C a p i t o l o  II

 

MOVIMENTO CATTOLICO CROATO

 

 

            Nel precedente capitolo abbiamo dato uno sguardo alle condizioni politiche nelle terre croate verso la fine del secolo XIX e nelle prime decadi del secolo XX. Tenendo presente questo quadro generale, presentiamo ora in sintesi la nascita e lo sviluppo del Movimento cattolico croato.[1] 

 

PRIMA  PARTE

 

 

            1. I primi passi del Movimento cattolico croato.

 

            Il 4 aprile 1904 ebbe luogo a Rijeka un incontro riservato di alcuni intellettuali cattolici croati con mons. Anton Mahnić, vescovo di Krk (Veglia).[2] Uno dei presenti, dr. Velimir Deželić senior, ha preso degli appunti sul corso della conversazione che non sono stati finora pubblicati.[3] Conviene iniziare il discorso sul Movimento cattolico croato trascrivendo le parole del vescovo Mahnić sulla situazione religiosa del momento nelle terre croate. Deželić scrive:

            «Il vescovo di Krk, dr. Anton Mahnić, uomo del Carso, ha una faccia seria come se tra sé meditasse, come se fosse preoccupato per il suo gregge e per tutto il popolo; è di poche parole, però quando comincia a parlare conquista, perché parla in modo ponderato, concreto, profondamente convinto e incoraggiante (...). Ci ha salutati, ci ha benedetti e in modo particolare si è rivolto a noi laici:


 

            «All'inizio del primo numero della nostra "Hrvatska straža" (La sentinella croata) ho pubblicato un articolo sulla vocazione dei laici cattolici oggi - perché di tutte le risoluzioni adottate dal Primo congresso dei cattolici croati a Zagreb di quattro anni fa ritengo la più importante quella riguardante i laici cattolici.[4] Più che mai la Croazia ha bisogno della collaborazione dei laici cattolici nella vita pubblica.

            E' un gran male di cui soffre la nostra epoca, che in tutti i settori dell'attività pubblica siano stati abbandonati i principi cristiani. (Dopo aver accennato alle conseguenze della Riforma e poi alla Rivoluzione francese, continua:) Il vero figlio della rivoluzione è il moderno liberalismo il cui principio fondamentale è che la vita pubblica deve liberarsi di qualsiasi influsso della religione.

            Possiamo dire che in Croazia le cose stanno ancora bene se si paragona con altri paesi: la Costituzione garantisce alla religione una degna posizione, l'esercizio della religione  è libero, il governo del paese restaura e mantiene gli edifici di culto, dove è legato dal diritto di patronato, anzi l'insegnamento della religione è materia scolastica. - Sono però tristi e sempre più tristi le condizioni dei fedeli non colti, di quelli colti e, purtroppo, anche dei circoli ecclesiastici.

            In meno di sette anni sono emigrati in America centomila Croati, e nelle loro terre si stabiliscono i Tedeschi e i Magiari e nelle masse del popolo introducono il forestierume, il protestantesimo, l'indifferentismo verso la religione e la patria nonché il rilassamento morale. L'intellighenzia era già imbevuta di liberalismo modernistico, mentre le nuove generazioni che tornano dalle università straniere rigettano sistematicamente ogni riferimento alla storia ("historizam") e alla tradizione ("tradicionalizam") e, nonostante le grosse parole affascinanti, producono troppi cinici, maligni, carrieristi e pagnottisti.

            I moderni realisti, i progressisti alienano dai principi cristiani l'arte, la scienza, la sociologia, la politica e ogni pensiero, desiderio ed azione dell'uomo. Essi entrano in tutti i settori della vita pubblica, e la vita pubblica d'oggi è nelle mani dei laici - perciò i laici cattolici sono chiamati ad assumere il compito di riparare, rinnovare e cristianizzare la vita pubblica in Croazia. (...) C'è già un notevole numero di nostri intellettuali che non esitano a mostrare il proprio pensiero anticristiano; ci sono molti che nell'intimo sono ancora cristiani, ma i loro orecchi sono abituati ad ascoltare le dottrine atee dei nuovi profeti e non osano dire una parola, a fortiori non osano difendere la propria convinzione.

            I cattolici convinti non devono tacere! Ho detto: più che mai la Croazia ha bisogno della collaborazione dei laici nella vita pubblica. Si tratta di una questione vitale per noi! I laici poi hanno anche ragione di non lasciare la difesa della visione cristiana del mondo unicamente agli ecclesiastici, perché sono in questione gli interessi delle loro famiglie, dei loro figli e nipoti».

            Dopo uno scambio di idee il vescovo continuò:

            «E' misera la situazione attuale dei Croati, e ancor più misera sarà in futuro, con la gioventù di liberi costumi senza saldi principi. E' di importanza decisiva procedere immediatamente all'attuazione della risoluzione del Primo congresso dei cattolici croati a Zagreb e della proposta dell'eccellente cattolico professore universitario dr. Kosta Vojnović:[5] occorre riunire i giovani universitari nelle associazioni e leghe cattoliche».

 

            Il quadro della situazione religiosa in Croazia disegnato dal vescovo Mahnić veniva completato dal suo sacerdote Ivan Butković:[6]

            «Con la rivista "Hrvatska misao" (Il pensiero croato) che gli studenti croati espulsi dall'Università di Zagreb (nel 1895) avevano cominciato a pubblicare a Praga nel 1897, ebbe inizio la derisione dei nostri più grandi valori sacri nazionali e religiosi: vi si parla del diritto statale croato e dei documenti storici (scritti su pergamene) come di "pelli d'asino"; la s. messa, i riti religiosi e le processioni sono chiamati "orge della superstizione"; il loro poeta (Silvije S. Kranjčević) viene esaltato perché "oltraggiatore degli dei ed idoli"».

            Butković quindi raccontava come nel dicembre 1902 a Vienna, dove per volontà del Mahnić studiava filosofia, aveva prospettato al proprio vescovo la fondazione di una associazione universitaria cattolica croata, ma tra gli studenti dell'associa­zione già esistente "Zvonimir", di cui egli stesso faceva parte, non aveva trovato nessuno che aderisse al suo invito. Trovò invece altri due laici (Milan Maraković, fratello di Ljubomir Maraković di cui si parlerà più avanti, e Matija Divić) nonché due studenti sacerdoti (Kamilo Dočkal e Josip Frančišković) con i quali il 12 maggio 1903 fondò l'associazione accademica "Hrvatska" (Croazia). Si adoperò pure perché una analoga associazione venisse fondata a Zagreb, ma da lì non ebbe risposte incoraggianti; tuttavia sperava che dalla Congregazione Mariana per gli universitari, che i Gesuiti stavano fondando, si sarebbero poi reclutati anche i membri della futura associazione accademica laicale.[7] Questo fu il granello di senape del Movimento cattolico croato.

 

            Nell'incontro di Rijeka si discusse anche della stampa cattolica esistente ("Hrvatska straža", "Katolički list", "Kršćanska škola", "Vrhbosna", "Glas naroda" e "Prosvjeta") nonché di un quotidiano cattolico da fondare, da contrapporre all'"Obzor" troppo liberale. Sul tappeto fu anche la questione di un Partito politico cattolico. Il focoso dr. Fran Binički[8] era per la creazione di un tale partito, perché - diceva - «i politici laici cattolici non saranno creati dal nulla. Nuotatori senz'acqua! Politici senza partito!» Il sacerdote Seigerschmied di Zagreb, invece, premettendo che la questione era già stata discussa a Zagreb e che l'arcivescovo stesso (Posilović) era contrario alla creazione di un tale partito mentre non abbiamo ancora dei politici cattolici laici, si pronunciava per la creazione di «un Club cristiano fuori dei partiti, nel quale i politici e i deputati del Sabor, ciascuno indipendente­mente dal proprio partito, sosterranno nei singoli casi il punto di vista cristiano, poiché sappiamo che in ogni gruppo politico ci sono dei buoni fedeli. Crediamo di poter contare spesso anche sulla collaborazione degli ortodossi». - «Ottimista!» - commentò Binički.

