c a p i t o l o  xvii

 

FAMA DI SANTITA' DOPO MORTE

                                                                      

 

    

            Secondo Benedetto XIV, la fama di santità non è altro che l'opinione comune di persone gravi circa il grado non comune delle virtù di un servo di Dio («opinio communis de excellentia virtutum»). In altri termini, le persone serie che hanno conosciuto da vicino il servo di Dio devono essere concordi nel riconoscere che il modo abituale in cui egli ha esercitato le virtù cristiane sia stato di grado superiore a quello di altri buoni cristiani della stessa condizione. E per poter parlare di una autentica fama di santità, questa deve essere sorta spontaneamente (e non procurata artificialmente) e deve essere continua e crescente; inoltre essa comporta una devozione verso il servo di Dio e la fiducia nel suo potere d'intercessione, per cui la gente lo invoca. Tale fama di santità e di grazie induce a vedervi un misterioso progetto di Dio che vuole essere glorificato in colui che, resosi conforme all'immagine di Gesù, con le sue «opere buone» è diventato «la luce che risplende davanti agli uomini» (cf. Mt 5, 16).[1] Si può parlare di una vera fama di santità di Ivan Merz?

           

            1. Dal 1928 al 1945.

           

            Prima di riportare alcuni dati significativi e le testimonianze in proposito, è opportuno rilevare che Merz non è vissuto e morto in Italia o Francia o Spagna, ma in un ambiente religioso che non era abituato a coltivare la fama di santità di nessuno (anche se a qualcuno non si negava la virtù straordinaria), molto meno a farla sfociare in un eventuale processo canonico di beatificazio­ne; in Croazia infatti non esisteva una tradizione di questo genere. E' vero, mons. Josip Lang, vescovo ausiliare di Zagreb, morto nel 1924, aveva lasciato una fama di santità, ma il processo informativo in merito sarebbe stato istruito soltanto dopo la Seconda guerra mondiale. Quando, dunque, morì il laico Merz, ex communiter contingenti­bus si poteva prevedere che la sua memoria, scomparsi i più stretti collaboratori e amici, sarebbe rimasta in qualche bel necrologio. Avvenne, invece, che subito dopo la sua morte si affermasse una autentica fama di santità: persone serie e autorevoli, ecclesiastiche e laiche, che lo avevano conosciuto bene, non esitarono a parlare e a scrivere del "santo Ivan", meritevole degli onori dell'altare.


 

            Così lo scrittore Ilija Jakovljević, collaboratore di Merz nella Lega Croata delle Aquile, dopo aver scritto del lavoro letterario di Merz,[2] conclude: «La morte del nostro caro fratello Ivan è ancora molto vicina. Tuttavia questa vicinanza non ci impedisce di vedere il suo lavoro nella giusta prospettiva. Perché gli uomini che, come il dr. Merz, hanno avuto le virtù in grado eroico, come direbbe la Santa Chiesa, ci saranno sempre ugualmente vicini. Essi vivranno non solo nei nostri ricordi, ma anche nelle nostre preghiere».

            P. Josip Vrbanek S.I., confessore di Ivan Merz, nel "Glasnik Srca Isusova" (Messaggero del Sacro Cuore) del 1929 - alludendo al lavoro che stava preparando il dr. Kniewald - annuncia un'ampia biografia «di questo autentico cavaliere di Cristo, morto in fama di santità».

            Il primo anniversario della morte di Ivan viene commemorato solennemente. Il dr. Milan Beluhan, assistente ecclesiastico centrale delle Aquile, parlando presso la tomba di Merz, afferma che egli fu «il primo e il più fedele seguace ... del motto "Eucaristia, Apostolato, Sacrificio"- il nostro caro, santo Ivan».

            Il 17 maggio 1930 i resti mortali di Ivan vengono trasportati nel nuovo sepolcro. In quella occasione lo stesso mons. Beluhan commemora il benemerito defunto che «con la sua santa vita e il radicalismo dei principi cattolici ha lasciato profonda traccia nella nostra vita cattolica».[3]

            Nello stesso tempo il dr. Marko Klarić scrive «del nostro caro santo Ivan",[4] mentre il dr. M. Lehpamer dedica un articolo all'"Eroe della pace cristiana" (v.infra, 8).

