Capitolo V

 

ALL'UNIVERSITA' DI VIENNA (1915)

 

 

DOCUMENTI

 

 

B. Dalla corrispondenza di Merz col prof. Marakoviæ

 

                                                                           1

 

            Lettera del prof. Marakoviæ a Ivan Merz, Banja Luka, 6/8 giugno 1915. - Autografo. Arch. Merz.

 

            Caro Hans,

            E' domenica, dopo la Comunione, e colgo un po' di tempo per farmi sentire finalmente. Già da tanto, tanto tempo non Le ho critto, e chi potrebbe contare tutti i miei debiti. Eppure mi sono ricordato di Lei spessissimo. Specialmente nell'ultimo tempo, da quando Kuèiniæ mi aveva accennato qualche cosa di una certa lunga lettera che Lei avrebbe scritto a Debossens e a lui, in cui sembrerebbe che Lei avesse cambiato la sua fondamentale visione del mondo e della fede. Per dirLe la verità, è successo questo nella bottega del barbiere, e solo di passaggio ho potuto sentirlo, e poiché adesso regolarmente frequento il tennis, non ho potuto incontrare nessuno di loro per informarmi più dettagliatamente in merito.

            Però nella mente ho ruminato molto queste cose. Chi sa, che cosa e come hanno capito essi e che cosa ha scritto Lei. Tuttavia ho riflettuto molto. E, se vuol sapere il vero, non mi sono preoccupato molto, poiché io credo nella Sua evoluzione. Io credo infatti che qualunque cosa avvenga, da Lei infine tutto avrà buon esito. La serietà che finora ha dimostrato nelle più difficili questioni della vita, che poteva incontrare in questa età, mi garantisce che con la stessa concentrazione e con la stessa coerenza esaminerà, studierà a fondo, sperimenterà in sé tutto ciò che Le capiterà. E se nell'anima vi saranno momenti di buio, più luminosa sarà la via della luce, che alla fine certamente troverà. Certo non è lo stesso, se quello è vero o no, perché tali pietre levigate della vita non cambiano da un momento all'altro; forse anche se la prenderà con me per aver così facilmente creduto. Ap­punto per questo Le voglio dire  che nemmeno al primo momento ho voluto credere, e neanche ora. Tuttavia, tutto è possibile.

            In fin dei conti la vita è piena del vagabondare: sia che cerchiamo da una parte o dall'altra, dovremo sempre cercare, ma solo con questa differenza che da una parte cerchiamo la luce, all'altra nemmeno noi sappiamo che cosa cerchiamo. E poi, da questa parte noi già ora, almeno nei momenti privilegiati, possiamo vedere il raggio di quella luce, almeno noi che avvertiamo in noi quella scintilla di ricerca di Faust. Ho notato questo con gioia nella Sua ultima lettera che mi ha rallegrato molto con la sua bellezza: Lei è giunto al punto da non non accettare nulla senza pensare, e questo è la cosa principale.

            Così è ad esempio con Rodin. E' molto facile, in base alla filosofia cristiana affermare che la bontà, la verità e la bellezza sono una cosa sola, la stessa cosa, e come unità inseparabile e insostituibile è concentrata, realizzata, per così dire, in Dio. Quando l'uomo medita questo e da filosofo trae le conclusioni, questa verità appare così chiara e profonda che l'uomo deve provare la gioia in questa conoscenza fondamentale. Con ciò però non sono ancora nemmeno lontanamente risolti tutti i casi pratici e tutti i problemi della vita. Non si può al contrario, come spesso fa la critica, specialmente da noi, affermare difilato che ciò che non è buono, non è né bello né vero, oppure che ciò che è vero, è anche buono e bello, ecc. Io medito tutta la mia vita su questo e Le cito dal mio diario un brano, dove ho precisato fino a un certo punto alcuni pensieri e cognizioni in merito.