            In conclusione, i presenti si costituirono subito in una "Lega" che si assunse il compito di fondare nelle singole città della Croazia, Slavonia, Dalmazia, Istria, Bosnia ed Erzegovina e dovunque si trovino i Croati, delle "cellule" di tre-cinque membri, possibilmen­te laici, che saranno collegate tra loro per coordinare il lavoro. Il centro sarà presso la rivista "Hrvatska straža". Questa avrà un'appendice per i giovani "Omladinski prilog", che sarà redatta dal sac. Fran Binički, mentre il sac. Ivan Butković penserà ad accelerare la fondazione di una associazione universitaria cattolica a Zagreb. Infine Matija Seigerschmied continuerà i preparativi per la pubblicazione di un quotidiano cattolico ("Hrvatstvo") nonchè per la fondazione di una Società cattolica tipografica per azioni. Così il Lunedì di Pasqua del 1904 venivano poste le fondamenta del Movimento Cattolico Croato.[9]

 

            Il 2 maggio 1904 usciva il primo numero del giornale cattolico "Hrvatstvo" che nell'articolo di fondo, scritto da Velimir Deželić sr., si proponeva di resistere con tutte le forze allo spirito non cristiano e ateo che i nemici della fede sempre più diffondevano nel popolo, e di lavorare affinché tutti i settori della vita pubblica fossero rinnovati in Cristo, senza con ciò toccare i diritti di altre religioni. Tra gli obiettivi del giornale c'erano anche la difesa del diritto del popolo croato all'unificazione delle sue terre, la promozione del suo benessere economico, l'autonomia finanziaria e l'introduzione del diritto di voto universa­le.[10]

            Nell'ottobre 1905, l'associazione "Hrvatska" di Vienna cominciava a pubblicare il periodico "Luč" (Fiaccola) per la gioventù studentesca croata. La redazione era in mano al sac. Butković e al giovane studente di filosofia Ljubomir Maraković, mentre il periodico veniva stampato a Krk.[11] Il 21-22 agosto 1906 ebbe luogo il primo incontro studentesco a Trsat, che diede impulso alla creazione dell'associazione studentesca di Zagreb, denominata "Domagoj" (9 novembre 1906). Anche in questa impresa il ruolo principale fu svolto dal sac. Butković, venuto appositamente da Vienna.

 

            Non appena cominciò ad uscire il quotidiano "Hrvatstvo" e dopo le prime fondazioni di associazioni cattoliche, specialmente dopo quella di "Domagoj", da tutte le parti iniziarono aspri attacchi contro i "clericali, papisti, ultramontani, ombre nere di Loyola", e fu creato un nuovo termine per i "clericali": "furtimaši".[12] I progressisti pubblicavano diversi periodici, oltre la già menzionata "Hrvatska misao": "Jadran", "Mlada Hrvatska" (onde il termine "mladohrvati"- "Giovani Croati"), "Život", "Pokret"; ed erano appoggiati da "Novi list" (Rijeka) di Fran Supilo e da "Obzor" (Zagreb), sul quale ad es. si poteva leggere: «A poco a poco il cattolicesimo romano quasi scomparirà, esso è già una mummia senz'ani­ma».[13]

            Intanto la giovane pianta del Movimento cattolico si sviluppava tra gli studenti. Al raduno degli studenti delle medie a Split, nell'agosto 1909, presero parte ben 800 ragazzi. In quell'occasione, su proposta del sac. Butković, fu deciso che l'associazione "Domagoj" curasse la pubblicazione di un periodico per gli studenti delle scuole medie inferiori. Il primo numero del foglio "Krijes" (Il falò), redatto da Velimir Deželić jr. usciva già il 16 ottobre dello stesso anno.

 

            2. "I giovani del nuovo orientamento sociale".

 

            Ai primi di settembre 1909, sedici studenti universitari croati - tra cui Petar Rogulja,[14] Rudolf Eckert,[15] Velimir Deželić jr.,[16] Petar Grgec[17] - furono ospiti a Sveti Jošt (Slovenia) del sociologo e uomo politico sloveno sac. dr. Janez Krek,[18] per un corso sulla questione sociale. Come risulta dagli appunti di Velimir Deželić jr,, i presenti rimasero conquistati dalle idee di Krek, il quale, partendo dall'analisi della misera situazione in cui si trovava il popolo, insisteva sulla necessità di affrontare concretamente i problemi sociali. Si parlava di quelli del mondo contadino, della questione operaia, dell'educazione sociale della gioventù. Secondo Krek, troppo poco si contava sulla forza vitale delle larghe masse del popolo quando si diceva: siamo troppo piccoli e impotenti. I fratelli Radić hanno capito la forza del popolo e da essi bisogna imparare come avvicinare il mondo contadino e in genere il popolo. Krek tra l'altro osservava: Bisogna studiare le rivoluzioni, e non semplicemente condannarle. Non sono solo i popoli e le "classi inferiori" a fare rivoluzioni -le rivoluzioni vengono preparate dai governanti: Non solo gli oppressi - ma gli oppressori!... La prossima rivoluzione sarà una rivoluzione sociale!

            Quei giovani, che lo stesso Krek aveva chiamato «i giovani del nuovo orientamento sociale», a differenza di tanti loro coetanei, sotto l'influsso di Krek si erano convinti che l'unità politica del popolo, che anch'essi desideravano, non avrebbe risolto i più importanti problemi sociali ed economici, e che era l'ultimo momento per cominciare un concreto e sistematico lavoro sociale. Già durante l'inverno 1909-1910 Petar Rogulja e Marko Rebac passarono sei mesi a Ljubljana per studiare le organizzazioni sociali, culturali e politiche degli Sloveni. Eckert, terminato il terzo anno di studi giuridici (1909/10), dopo un viaggio in Bosnia ed Erzegovina, si recò a Osijek per assistere al raduno della gioventù studentesca. Tremila tra universitari e soprattutto studenti delle scuole medie erano ormai uniti in una Lega. Nell'agosto Eckert raggiunse Rogulja a München-Gladbach, sede del "Volksverein für das katholische Deutschland", fondata da Ludwig Windthorst (1812-1891). Impressionato dell'attività dei cattolici tedeschi, nella lettera alla zia e alla madre comentava: «Come noi siamo rimasti indietro! E per di più stiamo in ozio, non lavoriamo, rubiamo i giorni a noi stessi e alla patria! […] Qui mi si è aperta una nuova visuale sull'ordinamento di uno Stato moderno e della società. Se Dio vuole, anche noi studenti cattolici croati con l'aiuto di Dio lavoreremo così».[19] Il 7 agosto, con i partecipanti al corso sociale, Rogulja, Eckert e Vlado Šprajcer fecero una visita a Steyl nei Paesi Bassi; il 21 agosto gli studenti croati erano a Köln, quindi passarono nel Belgio. A Louvain, il 25 agosto assistettero alla prima messa del gesuita croato Miroslav Vanino che avremo occasione di incontrare più avanti. Dopo aver visitato la sede della Lega contadina (Boerenbond) a Louvain e il paese-modello Ter Banck, Bruxelles e Liège, tornarono in patria.