            Nell'estate del 1930, sulla tomba di Ivan Merz avviene la guarigione istantanea della sig.na Anica Ercegović da tuberculosi e altre malattie (v. Processo, Art. 158, e Teste III, in fine).

            Nel terzo anniversario della morte di Ivan (10.V.1931), mons. Beluhan invita a pregare «perché Dio lo glorifichi nella sua Chiesa come un Santo»[5]

            Il "Glasnik Srca Isusova" (Messaggero del Sacro Cuore) del giugno 1931 riporta anche i ringraziamenti per due guarigioni attribuite all'intercessione di Ivan Merz.

            Nel 1932 esce la biografia di Merz, scritta dal prof. Dragutin Kniewald. E' una rivelazione anche per coloro che avevano conosciuto Merz da vicino, in quanto per la prima volta - attraverso i suoi scritti, soprattutto il Diario - il pubblico può conoscere la ricchezza della sua vita interiore, che in buona parte egli era riuscito a tener nascosta. «...solo adesso noi vediamo chi era in mezzo a noi. Dopo aver letto la biografia di Merz, uno stimato prelato ha esclamato: "Dobbiamo pregare affinché possiamo vedere quanto prima il nostro Ivan sui nostri altari"».[6]

            Nel 1933 escono i "Ricordi" del prof. Đuro Gračanin (v. sopra, Cap. IX, D, 3), il quale riconosce di aver capito certi atteggiamenti dell'amico solo dopo aver letto i suoi appunti intimi.

            Nel 1935 il vescovo di Krk, mons. Josip Srebrnić , nel 7. volume del Lexikon für Theologie und Kirche, 2. ed., presenta Ivan Merz come «Eine apostolische Seele im Leben, Wirken u. Leiden, von Bischöfen der kat. Jugend Kroatiens als ein Vorbild unbefleckten Lebens u. modernen Jugendapostolats hingestellt».[7]

            Nello stesso anno, il provinciale dei gesuiti p. Anđelko Jurić, in un incontro con il dr. Kniewald, si mostra disposto a "mettere a disposizione tutto l'apparato della Compagnia (di Gesù)" in vista della beatificazione di Ivan Merz.[8]

            Sui giornali cattolici e nelle riviste si moltiplicano gli articoli in cui Merz viene presentato come "uomo di Dio" e modello delle virtù. Per l'autorevolezza dell'autore, meritano particolare attenzione i due articoli del dr. Čedomil Čekada (v. infra, 9 e 10).

            L'anniversario della morte di Merz viene commemorato ogni anno più solennemente. In vista del 10. anniversario, l'organizzazione dei Crociati proclama "l'anno di Merz", a partire dal 1 settembre 1937. Per l'occasione, il prof. Slavko Šarić (che dal 1938 al 1940 sarà presidente dei Crociati) scrive: "I Crociati devono a lui (Merz) il proprio programma spirituale... Oggi...già si avverte molto il frutto del suo lavoro e il suo benefi­co influsso... fra poco, se Dio vuole, Merz...di­venterà un bene proprio della Chiesa e di tutto il popolo croato».

            Nel 1938, la rivista dei gesuiti "Život" dedica a Merz tutto il fascicolo di maggio; particolarmente ricco e profondo è l'ampio saggio del prof. Dušan Žanko, Duša dra Ivana Merza (L'anima del dr. Ivan Merz).