            «C'è una bellezza che non è buona, e c'è una bontà che è falsa; si dica cento volte che questa non è una vera bellezza  e una vera bontà, eppure è bellezza e bontà. Ed è un tormento orientarsi in questo. Certo, è un'altra cosa quando si tratta dei concetti metafisici di Bellezza, Bontà e Verità in Dio; qui però noi non abbiamo questi concetti, bensì le opere umane transitorie. E' falso il Rinascimento medio (pleine rennaissance), e si dica quel che si vuole delle opere di Raffaello e di Michelangelo, esse sono false, perché in esse non c'è un vero sentimento religioso, la vera vicinanza della Divinità, ma troppa umanità, troppo olezzo di quella terra da cui Dio ha creato l'uomo. Queste opere non possono condurre l'uomo direttamente a Dio, ma solo indirettamente, astraendo da esse ciò che è mondano, pagano. Eppure queste opere sono belle, anzi capolavori di bellezza. Io però percepisco chiaramente che sempre quando vivo una vita spirituale intensa, quando cerco di unirmi vitalmente a Dio e quando coltivo in me l'anima cristiana, non ho nulla da cercare in queste immagini (piene) di forza e supremazia umana; e non solo questo, ma cerco anche di evitarle in qualche modo. Qui non c'è quella viva e profonda fede di fra Angelico, di Giotto, di Dante, ecc. Eppure anche questa è un'arte, e bella e grande. Vi sono degli uomini che in queste opere vedono l'apice del sentimento religioso, ma secondo la mia opinione questa è la fede del XIX secolo, fede mediocre, fede "secondo il dovere", fede politica e organizzatri­ce, però non la fede del XX secolo, la fede che tende alla santità: in cui devi "essere perfetto". Quella è l'Ecclesia triumphans delle grandi Dispute di Raffaello ecc., però non è l'Ecclesia militans contro la carne, il mondo e il capriccio umano. E l'arte moderna poi? Quella grande libertà degli atti, quell'adorazione della bellezza assoluta! Non se ne può negare la bellezza; nessuno mai può dire che il corpo umano non è la creatura più bella e che il coprirlo non è mancanza di bellezza, dunque non puoi negare all'arte moderna la bellezza, e neanche la verità, eppure quest'arte, tutta quest'epoca non è buona. Non per questo è immediatamente cattiva, cioè il male assoluto, cattiveria, trasgressione. Ma il suo spirito non è buono, essa contiene in sé tutte le condizioni preliminari del male, la sua atmosfera è come una regione malarica che è bella e piacevole, e puoi in essa essere completamente sano, ma puoi anche ammalarti, per non guarire mai più. E' quindi inutile spezzare qui una lancia in favore dei sistemi e dei principi: da una parte ciò che è bello e ciò che è vero, e dall'altra parte ciò che è bello e buono e vero: l'arte sacra, l'arte dei santi e degli uomini che anelavano alla perfezione, o almeno che lavoravano in tale atmosfera.

            Quella possiamo guardare e attingervi degli stimoli per comprendere la bellezza, qualunque sia la sua fonte; questa invece dobbiamo amare e ad essa attingere la vita, l'anima  e la forza per affrontare le questioni della vita e della morte, del mondo e dell'universo. L'individualità forte s'impone sempre: è imponente l'audacia con cui Rodin pone sull'altare della vita la sensualità e l'istinto sessuale, si può dire, con un bel gesto: però questa è una ignobile menzogna verso la vita stessa, in cui tale istinto nemmeno da lontano gioca un ruolo così esclusivo e così supremo: questa esagerazione è falsa. Soprattutto è una menzogna in rapporto al regno dei pensieri, in cui il piacere sensuale è talmente secondario e subordinato, e la sua filosofia così superficiale e vana».

            Benché in questo mio estratto abbia voluto più o meno risolvere la questione, si tratta tuttavia soltanto di alcuni pensieri esposti alla rinfusa. Il sapere è eterno ed infinito, noi invece siamo così limitati. Se desidera, legga Sechs Morgen in Florenz, einfache Studien christlicher Kunst di Ruskin e Wanderbüchlein e Reisebuch di Jörgensen; può trovare tutto da Mayer, ma può averlo anche nelle biblioteche, è meglio però con un tale libro uscire in un mattino di sole, leggere e ragionare.

            Per comprendere gli autori anteriori a Raffaello, legga De la Sizeranne, La Peinture anglaise contemporaine e Miroir de la Vie, poi di nuovo Ruskin (in Sechs Morgen sono elencate le altre opere tradotte in tedesco). I Tedeschi per lo più hanno scritto male di questo, come in genere dell'arte... Quanto al ballo, non è vero che sia condannato dalla Chiesa, ma solo alcuni balli, tra cui non sono questi moderni (eccetto il Tango, che Pio X non ha proibito, ma lo ha sconsigliato). E' vero però, che molti fattori della Chiesa mostrano parecchia incomprensione di questo problema, il che ho sperimentato io stesso allorché iniziò la discussione sul ballo nel foglio "Za Vjeru i Dom" (Per la Fede e la Patria). Contro le loro asserzioni monastiche io avevo scritto un articolo storico-estetico sul ballo. Era un po' lungo e bello, ma essi senza dir nulla e senza restituirmi il manoscritto, lo hanno rigettato, sebbene nel loro foglio avessero offerto spazio per ogni opinione e discussione. Purtroppo, da ogni parte ci sono uomini che hanno paura della verità...

            Sotto la finestra il susino si tinge di verde, in camera le rose spandono fragranza, mentre splende il sole.

