra. Merz - lo abbiamo conosciuto anche personalmente - dal punto di vista spirituale-ascetico era certamente un uomo di insolita profondità. Da questo lato il suo profilo spirituale incuteva rispetto all'amico e all'avversario. Era un uomo che aveva pieno dominio di sé, uomo di passioni dominate, di intenzioni purificate, libero dall'egoismo e da ambizioni, pieno d'amore alla verità, lontano da ogni affettazione, e straordinariamente innamorato di tutto ciò che è di Dio, con un vivissimo senso soprannaturale, sempre disposto a darsi, fino all'esaurimento, all'apostolato della Chiesa e a fare del bene al prossimo, rimanendo sempre nell'immediato e intenso contatto di grazia con Dio: mediante una vita di preghiera, sacramentale, eucaristica e liturgica. Come pochi, egli aveva assimilato profondamente lo spirito del Vangelo; coscienziosamente studiava e seguiva il pensiero della Chiesa e le direttive del Papa. Era, insomma, un cattolico perfetto, e precisamente un intellettuale molto colto e istruito, di una erudizione larga, mondiale, di una grande esperienza di vita. Il culto di una tale personalità, senza dubbio, avrà un benefico e fruttuoso influsso sulla nostra vita cattolica. Merz è stato creato per essere un autentico ideale per un cattolico di oggi. Evidentemente è un segno di serietà e di solidità nelle tendenze religiose e culturali dei cattolici croati se figure come quella del dr. Merz servono da ispirazione e danno il tono spirituale-ideologico.

            Del resto, in un tale atteggiamento del pubblico cattolico forse c'è anche parecchia reazione cosciente a quel che è accaduto e sta accadendo intorno a noi. I tempi che viviamo sono immensamente istruttivi per coloro che sanno pensare. La guerra non accumula intorno a noi soltanto rovine materiali e fisiche. E' ben peggiore e più fatale quel caos morale in cui sprofondiamo ogni giorno di più. Il mondo certamente, anche prima della guerra, era moralmente corrotto. La guerra ha peggiorato la situazione. La crisi della morale è generale e terribile. Il materialismo, in particolare quello pratico, non solo non è stato battuto dalla guerra, anzi, con la guerra ha raggiunto dimensioni più vaste. C'è sempre meno onestà, sempre meno virtù, anche quelle nazionali. Dovunque impera la mancanza di coscienza, l'egoismo estremo, la totale assenza di scrupoli. La cupidigia è al colmo. […]

            Con lo sfacelo della morale sociale va di pari passo la crisi - molto più fatale - della morale sessuale, matrimoniale e familiare. Da tutte le parti si lamentano che le condizioni sono disperate. Anche nei villaggi. L'anarchia morale fa impazzire la gente. Sembra che tutte le leggi della vita comincino a venir meno. Intorno a noi c'è qualcosa come una rivoluzione generale di tutti i valori.

            Così è nel mondo, - quasi in tutti i paesi, - così è da noi.

            Ma ciò che è più significativo in questo è che tutte le idee, in cui gli uomini moderni confidavano, si sono dimostrate del tutto impotenti davanti a questa spaventosa crisi. Nulla è in grado di arginare questa alluvione, questo diluvio morale. […]                

            (Il rimedio non sta principalmente nei programmi, nelle parole, nei sistemi organizzativi, nei nomi.)