            «Ho visto la vita, il lavoro, la lotta, il progresso di due popoli culturalmente avanzati - scriveva Eckert. - Ci aspetta la lotta, aspra e difficile. […] A che punto siamo noi? In che cosa vengono spese le energie del popolo croato? I nostri partiti borghesi parlano con entusiasmo del popolo, sono esaltati dalle splendide idee e progetti, mentre il corpo ferito del popolo sempre più sanguina e cade non avendo in sé forza. - C'è però ancora speranza. Ancora i figli dei Croati sentono in sé la forza avita che ha potuto resistere per secoli. Nella generale confusione s'intravede un piccolo ma forte e audace drappello, che coraggiosamente marcia avanti e apre nuove vie alla libertà nazionale, e sul suo vessillo sta scritto: Per la fede e la patria!»

 

            Il periodico dell'associazione accademica croata "Hrvatska" di Vienna, "Luč", con il primo numero dell'anno accademico 1910/11 apriva la rubrica per la sociologia e l'economia nazionale, affidata a Rudolf Eckert, il quale scriveva:

            «E' passato il primo lustro da quando esiste e prospera il Movimento cattolico tra gli studenti croati. Abbiamo felicemente superato il primo stadio della fondazione ed integrazione della nostra organizzazione; ora inizia il secondo stadio. E' stato deciso di dedicare una parte della rivista "Luč" alla sociologia e all'economia nazionale. Per il difficile ed enorme lavoro, come quello (richiesto) dalla questione sociale, occorre per tempo prepararsi con coscienza, studiando a fondo la società umana e tutti i fattori che influiscono sulla vita e lo sviluppo della società.

            Il lavoro sociale è il miglior lavoro per il popolo. Per il lavoro occorre l'amore e l'entusiasmo, volontà ed energia, spirito di sacrificio e perseveranza e soprattutto scienza. Bisogna conoscere le leggi che stanno alla base della società, il rapporto dell'uomo verso Dio, verso la comunità, verso se stesso; qui si pongono delle domande molto difficili: da dove il diritto e il dovere, da dove l'autorità sociale, (quale è) lo scopo e il fine ultimo dell'operare umano. Tutto ciò appartiene all'etica, quindi proprio l'etica è il fondamento della sociologia, e qui abbiamo per guida la Parola di Dio e l'infallibile Vicario di Cristo.

            Dobbiamo studiare l'anatomia e la biologia di questo grande e complesso organismo che si chiama la società. Dobbiamo conoscere l'anima e la vita del popolo croato, i suoi pensieri e desideri, virtù e vizi, necessità e sofferenze, e al tempo stesso dobbiamo imparare dagli altri popoli più avanzati come bisogna far fronte alle necessità sociali. Non dobbiamo però essere semplici copiatori e senza critica trasportare nella nostra patria ciò che fanno gli altri. Altro è il Croato e altro il Tedesco - l'Inglese - il Francese, e spesso ciò che sta bene a loro, per noi non va bene, e viceversa. Dobbiamo quindi stare attenti al nostro carattere, per conservare la nostra individualità e autonomia».

            Così scriveva Eckert che aveva superato il romantici­smo del patriottismo croato, caratteristico per la maggior parte della gioventù studentesca croata e di quasi tutti i politici e scrittori di allora.[20] Oltre agli articoli sui problemi sociali pubblicati nella rivista "Luč", in tutte le organizzazioni degli studenti cattolici si tenevano cicli di conferenze sulla questione sociale, si visitavano le fabbriche e si teneva corrispon­den­za con la gioventù contadina. La "Luč" riporta articoli documentati sulle condizioni del mondo rurale nelle singole regioni croate. Petar Rogulja scrive solidi studi sulla problematica sociale, culturale e religiosa nella Bosnia ed Erzegovina. Iko Jelavić informa sulle difficili condizioni dei contadini in Dalmazia, dove la popolazione in dieci anni (1890-1900) è scesa da 620.000 unità a 590.000, nonostante il grande tasso di natalità (il più grande nella Monarchia).

            L'entusiasmo degli studenti cattolici croati per il lavoro sociale, soprattutto per le cooperative, non piaceva agli ambienti che avevano ereditato la mentalità feudale. Eckert e i suoi compagni, nella "Luč" del 1910-1911 condannavano i resti del feudalismo e il capitalismo, esigendo sulla base del solidarismo cristiano la riforma della società sul piano giuridico, sociale ed economico.[21]

 

            Nel frattempo il Movimento cattolico era progredito e si diffondeva così che il sac. Butković, nell'aprile 1909 poté affermare: «L'ondata del movimento cattolico è già penetrata nei cuori della gioventù croata troppo profondamente per poter essere annientata da qualche forza».[22] Erano sorte le organizzazioni degli universitari anche a Graz, Innsbruck, Budapest, Praga. Gli studenti di teologia delle diverse città avevano le loro associazioni (Zborovi). Nelle scuole medie si organizzavano le Congregazioni Mariane. «La parola "organizzazione" era in quel tempo sulla bocca di tutti» - scrive V. Deželić.[23] Gli studenti cattolici avevano la rivista "Luč" e per la gioventù femminile "Proljetno cvijeće"  (Fiori primaverili) (1908). Le organizzazioni cattoliche degli studenti medi delle diverse città (Zagreb, Karlovac, Osijek, Požega, Zadar, Split, Dubrovnik, Kotor, Sinj, Mostar, Travnik) pubblicavano i loro foglietti poligrafati.

            Naturalmente, a questo movimento non erano risparmiati gli attacchi non solo dei progressisti, ma anche di quelli che erano chiamati "progressisti numero 2", cioè i "Giovani Croati" intorno al foglio "Mlada Hrvatska" (La giovane Croazia), di tendenza liberal-nazionalista. Questi ultimi rimproveravano ai cattolici organizzati di creare il dissidio tra i cattolici e i musulmani, con il conseguente indebolimento del fronte nazionale, il che non era vero, poiché - come veniva risposto dalla stampa cattolica - lo scopo del movimento cattolico non era quello di far proselitismo tra gli appartenenti alle altre religioni, ma di distinguere i "veri cattolici" da quelli puramente nominali.[24]

            Tuttavia lo sviluppo relativamente rapido delle organizzazioni cattoliche rischiava di comprometterne la solidità interna. Eckert se ne rendeva conto, perciò nella "Luč" del dicembre 1910, dopo aver constatato che il Movimento cattolico contava un centinaio di universitari organizzati, oltre ad un bel numero di "seniori" delle associazioni "Hrvatska" e "Domagoj", e che la maggior parte della gioventù cattolica delle scuole medie era nella Lega degli studenti cattolici croati ("Hrvatski katolički đački savez"), avvertiva:

            «Questi successi non devono indurci in errore. Fi­no­ra abbiamo aperto la via e fondato organizzazioni una dopo l'altra, abbiamo cercato e lavorato perché i principi cattolici fossero il criterio secondo cui ordinare la vita pubblica e privata. Adesso ci attende un lavoro ancor più difficile - dobbiamo perfezionare i singoli membri, affinché siano uomini completi, individui forti, moderni, progressivi nel vero senso della parola, ma impregnati dello spirito dei primi cristiani. Ritengo un segno di progresso che questo pensiero si fa notare quasi dapertutto nelle nostre organizzazioni, quindi mi limito a ripetere le parole di uno dei fondatori dell'organiz­zazione studentesca cattolica, il compagno Butković: "Non è per noi una esigenza della ragione di andare spesso là dove i nemici non ci vogliono, di nutrirsi del Pane vivo, questo pegno della pace e dell'eterna beatitudine?... Più vicini alla fonte!" Sì, questo ci darà la forza e fortificherà il carattere. Il nostro motto è rinnovare la Croazia in Cristo, e il miglior modo per farlo consiste nell'essere strettamente uniti a Lui, fonte della verità e carità, della forza e vi­ta».[25]

             

            3. Il Movimento cattolico e la politica croata.

 

            Come si è visto sopra, i promotori del Movimento cattolico volevano creare le strutture che aiutassero la formazione di laici cattolici, i quali poi avrebbero contribuito alla ricristianizzazione della vita pubblica croata. Le associazioni universitarie "Hrvatska" (Vienna) e "Domagoj" (Zagreb), secondo lo Statuto, avevano per fine di coltivare il senti­mento religioso e nazionale, la scienza e l'arte nonché la vita sociale tra i membri. Ciò era espresso anche nel motto della "Luč": "hrvatstvo, katoličanstvo, demokraci­ja" (l'essere croato, cattolico, democratico).

            Fin dall'inizio si era pensato ad un quotidiano cattolico politico ma non partitico, che di fatto fu fondato ("Hrvatstvo"). Bene accolto sia dal vescovo Mahnić che dall'arcivescovo di Sarajevo Josip Stadler, il giornale era riuscito ad affermarsi per qualche tempo; ma invece di rimanere al di sopra dei partiti, era finito col sostenere le idee di un solo partito, quelle del Partito "puro" del diritto ("Frankovci"). Finalmente nel maggio 1910, gli uomini del "Hrvatstvo" fondarono il Partito cristiano-sociale che nel settembre successivo si fuse con il partito di Frank; così il giornale "Hrvatstvo" cessò di uscire, rimanendo quello di "Hrvatsko pravo" (che cambiò il nome in "Hrvatska") dei "Frankovci".

            Ancor prima, il valente giornalista Oton Szlavik era uscito dalla redazione del "Hrvatstvo" ed aveva cominciato a pubblicare (8 febbraio 1908) un nuovo giornale, "Jutro" (Il mattino), proprietario del quale era la società cattolica "Pijevo društvo" (Società di Pio). La maggior parte dei membri del "Domagoj" si misero dalla parte di Szlavik, mentre gli studenti di teologia di Zagreb rimasero con il "Hrvatstvo", dando così l'impressione che la gioventù eccle­siastica e quella laica si fossero divise. Ancora una volta si fece sentire il sac. Butković, interprete del pensiero di Mahnić, invitando alla conciliazione: il "Hrvatstvo" rimanga un giornale politico, in attesa di diventare, quanto prima, l'organo di un vero partito politico croato; il "Jutro" invece si adoperi affinché venga fondata la Lega dei deputati cattolici, della quale poi sarà l'organo. E agli studenti cattolici Butković indirizzava l'invito: «Diffondiamo "Hrvatsvo" e "Jutro" e "Pijevo društvo" e così il nostro lavoro sia una costante protesta contro le loro contese » ("Luč" IV, num. 5 - XII.1908).[26] Il tentativo conciliativo di Butković non ebbe successo. Szlavik tuttavia nell'articolo "Per un centrum cattolico" suggeriva la creazione di un Club interpartitico dei deputati cattolici, con lo scopo di contrastare gli attacchi dei progressisti. Tutto rimase lì, sul piano delle idee, perché mancavano uomini capaci e disposti a mettere in atto una tale organizzazio­ne.[27] Con il passaggio di Szlavik al "Grazer Volksblatt" (Graz) anche "Jutro" cessò di uscire (1910).

            Quando il quotidiano cattolico "Hrvatstvo" venne meno, consegnando i nomi dei suoi abbonati al "Hrvatsko pravo", gli studenti cattolici - che in passato (ad eccezione della breve parentesi del "Jutro") avevano appoggiato "Hrvatstvo" - si distanziarono dai partiti politici con la dichiarazione del 10 ottobre 1910, secondo la quale l'associazione degli studenti cattolici croati «è un gruppo di carattere puramente culturale, che ha il compito di educare i propri membri nello spirito cristiano e croato, coltivarli e prepararli per il lavoro nel campo economico e culturale, affinché come uomini di carattere possano un giorno con il loro lavoro concreto offrire al proprio popolo croato il necessario aiuto; di conseguenza lo sviluppo delle situazioni politiche nella vita pubblica e il loro cambiamento non può provocare alcun muta­mento nelle nostre file», che rimangono aperte ad ogni studente cattolico. In tal modo era salvata l'unità del movimento cattolico. Lasciati dal "Hrvatstvo", gli studenti cattolici - universitari e quelli delle scuole medie - sentivano il bisogno di stringersi ancora di più introno al vescovo Mahnić, che con la sua "Hrvatska straža" offriva più di tutti gli altri periodici.[28]

            Quanto Mahnić fosse stimato e amato dalla gioventù cattolica si poteva vedere in occasione del suo 60E genetliaco, che essa volle ricordare con accademie: a Vienna nell'organizza­zione del club croato "Hrvatska" e di quello sloveno "Danica", e a Zagreb per interessamento del "Domagoj". Da tutte le parti il vescovo ebbe calorose manifestazioni di devozione dei suoi giovani amici, ai quali egli rispose con una lettera pubblica, nella quale rivelava che il giorno scelto per le celebrazioni (8 dic. 1910) egli era sulla tomba di S. Pietro a Roma a pregare per loro. Fu quindi ricevuto in udienza da Pio X:

            «Ossequiai quindi il successore di Pietro Pio X, e quando cominciai a parlargli della vostra organizzazione studentesca, dei vostri periodici, delle riunioni, del vostro nobile zelo nella Chiesa, dell'ubbidienza all'autorità ecclesiastica, quando gli dissi che molti di voi sono iscritti nella Congregazione mariana e gli rivolsi la rispettosa domanda: Padre Santo, voglia benedire questo esercito di giovani soldati cattolici in cui il mio popolo ripone la sua speranza e fiducia, li confermi perché rimangano fedeli al vessillo sotto il quale si radunano - allora a Pio X si aprì il cuore, egli si accese in viso e alzando la destra consacrata benedisse l'organizzazione cattolica croata: "Il Cielo li custodisca da ogni male, Dio e la grazia di Dio siano sempre con loro!"».[29]

           

            Nel periodo di cui ci occupiamo, se per uno studente croato non era facile essere cattolico, è altrettanto vero che per un cattolico non era facile essere croato fedele ai legittimi interessi del proprio popolo. Mettere in pratica il motto "per la fede e la patria!" richiedeva insieme coraggio e giudizio. Nel tempo in cui il popolo croato era sotto la dominazione delle potenze straniere, la diplomazia di queste ultime poteva influire su quella pontificia, anche a danno degli interessi croati. Ciò è accaduto più di una volta, provocando reazioni di protesta nell'opinione pubblica croata; e i nemici della Chiesa profittavano di tali occasioni per invocare il distacco dei cattolici croati da Roma. Una tale occasione fu creata dalle voci che la città di Rijeka - che gli Ungheresi amministravano come "corpus separatum" dalla Croazia - sarebbe stata staccata dalla diocesi di Senj, alla quale apparteneva, rompendo così l'ultimo legame con la Croazia. Ne seguì un malcontento generale che i progressisti e i "Giovani Croati" volevano incanalare contro il papato. Furono gli studenti cattolici del "Domagoj" a imporsi all'assemblea degli universitari, che per l'occasione fu tenuta a Zagreb (1911), impedendo che la manifestazione uscisse dai binari di una legittima protesta.[30]