            Il 21 aprile 1940, il Consiglio dei Crociati ("Veliko Križarsko Bratstvo") decide di promuovere la causa di beatificazione di Ivan Merz; vuole che, con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, s'inizi già nell'anno 1940/41, proclamato "anno giubilare" per il popolo croato, in ricordo del tredicesimo centenario dell'inizio del battesimo dei Croati.[9]

            Viene lanciata l'idea di trasferire i resti mortali di Merz in qualche chiesa di Zagreb.[10]

 

            Intanto i dirigenti dei Crociati pregano il p. Josip Vrbanek S.I. di scrivere una nuova biografia di Ivan Merz. Egli lo fa in modo indipendente da quella di Kniewald, ma attingendo alle stesse fonti; raccoglie anche varie testimonianze scritte di persone che hanno conosciuto da vicino il Servo di Dio. A causa della malattia dell'autore, la biografia - Vitez Kristov dr. Ivan Merz (Il cavaliere di Cristo dr. I. M.), 254 p. - esce soltanto nel 1943. E' da notare l'impostazione "teologica" della biografia, l'autore cioè tratta delle singole virtù del Servo di Dio. Nella Prefazione, tra l'altro, rileva: «Non correggo minimamente la biografia del dr. Kniewald, ma la completo e chiarisco, come anche questa deve essere completata da quella, specialmente circa l'ampiezza della cultura di Merz e la difficoltà della lotta per l'organizza­zio­ne».

            Nel frattempo anche il dr. Kniewald aveva preparato una nuova biografia, con degli scritti scelti di Merz, ma a causa delle circostanze esterne essa tardò a uscire.[11]

            Negli anni 1941-1944 aumenta il numero degli articoli in cui Ivan Merz, sotto vari aspetti, viene presentato come modello di vita cristiana e proposto all'imitazione dei giovani.[12] Si esprime pure la speranza che la nuova biografia (di Vrbanek), che è «un altro documento della grandezza di santità del dr. Ivan Merz, spronerà a cominciare quanto prima il processo della sua beatificazione».[13]

            Per il 15. anniversario della morte, che viene commemorato solennemente a Zagreb e in altre parti della Croazia, si fa sentire di nuovo il dr. Čedomil Čekada, in quel momento certamente la voce più libera e coraggiosa del giornalismo croato (non solo cattolico), con l'articolo di fondo del "Katolički Tjednik" (Sarajevo) del 16.V.1943, intitolato Jedini put (L'unica via): solo nella via di Merz -  quella di una profonda vita interiore, della santità - l'autore vede l'uscita dal marasma morale della società contemporanea (v. infra, 14).

            E l'anno seguente, per il 16. anniversario della morte di Ivan (1944), il "Katolički Tjednik", nell'ar­ticolo Si­gnificato di Merz e dei suoi Crociati,[14] riporta un giudizio storico sul «ruolo provviden­ziale che nel popolo Croato ha avuto il compianto dr. Ivan Merz», il quale «nel modo più profondo ha formato l'organizzazione dei Crociati, imprimendole durevolmen­te la sua forte impronta personale». Ciò avvenne nel tempo «quando il comunismo - secondo un astuto piano d'azione, diretto non solo da Mosca ma anche dai centri più vicini - aveva cominciato ad aggredire anche il popolo croato. Questo comunismo significava l'annientamento di tutto quel patrimonio secolare nel nostro essere croato, di tutto quello che abbiamo ricevuto da Dio come popolo, dalla Chiesa e dal Papa come cattolici, dall'Occidente europeo papale e cristiano. Questo comunismo - nei mezzi o nei suoi obiettivi ultimi, o nell'uno e nell'altro - significava la negazione del nostro orientamento soprannaturale, dei nostri legami con la Santa Sede, del nostro secolare positivo spirito combattivo, significava la distruzione del nostro idealismo secolare, l'estinzione dei nostri santuari familiari e, in modo particolare, l'annientamento del più grande ideale giovanile: la s. purezza». Parecchi hanno accolto la dottrina comunista e si sono messi al servizio dell'Internazionale Comunista. «Ma anche molti Croati e Croate da vigliacchi e traditori si sono piegati davanti agli altri nemici del popolo croato, perché erano stanchi di soffrir fame e paura, di essere senza impiego e perseguitati». In questo contesto storico è entrata sulla scena l'organizzazione dei Crociati (come continuazione delle soppresse Aquile)[15], la quale con il suo lavoro tra i giovani «è stata una grande luce nella tenebra generale che stava avvolgendo anche il lembo croato della Terra». E chi ne ebbe il maggior merito? Certamente il dr. Ivan Merz. «Perciò il culto del dr. Ivan Merz nelle odierne file dei Crociati è sicura garanzia che essi non tradiranno nemmeno in futuro. Meglio, non il culto del dr. Ivan Merz, bensì il culto di quei grandi ideali, per la cui realizzazione il dr. Ivan Merz ardeva, viveva e lavorava, e che abbiamo ricevuto da Dio, e che custodisce e partecipa ai popoli la Chiesa e il Papato».

