c a p i t o l o  viii

 

CONTINUAZIONE DEGLI STUDI A VIENNA.

CATTOLICO IMPEGNATO

(novembre 1918 - ottobre 1920)

 

 

 

 

                                             B. dalla corrispondenza di merz

 

            Lettera di Ivan Merz a Mika Galkovski, Vienna, 5 giugno 1920.- Minuta in Arch. Merz.

                       

            Nella rivista "Luč", XV (1920), num. 12-13. p. 102, era apparsa una corrispendenza da Praga, a firma dello studente croato "Dujmović", in cui, in tono euforico, informa sull'atti­vità dell'associazione universitaria "Krek" e dell'accoglienza riservata a Praga agli studenti "jugoslavi". Tra l'altro scrive: «Qui noi sorbiamo il Jugoslavismo, non sappiamo più che cosa siano Sloveni, Serbi, Croati, ciò appartiene alla storia. La gioventù liberale jugoslava in massa passa nel campo comunista. Non conoscono e non capiscono il comunismo, hanno però perso la fede nei compagni di Pribičević... Non possiamo dire che Lenin non abbia influito anche sulla (associazione) "Krek"». Riferisce quindi come dopo una conferenza le loro giovani anime si erano infiammate contro il capitalismo, ed esprime la speranza che nel partito cattolico croato non ci sia posto per un solo capitalista. Segue un accenno al sacerdote Rittig: «I nostri competenti ancora dormono, ci vorranno ancora degli schiaffi da parte del Maestro (massone) Mihalić al sig. monsignore Rittig perché si svegli. Noi non possiamo essere forti finché i massoni non cominciano a bastonarci».  

            Poiché Mika (Nicola) Galkovski era redattore della "Luč", Merz gli inviò la seguente lettera di protesta per la pubblicazione della corrispondenza di Dujmović. Merz ne era rimasto sgradevolmente impressionato sia per il fatto che in essa veniva pubblicamente criticato un sacerdote (mons. Rittig), ma anche per il modo in cui si cercava di imporre ai cattolici lo "jugoslavismo" a scapito della coscienza nazionale croata. Meglio di certi cattolici "nazionali­sti jugoslavi", Merz si rendeva conto delle conseguenze negative dello "Jugoslavi­smo" integrale non solo per la coscienza nazionale croata ma anche per il cattolicesimo croato. Togliere dal cuore del popolo la coscienza croata significava, secondo Merz, creare l'anarchia nelle masse; del resto, lo jugoslavismo aveva già spinto nel campo comunista non pochi, che andavano recuperati. Ma ciò che preoccupava Merz di più era l'inversione dei valori: l'essere cattolico non doveva essere subordinato all'essere croato o jugoslavo, né lo jugoslavismo, allora imperante tra gli intellettuali, doveva essere forzato nel Movimento catto­lico, anche perché esso non poteva suscitare tra i Serbi un movimento cristiano analogo a quello cattolico croato. I cattolici potevano esercitare un benefico influsso sugli ortodossi soltanto indirettamente, vivendo il proprio cattolicesimo in modo radicale.  

 