 

            I cattolici organizzati, dopo la cessazione della pubblicazione di "Hrvatstvo" e di "Jutro", sentivano la necessità di un quotidiano cattolico. Tra i membri del "Domagoj" se ne parlò già nel 1910, ma soltanto nella seconda metà del 1912 i Cappuccini di Rijeka - che già svolgevano una attività editoriale - si erano attrezzati per una tale impresa. Finalmente, con data 8 dicembre 1912, usciva il primo numero di "Riječke novine" (Il giornale di Rijeka), nella redazione di Rudolf Eckert.[31] Il suo vice, incaricato anche per le notizie relative alla politica interna ed estera, era Petar Rogulja.

            Poco dopo Eckert poté usufruire di una borsa di studio del governo di Zagreb per perfezionarsi nelle scienze giuridiche e sociali presso le università straniere. Nel gennaio 1913 egli si recò a Louvain, dove oltre a frequentare i corsi universitari, svolse una intensa attività pubblicistica, in due direzioni: informando il pubblico croato - principalmente attraverso "Riječke novine" - sulle condizioni culturali, sociali e politiche del Belgio, ma anche facendo conoscere ai Belgi la situazione del popolo croato. A Louvain fu messo in piedi quasi un ufficio d'informazioni che curava la traduzione della corrispondenza proveniente dalla patria o la stesura di articoli originali sulle condizioni croate per la stampa francese, inglese ed anche tedesca.[32]

            La situazione politica in Croazia era molto difficile, principalmente a causa del regime oppressivo del regio commissario Cuvaj, esponente di Francesco Giuseppe e del primo ministro ungherese Khuen-Héderváry. Le libertà costituzionali erano sospese, la stampa era censurata come mai prima, le dimostrazioni degli studenti erano frequenti e il governo minacciò perfino di chiudere l'università di Zagreb. In questo clima, le vittorie serbe nella guerra balcanica ebbero in Croazia un effetto psicologico dirompente: «...da noi la guerra balcanica ha un effetto epidemico sui giovani e sugli anziani - scriveva lo studente di teologia Vid Blažinčić a Rudolf Eckert (2 maggio 1913) -. Ciò si spiega perché sotto l'insopportabile commissariato (di Cuvaj) ... la gente, non potendo in nessun modo entusiasmarsi per gli ideali croati, si esalta troppo per gli ideali dei fratelli liberi nei Balcani. Se così continua, il forzato mantenimento del commissariato potrebbe terribilmente vendicarsi sull'Austria nel prossimo futuro, e in una eventuale complicazione europea costare all'Ungheria, questo Stato formato artificialmente nello Stato, non solo la sua innaturale integrità, ma anche la vita...».[33] Durante il commissariato di Cuvaj, e in seguito alla prima guerra balcanica, sono venuti in primo piano gli interessi nazionali, mentre l'aggressività dei progressisti contro i cattolici si era assopita; i giovani cattolici erano tra i primi nelle dimostrazio­ni studentesche contro il regime. Nel 1912, dal 12 al 15 settembre, si celebrava a Vienna il Congresso eucaristico. Gli studenti croati avrebbero voluto parteciparvi come organizzazione, con la bandiera universitaria, ma non lo fecero in segno di protesta perché - secondo quanto riferito dal redattore del "Katolički list" - il Congresso stava per essere non soltanto una manifesta­zione ecclesiastica, ma anche una vera festa della corte e dello Stato. Il segretariato degli studenti cattolici croati, quindi, invitò gli studenti a recarsi al Congresso come individui, precisando che nel lutto nazionale nessuna organizzazione cattolica vi avrebbe preso parte.[34]

 

            «Grande era l'anima della gioventù cattolica croata al tempo del commissariato di Cuvaj - scrive uno dei protagonisti di quella generazione, Petar Grgec. - Con quegli universitari e alunni delle scuole medie un buon educatore poteva fare opere eroiche. Essi erano disposti a farsi schiacciare fisicamente per la propria Chiesa e il popolo croato. A Zagreb però mancavano uomini altolocati che comprendessero ed accogliessero quei giovani».[35] Anzi, alcuni cattolici li trattavano come pecore smarrite. Sia Grgec che V. Deželić jr. hanno creduto di dover annotare per la storia un particolare significativo della incomprensio­ne nell'ambiente della Curia di Zagreb per il Movimento cattolico. All'inizio del 1912, a nome dell'arcive­scovo Posilović gli amministratori dei beni dell'arcivescovo e dell'arcidio­cesi avevano distribuito a varie istituzioni ed associazioni ecclesiastiche e laicali ben 1.645.500 corone, ma tra queste non figuravano le associazioni cattoliche "Domagoj (Zagreb), "Hrvatska" (Vienna), "Pavlinović" (Dalmazia), "Martić" (Bosnia-Erzegovina); nem­meno una corona fu destinata per l'educazione del laicato cattolico.[36]

 

            Se la prima guerra balcanica (1912) aveva suscitato entusiasmo tra i Croati che erano oppresi dall'assolutismo, l'atteggiamento della Serbia verso i Bulgari nella seconda guerra balcanica (giugno 1913) faceva «quasi morire l'idea jugoslava»,[37] non però in quella gioventù progressista che aveva cominciato a chiamarsi "nazionalista", rinunciando non solo ad ogni tradizione croata ma anche al nome croato. Nel luglio 1913 il commissario Cuvaj fu sostituito con Ivan Skerlecz, il quale il 27 novembre fu nominato bano. La situazione politica era diventata più calma, e gli studenti cattolici potevano lavorare più intensamente nelle loro sezioni.

 

            Importante per il Movimento cattolico croato fu il congresso cattolico sloveno-croato, tenuto a Ljubljana dal 23 al 27 agosto 1913, al quale presero parte anche l'arcivescovo Bauer e il vescovo Mahnić. Prima del congresso le acque nell'ambiente dei cattolici croati non erano calme: era in atto la divisione degli uomini di penna in "salesiani" ("salezijevci" - chiamati con riferimento a s. Francesco di Sales, ritenuti troppo miti e indulgenti verso gli avversari liberali) e "geronimiani" (con riferimento a s. Girolamo, difensore focoso della verità), con polemiche sulla stampa cattolica. Sotto il martello dei "geronimiani" erano finiti alcuni tra i più meritevoli uomini del movimento cattolico (Deželić sr., Grgec  e perfino Lj. Maraković), oltre ai redattori di "Riječke novine". - Sul piano letterario le critiche erano rivolte al "Kolo hrvatskih književnika" (Circolo degli scrittori croati), promosso da Velimir Deželić sr. con le migliori intenzioni, allo scopo di raccogliere gli scrittori cattolici e promuovere la letteratura cristiana croata. Secondo i "geroniamiani", però, la presenza nel "Kolo" di alcuni nomi non dava sufficiente garanzia per l'indirizzo cristiano dell'associazio­ne. Sul  piano politico, poi, le critiche riguardavano il giornale "Riječke novine", soprattutto per il suo indirizzo "filoserbo". Si temeva allora che a Ljubljana venisse accentuato il dissidio, ma ciò non avvenne. Anzi, dopo la relazione di V. Deželić sr. sulla letteratura e le associazioni letterarie croate, il vescovo Mahnić gli espresse il suo pieno accordo; altrettanto fece il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons. Ivan Šarić. Nelle risoluzioni allora formulate si auspicava un'unica organizzazione degli scrittori cattolici croati e si invitavano questi a uscire dalle associazioni contrarie ai principi cattolici; si auspicava inoltre la concentrazio­ne degli scrittori cattolici intorno ad un organo di alto livello, mentre si invitavano i fedeli ad allontanare dalle proprie case i libri contrari ai dogmi e alla morale della Chiesa cattolica e a lavorare per il rispetto dei valori cristiani nella stampa, immagini ecc.