                                                                          

            2. Il periodo della persecuzione comunista (dal 1945 in poi).

 

            Con la fine della Seconda guerra mondiale (maggio 1945), mentre gli Alleati celebravano la vittoria e inneggiavano alla liberazione dalle dittature nazista e fascista, nella nuova Jugoslavia veniva instaurata la dittatura comunista che riservava alla Chiesa cattolica anni di persecuzio­ne. Centinaia di sacerdoti furono uccisi, altre centinaia incarcerati o maltrattati, per non parlare di eminenti laici cattolici che, se non furono liquidati o condannati ai lavori forzati, dovettero subire le conseguenze di una totale emarginazione dalla vita pubblica.

            Nel 1946 mons. Alojzije Stepinac, arcivesco­vo di Zagreb, fu condannato a 16 anni di carcere; ma prima di lui erano stati liquidati mons. Josip Marija Carević, vescovo (emerito) di Dubrovnik (nemmeno oggi se ne conosce la tomba), e mons. Janko Šimrak, ves­covo di Križevci (dopo essere stato maltrattato in carcere fu lasciato morire a casa). Nel 1948 mons. Petar Čule, vescovo di Mostar, fu condannato a otto anni di duro carcere, che scontò a Zenica, dove era rinchiuso anche mons. Čedomil Čekada. Altri vescovi furono oggetto di aggressioni fisiche; mons. Dragutin Čelik, vescovo-amministratore apost. di Banja Luka, morì dalle conseguenze dei maltratta­menti. Dei sacerdoti impegnati nel movimento cattolico - e come tali menzionati in questo volume - ricordiamo don Ante Radić che fu condannato a cinque anni di carcere, don Ante Braškić che morì dalle conseguenze dei maltrattamenti, p. Petar Perica S.I., fucilato a Dubrovnik (Daksa) insieme con altri sacerdoti e laici cattolici (ottobre 1944), dr. Josip Gunčević, ucciso insieme con altri sacerdoti nel maggio del 1945.

            Dei laici organizzati citiamo solo alcuni dirigenti: il dr. Ivan Protulipac, primo presidente delle Aquile, poi dei Crociati (fino al 1938), fu ucciso a Trieste il 31 gennaio 1946. Il terzo presidente dei Crociati (1940-42) dr. Felix Niedzielski fu fucilato il 20 febbraio 1947 a Banja Luka, insieme con l'amico di Ivan Merz, mons. Nikola Bilogrivić, parroco di Banja Luka. Il quarto presidente dei Crociati (1942-45), dr. Lav Znidarčić, fu quattro volte in carcere (la terza volta dal 1950 al 1953). Il prof. Petar Grgec fu condannato a sette anni di lavori forzati (e suo compagno di prigionia fu niente meno che il figlio minorenne Radovan, condannato a quattro anni). Tanti altri subirono la stessa sorte. Marica Stanković, presidentessa del ramo femminile delle Aquile (1927-29), poi Crociati (1930-45), che aveva avuto il coraggio di difendere, davanti a circa 2500 insegnati e operatori pubblici, l'arcivescovo Stepinac, fu condannata a cinque anni di lavori forzati. Condivisero la sua sorte altre sette sue collaboratrici.