            Caro Mika,

            Ho deciso di manifestarti la mia opinione circa la corrispondenza di Dujmović, uscita nell'ultimo numero della "Luč" (XV/12-13): Mi ha fatto una sgradevole impressione il fatto che in un foglio destinato agli studenti medi, che ha per fine in primo luogo la formazione culturale dei nostri più giovani, venga attaccata una personalità politica (Dr. Ritig) e così nel nostro movimento studentesco venga introdotta una nota partitico-politica. Per il movimento studentesco è del tutto indifferente che il Dr. Ritig sia ancora adesso orientato politicamente e culturalmente così come anche noi saremmo stati (orientati) 30 anni fa, e noi dobbiamo essere tolleranti tanto da rispettare le sue convinzioni nazionali e politiche, tanto più che sappiamo che egli è un sacerdote esemplare. Inoltre non è prudente inserire nella "Luč" corrispondenze ipernazionalistiche, tanto più che il nazionalismo tra noi è ancora un fattore così importante che potrebbe facilmente causare discordia nelle nostre file. Come prova, posso dirti che qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da uno dei nostri migliori uomini, il quale dice che fin da ora occorre prepararsi nel miglior modo alla celebrazione del millennio dell'incoronazione di Tomislav,[1] e che a questa celebrazione bisogna dare un carattere nettamente cattolico. Dujmović (invece) di nuovo getta la coscienza (nazionale) croata tra le vecchie masserizie come un fattore antiquato, e adotta come principio lo jugoslavismo. Per il nostro movimento l'essere Croato o Jugoslavo o qualcosa di simile non può mai essere un principio; entrambi i concetti sono ancora soggetti all'evoluzione. Inoltre non è opportuno introdurre lo jugoslavismo radicale nel nostro movimento, perché così favoriremo nella tribù[2] croata non organizzata il processo di decomposizione che ora notiamo. La virtù del popolo è il conservatorismo e togliergli dal cuore la coscienza croata, che era comune a tutti i membri di questa tribù, significa creare l'anarchia nelle masse del popolo. Lo jugoslavismo non si ottiene con il nome jugoslavo. Il nostro primo dovere è quello di favorire con le nostre organizzazioni la grande cristalizzazione dei cattolici, quale notiamo nei popoli civilizzati, in particolare dobbiamo anzitutto organizzare la nostra tribù croata (e per ora dobbiamo sottolineare questo essere croato, per ragioni tattiche, per organizzare di nuovo quelli che lo jugoslavismo ha spinto nel campo comunista) nelle nostre organizzazioni cattoliche culturali, economiche ecc.; solo quando tale processo sarà compiuto, anche il popolo come tale potrà prepararsi e educarsi per la nostra "missione provvidenziale" (come dicono i Krekovci) per l'Unione, che allora verrà da sé, automatica­mente. Forse passerà un secolo intero prima che le masse popolari arrivino a quel livello in cui si trovano oggi le nostre associazioni universitarie, le quali pure osano appena pensare all'unione delle Chiese: per ora non si può parlare nemmeno nell'ambiente cattolico di qualche attività più ampia. Che riusciremo a suscitare tra gli studenti universitari ortodossi un movimento analogo al nostro, ne dubito per varie ragioni. I protestanti infatti potevano tra i propri intellettuali creare un movimento, perché tra di essi ci sono dei protestanti religiosi e convinti, disposti a usare i mezzi più moderni per difendere la propria convinzione. Presso gli ortodossi le condizioni non sono analoghe. Il movimento protestante non è stato suscitato dai cattolici, bensì dagli uomini usciti dalle loro file, mentre noi vogliamo suscitare tra gli ortodossi un tale movimento, che si baserà sui dogmi della Chiesa Orientale. Noi stessi non crediamo in questi dogmi,[3] operiamo dunque sulle premesse errate. Se il movimento tra gli ortodossi non sorge da solo, così che essi vedano le opere meravigliose che da noi crea l'organizzazio­ne cattolica e comincino con un simile movimento, noi non potremo mai crearlo direttamente. Penso infatti, che il nostro lavoro per l'Unione possa essere solo indiretto, (cioè) che facciamo rinascere in Cristo la parte cattolica del popolo jugoslavo - dunque le tribù slovena e croata. Soltanto i frutti che si faranno vedere da noi, possono suscitare l'azione cristiana tra i nostri fratelli serbi. C'è ancora una ragione importante per cui è difficile pensare alla possibilità che oggi sorga un movimento cristiano tra gli Ortodossi: essi potrebbero fondare il proprio movimento sulla teologia protestante (per quanto mi consta, nelle loro scuole essi usano i manuali teologici protestanti), e il protestantesimo durante questa guerra ha vissuto una terribile catastrofe. «In einer einziger Woche haben sämtliche protestantischen Landeskirchen ihre Oberhaupter verloren», così che i Protestanti già pensano di introdurre la gerarchia come da noi, mentre la letteratura scientifica cattolica con la sua qualità negli ultimi tempi ha superato di molto quella protestante, così che i pensatori che volessero sul piano teorico creare l'ideologia del movimento ortodosso si troverebbero davanti all'alternati­va: il cattolicesimo o l'ateismo. Naturalmente è difficile fare profezie; potrebbe abbattersi come la bora qualche "Kultur­kampf", che potrebbe avere come frutto un certo movimento ortodosso. Si tratta di teorie molto complesse e noi non dobbiamo mai a causa di esse trascurare il cattolicesimo, che è per noi l'Alfa e l'Omega. Pertanto ti prego di essere in futuro più prudente nella pubblicazio­ne delle corrispondenze nazionalistiche (fossero esse esclusivamente croate o jugoslave) e di dedicare maggiore attenzione alla coscienza cattolica, che in noi deve raggiungere almeno quella altezza che la coscienza ebraica occupa negli Ebrei di tutto il mondo.

            Del resto, la "Luč" è particolarmente bella e in essa è proprio condensato l'entusiasmo per il movimento […].

            Vienna, 5.VI.1920.                              Ivan Merz

 

 

 


 


    [1] Il principe croato Tomislav (910-928) per la prima volta viene ricordato come rex Chroatorum nel 925, onde nel 1925 fu celebrato il millennio del regno croato.

    [2] Per la terminologia usata da Merz - tribù croata, slovena, popolo jugoslavo - si veda sopra, Cap. II, nota 77.

    [3] Evidentemente, in questo contesto il termine "dogma" non va inteso nel senso tecnico della parola, ma piuttosto esprimne alcuni atteggiamenti e credenze unilaterali della Chiesa ortodossa.