            Più delicata era la questione del giornale "Riječke novine". Alla presenza di quattro vescovi e degli esponenti dei "salesiani" e dei "geronimiani",  Velimir Deželić jr. affrontò il problema della discordia, punto dolente della società croata. Scendendo al concreto, parlò del gior­nale cattolico, rilevando come da tutte le parti si era insistito sulla necessità di un quotidiano cattolico, ma al tempo stesso si era lammentata la mancanza dei mezzi e uomini competenti. Quando, invece, questo duplice problema fu risolto, essendo stati trovati i mezzi ed essendosi impegnati in questa ingrata impresa giornalistica i migliori e più capaci uomini del Movimento cattolico, sono venute le critiche, anzi secondo i critici la redazione del giornale andava sostituita. In ogni lavoro si commettono errori - diceva Deželić -, a fortiori nel giornalismo, essi possono essere corretti in camera caritatis, senza metterli in vista sulla stampa cattolica, con soddisfazione di quella liberal-progressista; non è così che si aiuta la stampa cattolica. Deželić concludeva con ironia: «La Chiesa cattolica ha trovato opportuno dichiarare Santi sia Girolamo che Francesco di Sales - è quindi difficile decidere oggettiva­mente quale dei due ci debba essere più simpatico!» Nella discussione che seguì, Petar Rogulja, pur ammettendo errori ed esagerazioni nelle singole informazioni durante la prima guerra balcanica, difese la linea filoserba del giornale, che non voleva mettersi dalla parte della politica austriaca o turca. In linea di principio, Mahnić diede ragione al giornale. Su richiesta di Rogulja, furono date alla redazione del giornale le istruzioni sulla posizione da tenere verso i Serbi: 1) i Croati come i Serbi hanno diritto al proprio Stato nazionale; 2) i Croati e i Serbi non devono lasciarsi indurre dai governanti a combattersi reciprocamen­te; 3) bisogna riferire la verità senza mostrare particolare simpatia o antipatia quanto alla soluzione finale della questione croato-serba. Fu accolta anche la risoluzione proposta da Deželić: La stampa cattolica deve cercare l'unità nell'azione, essere bene informata, evitare di rendere pubbliche le discrepanze interne o errori che possono essere corretti privatamente o nella stessa pubblicazione. E perché tale risoluzione non rimanesse lettera morta, su proposta del prof. Fran Barac fu eletto un comitato con il compito di tener unita la stampa cattolica e di intervenire contro chi non rispettasse la risoluzione. Le polemiche furono sospese, anche se poi qualche "geronimiano" di Sarajevo non mancò di criticare le «ovazioni ostentative» degli studenti cattolici all'indirizzo del vescovo Mahnić.[38]

           

            4. Il "Seniorato" e la "Sezione di difesa nazionale".

 

            Il 30 marzo 1913 - dominica in albis - fu tenuta a Ljubljana l'assemblea costituente del Seniorato cattolico croato, che secondo il progetto del vescovo Mahnić divenne l'organo supremo del movimento della gioventù cattolica. I primi ad essere annoverati nel Seniorato furono i seniori (già membri) delle associazioni universitarie laicali e di quelle ecclesiastiche ("Zborovi duhovne mladeži") nonché alcuni maestri (maestre) e operatori pubblici senza titoli accademici: in tutto circa 150 persone.[39] Giuridicamente il Seniorato faceva parte della Lega nazionale cattolica croata (Hrvatski Katolički Narodni Savez = HKNS) (v. infra, Cap. X, nota 15).

            Dopo dieci anni dal suo modesto inizio il Movimento cattolico croato contava: 4 associazioni universitarie e due club con 150 membri, 10 associazioni di studenti di teologia con 300 membri, 41 congregazioni mariane nelle scuole medie con 300 membri, 60 associazioni della gioventù rurale con 3000 membri, e alla testa di questo essercito 150 seniori organizzati. L'organizzazione disponeva di 1 quotidiano, 5 settimanali, 3 bimensili, 14 periodici mensili e una rivista bimestrale, mentre indirettamente influenzava altri 5 quotidiani, 5 settimanali e 7 mensili. «La forza della stampa cattolica e di quella vicina alle idee cattoliche è quasi uguale alla forza del giornalismo liberale, mentre i periodici cattolici per il popolo sono cinque volte più forti di quelli liberali. Oggi l'idea cattolica nelle terre croate è una forza che nessuno può distruggere...».[40]

            Nell'anno scolastico 1913/14 gli studenti cattolici a Zagreb furono particolarmente attivi nella "Sezione di difesa nazionale", che Petar Grgec definì «la più seria scuola politica che sia mai esistita in Croazia, con lo scopo di studiare concretamen­te il popolo croato e i suoi vicini».[41] In quel periodo furono tenute 19 conferenze, nelle quali vennero affrontate le più attuali questioni nazionali:[42] la difficile posizione geopolitica delle terre croate, esposte alle mire espansionistiche dal nord, sud ed est, le condizioni del popolo nelle singole regioni, la colonizzazione degli stranieri, il "nazionalismo serbo-croato-sloveno" come lotta per gli interessi serbi, la situazione demografica, ecc. Rudolf Eckert, nella "Luč" del 20.IV.1914 (anno X, num. 8), analizzava i mali nazionali: l'indifferentismo religioso della maggioranza degli intellettuali, il progressivo abbandono dei principi etici nella vita pubblica, nel giornalismo, nell'arte, la corruzione di molti individui, la mancanza d'istruzione di quasi la metà della popolazione, le strette vedute dei politici, la dipendenza economica e finanziaria dagli altri popoli e la loro concorrenza, le comunicazioni insufficienti, i gravi danni conseguenti all'emigrazione, l'alcoolismo, il neomaltusianesimo, le lotte tra le nazionalità, ecc. - tutto ciò causava profonde ferite al corpo sociale. Occorreva quindi educarsi per la giustizia sociale:

            «Il nostro dovere patriottico verso il popolo croato ci obbliga a lavorare energicamente in ogni campo dove sappiamo di poter ottenere lo scopo - la rinascita sociale basata sui principi di Cristo. Non si tratta di un affare riservato al giurista o all'esperto in economia nazionale, ma che riguarda ciascuno, l'istruito e il non istruito, con la sola differenza che noi che siamo istruiti e abbiamo ricevuto più talenti, siamo anche più debitori verso il popolo croato, anziché pretendere di ricevere tanto di più quanto meno siamo utili alla Croazia».[43]