            La persecuzione non si limitò a liquidare eventuali "nemici del popolo", ma tendeva a cancellare anche la memoria storica di quanto avrebbe potuto ispirare le giovani generazioni.[16] Nessuna meraviglia che in questo contesto dovesse calare il silenzio anche su tutto ciò che in qualche modo era legato al movimento cattolico croato: uomini, opere, letteratura ecc. Fino a che punto il regime ci sia riuscito, si può costatare ancor oggi parlando con i più giovani (quelli che hanno frequentato la scuola dopo il 1945), ai quali spesso i nomi che erano più in vista nel mondo cattolico croato tra le due guerre, risultano sconosciu­ti.[17]

            La memoria di Ivan Merz però non poteva essere cancellata del tutto, anche quando i mezzi di comunicazione di cui disponeva la Chiesa in Croazia erano quasi inesistenti. Né si smise di pensare al processo della sua beatificazione. E di fatto, nel 1958, due giorni prima che si compissero i 30 anni dalla morte di Ivan Merz, fu iniziato il Processo informativo "super fama sanctitatis virtutum in genere et miraculorum", a norma dei can. 2038-2064 del CIC 1917. Di questo nel Cap. XVIII.

 

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            Delle testimonianze su Ivan Merz, pubblicate nei primi tre lustri dopo la sua morte, riportiamo soltanto alcune, in cui gli autori riferiscono ciò che hanno conosciuto per esperienza diretta, e lo fanno con ponderatezza e senza enfasi. Nessuno di questi autori ha potuto testimoniare nel Processo Informativo; solo mons. Čedomil Čekada fece pervenire al tribunale competente una relazione scritta sul Servo di Dio, che pure riportiamo (v. infra, 15), mentre il p. Hausherr confermò con giuramento la sua relazione del 1929 (v. infra, 8), che poi fu acquisita agli atti del Processo.

            I seguenti documenti, pertanto, ben vengono a completare o confermare le deposizioni processuali dei testi sulla fama di santità e sulle virtù non comuni di Ivan Merz. Lo stesso vale per i documenti riportati sopra, Cap. XIV, 4-9; Cap. XV, 1-2; Cap. XVI, 1.

 

 

                                                                          

 


 


    [1] Cf. F. Veraja, Le cause di canonizzazione dei santi, Libreria Editrice Vaticana, 1992, p. 26 s.

    [2] Cf. Ivan Merz u književnom radu, in "Orlovska Misao" (Il pensiero delle Aquile) num. 9, 1927-28, pp. 123-126.

    [3] Cf. "Nedjelja" 21, 1930,

    [4] In "Križ", 5.V.1930.

    [5] Cf. "Nedjelja", 20, 17.V. 1931.

    [6] Prof. S. Šarić in "Katolički Tjednik" del 8.V.1932. - Il francescano dr. Kazimir Ivić, che aveva conosciuto personalmente Ivan Merz, a proposito della biografia di Kniewald scrisse: «Un mio amico molto colto, asceticamente orientato, direttore del ginnasio, mi disse il 4.VII.1932. che questo libro è una vera fortuna per il popolo croato e che potremmo sperare molto per l'avvenire della causa cattolica se esso fosse letto abbastanza. A me ha fatto l'impressione più forte di qualunque altro libro, e l'ho letto a lungo...». "Franjevački Vijesnik" 1933, num. 3, p. 81.

    [7] «Un'anima apostolica nella vita, nel lavoro e nella sofferenza, dai Vescovi proposto alla gioventù cattolica della Croazia come modello di vita illibata e del moderno apostolato dei giovani».

    [8] Nel Diario di Kniewald, al 12.VII.1935, p. 231, è descritto il contesto in cui ciò avvenne, cioè nel momento di una crisi interna dei Crociati e dopo la Lettera dell'arcivescovo Bauer e del coadiutore Stepinac sull'Azione Cattolica. Questa prevedeva l'autonomia delle singole organizzazioni dell'A.C., mentre i gesuiti volevano che i Crociati (il ramo maschile e quello femminile) rimanessero nell'ambito dell'Apostolato della preghiera, e a tal fine chiesero l'appoggio di Kniewald.

    [9] Cf. Kniewald, Diario, al 20.V.1940, p. 255; v. la lettera del p. Perica S.I, infra, 11.

    [10] Sac. Ivan Suić in "Nedjelja" 40, del 6.X.1940.