            «Luce, luce mia, che riempi il mondo, baci gli occhi e calmi il cuore, o luce!

            Ecco, danza nel cuor, diletto mio, la luce della mia vita; della mia corda, diletto mio, s'agita la luce d'amor e s'apre il ciel, il vento spira furioso, per il mondo avanza il riso.

            Sul mare della luce spiegano le vele le farfalle. Cresce il gelsomino e s'ergono i gigli tra le onde di luce.

            Su ogni nube, diletto mio, la luce getta l'oro e le gemme a profusione spande.

            Da una foglia all'altra, diletto mio, balza l'allegria e la gioia infinita. I suoi alvei lascia la celeste corrente, sorgono onde di gioia» (Gitanjali).[1]

            Molti cordiali saluti

                                                                                                                        Suo Dr. Lj. Marakoviæ

 

 

                                                                           2

 

            Lettera di Ivan Merz al prof. Marakoviæ, Vienna, 15/16 giugno 1915. - Autografo. Arch. Marakoviæ.

 

            Ivan deve avere ricevuto la lettera del Marakoviæ il 15 giugno (e non il 16, come si potrebbe dedurre dal diario del 18 giugno). Subito, durante la notte, egli rispose con la seguente lettera che per la prima volta viene ora pubblicata.

           

 

            Caro signor professore,

 

            «Le nuvole coprono il cielo; la pioggia cader non cessa. Io non so che cosa in me si desta, il Suo non conosco disegno. - ... Luce! Oh dov'è la luce? Accendila al fuoco ardente del desiderio di essa. Tuona, il vento urlando nel vuoto precipita. E' buia la notte, nera come la pietra. Nelle tenebre non lasciar passare le ore. Con la tua vita accendi la lampada d'Amore». (Gitanjali!).

            Penso che ogni uomo talvolta sperimenta questo. Terribili dubbi vogliono distruggere tutto l'edificio del mondo spirituale che con tanta fatica l'uomo si è costruito. Questa tremenda tempesta è felicemente passata e il sole è apparso in una luce finora mai vista. Solo adesso posso essere fiero che la mia ideologia[2] non l'ho presa dagli altri, ma l'ho conquistata da solo a gran fatica. - So che le lotte interiori non sono ancora finite, ma affronto tutti gli influssi cattivi esterni ed interni, perché sono convinto che ciò conduce al bene.

            Lei ha indovinato ritenendo che Kuèiniæ non ha capito del tutto la mia lettera. Quello era soltanto un ritaglio della mia vita spirituale d'allora, cioè avevo esposto i dubbi con cui dovevo combattere. D'altronde io stesso non vedo ancora chiaramente tutto ciò di cui gli ho scritto. Mi occupava, per non dire mi tormentava abbastanza il problema dell'amore (comune!). In proposito sempre penso al Bazarov e mi chiedo se esso non sia un puro fenomeno naturale. La ragione mi dice che non lo è, poiché dalla storia, dalla letteratura e soprattutto dall'arte popolare (Niebelungen Lied) risulta che esso è qualcosa di spirituale, il che è l'unico vero amore. Però questo è, per così dire, solo sulla carta, non lo sento vivamente come molte altre cose. Spiego l'amore così: L'anima del marito è incompiuta in un certo senso, mentre sotto un altro aspetto è più perfetta dell'anima della donna. (Al marito infatti manca "das Ewig-Weibleiche", e alla donna quella consapevolezza, combattività, che si potrebbe definire "Ewig-Männliche"!) - a causa di questa imperfezione l'uno tende all'altra, e questo desiderio è l'amore. E' interessante che ci siano molti poeti (specialmente Musset) che hanno condotto una vita immorale (specialmente con la Sand), eppure hanno creato delle poesie d'amore così sublimi. A questi poeti sembrava che il sentimento sensuale fosse mescolato con qualcosa di spirituale, con l'amore, mentre di fatto le loro poesie sono grandi perché esprimono solo quello che è spirituale ed eterno. Qualcosa di simile si sente considerando se stesso, almeno le parole di Goethe «Das Ewig-Weibliche zieht uns hinan» si verificano ogni giorno.