            Più che qualunque partito politico in Croazia, la giovane generazione del Movimento cattolico si sentiva vicina alle necessità del popolo e studiava come andargli incontro; ma la realizzazione dei suoi progetti richiedeva qualche decennio di pace. Oltre a lavorare nel campo culturale, sociale ed economico, prima o poi bisognava entrare anche nella vita politica, mandando nel Sabor uomini preparati che si impegnassero per quei progetti. E  mentre già si cominciava a disegnare i piani in questa direzione, venne la Prima guerra mondiale.[44]    

           

            5. Nel ciclone della Prima guerra mondiale.

 

            Il 28 giugno 1914 - giorno dell'attentato di Sarajevo - Rudolf Eckert e gli amici del "Domagoj" discussero a Zagreb delle possibili conseguenze di quell'atto. Tutti erano d'accordo che l'attentato andava condannato non solo dal punto di vista morale, ma anche da quello politico-opportunistico. Altrettanto erano preoccupati per il futuro della Croazia e del Movimento cattolico. In caso di guerra - che Eckert riteneva praticamente inevitabile - tutti i giovani del Movimento saranno chiamati nell'esercito e saranno sciolte le organizzazio­ni studentesche; anche il giornale "Riječke novine" e le altre pubblicazio­ni cattoliche rischiano di cessare. Se l'Austria-Ungheria vince, ai Croati toccherà la sorte analoga a quella dopo il 1848/9, con la differenza che oltre all'assolutismo austro-ungarico dovranno subire anche il prussiano "Drang nach Osten". E se l'Austria-Ungheria perde, che cosa attende i Croati? Comunque, in caso di guerra bisogna cercare di salvare l'organizzazione e far sì che l'eventuale sconfitta dell'Austria-Ungheria non sia anche dei Croati.     

            Verso la metà di luglio si riunirono a Rijeka i responsabili del giornale "Riječke novine" con il vescovo Mahnić, per esaminare la nuova situazione politica e decidere sulla linea che il giornale avrebbe dovuto seguire. L'atmosfera era cupa, e tutti si rendevano conto che il popolo croato non era preparato per gli eventi che stavano maturando. Si decise di evitare qualunque istigazione alla guerra e di condannare ogni arbitrio nel far giustizia; i comunicati ufficiali dovevano essere stampati in modo da far vedere la riservatezza e l'indipenden­za del giornale; infine, in tutto bisognava cercare la libertà della Chiesa e del popolo croato.

            Ciò che si era temuto, cominciò a realizzarsi. Uno dopo l'altro, i giovani studenti e seniori croati vennero mobilitati. Le organizzazioni nelle scuole medie furono proibite, ed anche quelle della gioventù rurale non potevano riunirsi.

            «I giovani dell'organizzazione studentesca cattolica - scrive Petar Grgec che visse quell'esperienza - sono venuti nelle caserme rozze, dove solo a bassa voce potevano pregare, mentre raramente avevano l'occasione di andare alla santa messa, alla confessione e alla comunione. La brutalità e il comportamento lascivo nelle file dell'esercito hanno fatto morire più d'un fiore d'innocenza. I più valorosi membri delle associazioni cattoliche si difendevano mantenendo la corrispon­denza con i compagni più anziani che erano rimasti a Zagreb o a Rijeka. Alcuni si rivolgevano particolarmente a Eckert e a Rogulja, che erano il loro appoggio nella lotta per la fede e il buon costume...[45] Gli sforzi della vita militare erano così gravi che qualcuno nella disperazione invocava la morte come l'unica salvezza dalle insopportabili sofferen­ze».[46]

            Il giornale "Riječke novine" aveva la tiratura di 10.000 copie. L'altro giornale di Rijeka, il liberale "Riječki novi list" di Fran Supilo aveva cessato di uscire, perché il redattore era andato in emigrazione. Anche i giorni del giornale cattolico erano contati: il 30 agosto 1914 il governo ungherese lo fece sopprimere, con la motivazione che esso minacciava gli interessi militari e statali.[47] Per intervento del vescovo Mahnić, l'arcivescovo di Zagreb acconsentì a ché il giornale venisse stampato nella tipografia arcivescovile; così già l'8 settembre poteva uscire il primo numero del nuovo giornale "Novine". Il direttore responsabile era Rudolf Eckert, mentre il proprietario ne erano ancora i Cappuccini di Rijeka.                              

            All'inizio di dicembre anche Rudolf Eckert fu chiamato sotto le armi; era contento perché agli altri compagni della redazione fu risparmiata (per allora) la stessa sorte! Per tutto il mese rimase in corrispondenza con gli amici. In una lettera del 20 dicembre 1914, il sac. dr. Fran Binički gli manifestava la sua grave preoccupazione: «Ho paura per il futuro del popolo croato. Qualunque sarà la fine, noi passeremo male. Massacreranno quelli che valgono e rimarrà la povera gente...». Binički per primo espresse l'idea che il Seniorato indirizzasse al Papa, come unico foro internazionale indipendente, una memoria con la preghiera di intervenire per la Croazia. La memoria infatti fu preparata, non da Eckert e dal Seniorato ma da un gruppo di personalità croate e slovene che la discussero con il vescovo Mahnić in una riunione riservata a Rijeka (6 marzo 1915). Datata "aprile 1915" e firmata da Mahnić, la memoria fu portata in Vaticano da due religiosi (il conventuale Josip Milošević e il cappuccino Miroslav Škrivanić). In essa si esprimeva il desiderio che - nel caso l'Austria-Ungheria rimanesse in piedi - tutte le terre croate e slovene fossero unite con la capitale a Zagreb, mantenendo il legame con la Monarchia soltanto nella persona del re (unione personale). Qualora invece l'Austria-Ungheria venissse sconfitta, i Croati e Sloveni, d'intesa con le grandi potenze, desideravano fondare uno Stato indipendente. Benedetto XV ricevette i portatori della memoria e promise il proprio intervento a favore dei Croati nel caso che fosse chiamato alla conferenza di pace. Avvertì però il p. Milošević: «La Russia vi ha tradito», alludendo al patto di Londra del 26 aprile tra l'Italia e le potenze dell'Intesa. In seguito Fran Supilo lo seppe dallo stesso ministro degli esteri russo Sazonov, a Pietroburgo.

            Nel frattempo, il 15 gennaio 1915, Eckert iniziò la vita militare a Karlovac, dove fu dichiarato "tauglich" (abile) nonostante la sua malattia - la leucemia - che i medici nella visita di dicembre precedente non avevano bene diagnosticato. Su sua richiesta, alla fine di gennaio fu mandato a Rijeka, seguito però dall'attestato che egli era sano e capace dei più gravi sforzi. L'incoscienza dei superiori militari produsse i suoi frutti: Eckert finì nell'ospedale, dove morì "da santo" il 12 marzo dello stesso anno. Aveva appena compiuto 26 anni. Fu la più grave perdita per il movimento cattolico croato, perché con esso scompariva una straordinaria intelligenza e un eccezionale organizzatore. Se fosse rimasto in vita  - scrive Petar Grgec - «egli con la sua superiore personalità sarebbe stato l'unificatore delle varie correnti che già allora cominciavano a manifestarsi nel Movimento cattolico croato».[48]

           

           


 


    [1] Per la stesura di questa sintesi abbiamo potuto servirci anche di materiale inedito, e precisamente degli scritti di alcuni protagonisti del Movimento cattolico, come Velimir Deželić jr. (v. infra, nota 3), Ljubomir Maraković (Diario) e Dragutin Kniewald (Diario - per il periodo posteriore al 1916). Per la conoscenza del clima nelle file dei cattolici croati negli anni antecedenti la Prima guerra mondiale è assai utile la biografia di Rudolf Eckert, scritta da Petar Grgec (v. infra, nota 17). 