    [11] Il 28.IX.1944. Kniewald annota nel Diario: «La nuova biografia del dr. Merz, con i suoi scritti scelti, non va avanti. Passa da una tipografia ad un'altra, ma mi sembra che non sarà ultimata. La censura preventiva (Mahulka) ha eliminato la recensione di Le feu di Barbusse, con l'osservazione che potrà uscire "dopo la guerra"». (La recensione di Merz era già stata pubblicata in "Hrvatska Prosvjeta" 1, 1921, pp. 28-30).- Il libro Dr. Ivan Merz - Izabrani spisi (Dr. I.M. - Scritti scelti) esce nel gennaio del 1945 (cf. "Nedjelja" 2, del 21.I.1945). 

    [12] Stando all'elenco bibliografico redatto dal sac. Marin Škarica (cf. sopra, Cap. XIV, nota 4), il numero degli articoli su Ivan Merz apparsi negli anni 1928-1945 ammonta a 279!

    [13] "Katolički Tjednik" 20, del 14. V. 1944.

    [14] "Katolički Tjednik" 19, del 7.V.1944. L'articolo di fondo, come di solito, non è firmato. E' possibile che esso sia dovuto al redattore, Franjo Kralik, poiché Č. Čekada nell'estate del 1943 aveva cessato di scrivere sul settimanale.

    [15] Dopo l'attentato nel parlamento di Belgrado contro i deputati croati (20 giugno 1928) e la morte di Stjepan Radić (8 agosto), il re Alessandro Karađorđević il 6 gennaio 1929 proclamò la dittatura, abolendo la Costituzione del 1921 e sciogliendo il parlamento. In seguito furono proibite le organizzazioni che avevano nel programma l'attività ginnastica. Di fronte alla minaccia di scioglimento, nel dicembre del 1929 le Aquile formalmente cessarono di esistere; ma su proposta del p. Vrbanek fu costituita, nell'ambito dell'Apostolato della Preghieram, l'organizzazione dei Crociati, che l'arcivescovo Bauer approvò il 22 febbraio 1930. Nel frattempo il dr. Protulipac era in carcere, mentre la stampa massonica ("Novosti") sferrava l'attacco contro il "fronte cattolico". Quando poi il p. Vrbanek, direttore dell'Apostolato della Preghiera, assunse personalmente - davanti al Tribunale - la responsabilità per l'organizzazio­ne, questa fu riconosciuta anche dall'autorità civile. Ma la Compagnia di Gesù si attirò le ire del regime, al punto che nel febbraio del 1933 fu minaciata la sua esistenza. Intanto la gioventù delle Aquile entrò in massa nella nuova organizzazione. «Così fu salvato il più ideale movimentodella gioventù che il popolo croato abbia mai avuto» (P. Vrbanek, Vitez Kristov, p. 158).

    [16] Tra l'altro, nelle scuole elementari si insegnava ai bambini che il cardinale Stepinac era un criminale!

    [17] Perfino nel recentissimo Hrvatski Leksikon, vol. I (1996) e vol II (1997), pubblicato dunque nella Croazia libera, non hanno trovato posto i nomi come Dr. Rudolf Eckert, Milan Pavelić S.I., Kvirin Kl. Bonefačić, vescovo di Split, Miho Pušić, vescovo di Hvar, Dr. Avelin Ćepulić, Prof. Đuro Gračanin, i gesuiti Bruno Foretić, Stjepan Tomislav Poglajen, Ivan Kozelj, per citare solo alcuni del campo cattolico, che in una pubblicazione di questo genere non dovrebbero mancare. Non pensiamo che si sia trattato di una omissione volontaria, ma semplicemmente di una inavvertenza, spiegabile anche come conseguenza di quel silenzio "culturale" che per decenni era imposto alla Croazia dal regime comunista. Un esempio concreto: ancora nel 1972 le autorità comuniste sequestrarono l'almanacco cattolico "Danica" (Zagreb) perché in esso erano inserite le brevi biografie di Ivo Protulipac e di Marica Stanković!