            Dopo questa introduzione mi sono alleggerito e posso ringraziarLa per la cara lettera. Molte cose mi hanno particolarmente rallegrato e interessato. Infatti sono stato contento di notare che sono pervenuto alle stesse conclusioni come Lei a proposito dei capolavori (d'arte). A dir il vero, non vi sono arrivato del tutto solo ma ho preso Ruskin[3] e queste parole mi hanno aperto nuove visuali sull'arte: «Viele der grössten Bilder, die wir haben, sind Rätsel, andere sind schönes Spielzeig, wieder andere gefährliche Genussmittel. Bei den lieblichsten finden wir oft Schwäche; in den grössten oft Schuld». Finora infatti non avevo mai pensato che molte immagini di un Raffaello, Tintoretto, Vinci ed altri con tutta la loro arte sono piene di peccato. Anzi l'opera più profonda di Raffaello, la "Sistina", non è in sé così buona - anche se è più perfetta - come la semplice "Beata-e Beatrix" di Rossetti. Questo non vale solo per la pittura, ma anche per le altre arti, e sono arrivato alla conclusione che Raffaello non è il culmine dell'arte religiosa, ma che verrà una volta un artista che avrà le doti artistiche di Raffaello ma che sarà santo - anzi un Santo - che saprà che cosa significa comunicare con Dio, cercare l'estasi e in dati momenti immergersi in essa. L'artista dev'essere un essere superiore, un eletto...

            La ringrazio per il consiglio riguardante i libri. Come vede, ho già dato uno sguardo a Ruskin, ma non l'ho ancora approfondito, perché mi sono stancato studiando il latino; si dice che avrò l'esame il 6 luglio. So poco, ma sono consapevole di aver fatto il possibile. Mi sono occupato un po' della lirica francese da Cahateaubriand fino a Gautier (Romanti­smo!). Ho frequentato infatti le lezioni di Becker. Una settimana fa sono stato a Pilsen da mio zio. Mi ha fatto vedere grandi cannoni e vari altri congegni bellici. Gli operai nel sudore della loro fronte fabbricano questi cannoni giganti; impiegano e esauriscono le loro forze per niente. Visitando varie fabbriche ho pensato come si potrebbero con questo materiale fabbricare buoni aratri. Sono tornato a Vienna, probabilmente è rimasto lì almeno un pezzettino del mio cuore, "a causa di...vous comprenez!"

            (Cita quindi alcuni versi di Musset)

            E se già parlo di un soggetto così romantico, non devo tralasciare di arrabbiare i filistei. Ci sono infatti dei cosiddetti cattolici che non rifiutano soltanto il ballo, ma anche il teatro e le arti figurative.[4] Per loro il "lavoro scientifico" è tutto, tutto il resto è una sciocchezza. Questi fanno arrabbiare più che i nemici aperti; sono più pericolosi per noi e penso che in buona parte sono la causa per cui il mondo non cattolico della cultura non ci capisce; ci deridono per causa loro, dicendo che siamo retrogradi, che non abbiamo senso per il bello, e sempre dicono che siamo tetri, di malumore. Oh se sapessero quanta gioia è in noi, come ci rallegriamo delle "melodie della Sua musica", della natura, delle virtù, della Comunione ed altro, ci invidiebbero. Questi nostri filistei invece sono purtroppo sempre tetri; ... E' notte, la mezzanotte è passata da tempo....

            (Scrive quindi di un suo lavoro su Turgenjev, di 40 pagine, che ha mandato alla rivista "Luè". Vedi sopra, Diario, 15 aprile 1915).

            A Vienna non si parla più molto della guerra. Tutti vorrebbero pace e pane. Il carovita è grande. Si dice che la messe sarà buona. A me interessa più la messe spirituale: se l'umanità con questa guerra sarà almeno un po' rigenerata, se da questo sangue nascerà qualcosa di grande!?

            «Car sur la fleur des pains et sur la fleur des vins

            Fruit de la force humaine en tous lieus répartie,

            Dieu moissonne et vendange, et dispose à ses fins

            La Chair et le Sang pour le calice et l'hostie». Sagesse (Verlaine)

 

            L'unico mio desiderio è che dopo questa guerra gli uomini si mettano ai «tavoli del desiderio sempre pieno», come Novalis dice nell'Inno,[5] e che dirigano tutte le loro aspirazioni all'unica meta alla quale tutti gli uomini devono tendere. Possiamo sperare un po'; già ho visto parecchie cose commoventi.

            E' tempo di finire e di mettermi a letto; ci sarebbero ancora molte cose da dire, ma questo per un'altra volta, o - Lei tanto già sa in anticipo come la penso, e almeno finora non si è sbagliato.

            Molti cordiali saluti da Hans

 

 

                                                                                                                                                    


 


    [1] Poesie del grande poeta indiano Rabindranath Tagore.

    [2] "Ideologia" nel senso di "visione del mondo".

    [3] John Ruskin (1819-1900), critico dell'arte e sociologo inglese; sull'architettura e la pittura ha scritto, tra l'altro, Modern Painters e Stones of Venice.

 

    [4] Cf. Diario, 18 febbraio 1915.

    [5] Novalis (Leopold v. Hardenberg) (1772-1801), poeta mistico del Romanticismo tedesco, autore degli Hymnen an die Nacht.