    [2] Anton Mahnič nacque a Kobdilj sul Carso (Gorizia) il 14 settembre 1850. Studiò teologia a Gorizia e fu ordinato sacerdote nel 1874. A Vienna ottenne il dottorato in teologia (1881). Fu prefetto e professore nel Seminario di Gorizia. Nel 1888 iniziò a pubblicare la rivista "Rimski katolik" (Il Cattolico Romano). Fu un pubblicista eccellente. Nel 1896 fu nominato vescovo di Krk (Veglia). Nei primi anni cercò di conoscere bene la situazione locale e in genere quella croata. Contrariamente alle speranze di Vienna, difese l'uso della lingua paleoslava nella liturgia di rito latino e fondò l'Accademia Paleoslava (1902). Nel 1903 cominciò a pubblicare la rivista "Hrvatska straža" (La sentinella croata), di indirizzo filosofico-teologico, destinata sia ai laici che ai sacerdoti, dove trattava di tutte le questioni attuali della vita pubblica croata. E' considerato padre e guida spirituale del Movimento cattolico croato. Morì a Zagreb il 14 dicembre 1920.

    [3] Velimir Deželić senior - da distinguere dall'omonimo figlio (junior) - , nato a Zagreb nel 1864, studiò medicina a Vienna; ivi fu anche segretario e presidente dell'associazione studentesca croata "Zvonimir" (1882-83). Si iscrisse poi alla facoltà di filosofia (lettere) a Zagreb, dove si laureò. Dal 1894 fu impiegato nella Biblioteca universitaria di Zagreb e nel 1911 ne divenne bibliotecario. Scrittore, poeta, storico, fu molto attivo come pubblicista e organizzatore nel Movimento cattolico croato. Tra l'altro, fu il segretario del primo Congresso cattolico croato a Zagreb (1900), presidente del Congresso sloveno-croato a Ljubljana (1919) e presidente del primo Congresso Eucaristico a Zagreb (1023). Fu uno dei principali redattori della monumentale opera Znameniti i zaslužni Hrvati te pomena vrijedna lica u hrvatskoj povijesti od 925-1925 (Croati celebri e meritevoli nonché i personaggi degni di essere ricordati nella storia croata dal 925 al 1925), Zagreb 1925. Morì a Zagreb il 7 febbr. 1941. - Deželić lasciò una ricchissima raccolta di appunti che suo figlio Velimir (1888-1976), egli pure scrittore e attivo membro del Movimento cattolico, ha utilizzato nelle sue Memorie, tuttora inedite, dal titolo Kakvi smo bili? - Zapisi mojoj unučadi (Quali eravamo? - Memorie per i miei nipoti). Abbiamo potuto servirci di questo dattiloscritto (1511 pagine), in seguito citato come: Deželić, con l'indicazione del fascicolo e delle pagine.

    [4] Il papa Leone XIII voleva che la fine del XIX secolo fosse per i cristiani l'occasione per rinnovare la propria fede e adesione a Cristo. In questo contesto anche i cattolici croati organizzarono a Zagreb, nei giorni 3-5 settembre 1900, un Congresso cattolico pancroato, al quale presero parte i rappresentanti di tutte le terre croate, allora politicamente divise.

Due figure dominavano l'assemblea, il vescovo di Đakovo Josip Juraj Strossmayer e l'arcivescovo di Sarajevo Josip Stadler. Fu presente anche il vescovo Mahnić. In quattro sezioni furono discusse varie questioni relative alla vita cattolica, al rapporto tra Chiesa e Stato, alla questione sociale, all'educazione ecc. Il prof. Konstantin Vojnović (v. infra, nota 5), nella sua esposizione sulla vita cattolica si era soffermato sull'importanza del laicato cattolico, che mancava e che bisognava formare: «Questo laicato non può essere improvvisato - diceva -,  ma bisogna coltivarlo. La formazione del laicato è l'oggetto della risoluzione che propongo». Venne quindi adottata la seguente risoluzione: «Il Primo Congresso Cattolico in Croazia auspica che il braccio secolare intellettuale (il laicato) della Chiesa cattolica in Croazia venga educato ad una più profonda conoscenza dei dogmi, del diritto, della struttura e della storia della propria Chiesa, allo scopo di poterla difendere nella vita pubblica a fianco del clero e sotto la guida dell'episcopato, e ne indica quali mezzi più adatti i seguenti: 1. che a insegnanti di religione nelle scuole medie, e soprattutto nei ginnasi superiori, vengano nominati i sacerdoti forniti di cultura generale  e di specifica formazione filosofico-storica, onde educare la gioventù sia alla conoscenza razionale che all'amore della religione; 2. che nell'Università croata venga istituita la cattedra di filosofia cristiana ai sensi dell'Enciclica Aeterni Patris di Leone XIII; 3. che venga istituito l'ufficio di predicatore universitario da conferire ad un sacerdote dotato di specifica preparazione scientifica nell'apologetica cristiana; 4. che all'Università croata venga costituita la Lega cattolica, aperta agli studenti cattolici, il cui scopo sarebbe l'ulteriore progresso nei principi religiosi, l'esercizio delle opere di carità e la manifestazione del doveroso ossequio nelle grandi occasioni e solennità ecclesiastiche; 5. che venga fondato un convitto come istituto di educazione della gioventù universita­ria». Jure Krišto, Prešućena povijest, cit., p. 380 (Allegato 2.- L'autore dedica al Congresso del 1900 le pp. 155-181).

 

    [5] Konstantin (Kosta) Vojnović (Hercegnovi 1832 - Dubrovnik 1903), giurista, eccellente oratore, deputato nel Parlamento dalmata 1861-1874, prof. di diritto civile all'università di Zagreb (dal 1874), rettore nel 1877; deputato dell'opposizione nel Sabor dal 1878-1884. Grande cattolico e croato, fu pensionato prima del tempo (1891); dal 1892 al 1902 fu avvocato a Dubrovnik. Scrisse parecchi studi e articoli.

 

 

    [6] Ivan Butković, nato a Vrbnik, isola di Krk, il 25 gennaio 1878, morto a Split il 21 giugno 1954. Studiò filosofia e teologia a Gorizia (1897-1901). Nel 1901-1902 fu redattore del bimensile "Pučki prijatelj" (Amico del popolo) (Krk). Studiò poi filosofia a Vienna. Dal 1909 fu professore di filosofia a Zadar (Zara). Nel 1925-26 fu vicerettore del Collegio di S. Girolamo a Roma, poi professore di filosofia nel Seminario teologico centrale di Split.

    [7] Con la fondazione della Congregazione Mariana a Zagreb le cose non andarono lisce. Per la mentalità di allora è significativa la dichiarazione di uno studente universitario secondo cui molti sentivano avversione verso la Congregazione perché in essa si prega! E quando il 2 febbraio 1904 i gesuiti fondarono la "Congregatio Mariana academica", per i primi dodici soci, questi furono oggetto di scherno da parte dei colleghi e, non avendo una sufficiente forza interiore, cominciarono ad abbandonare la Congregazione. Cf. Deželić, III, p. 198. 

    [8] Fran Binički (1875-1945), sac. della diocesi di Senj, dott. in teologia a Innsbruck (1902), professore di teologia a Senj (1902-1919). Collaboratore del vescovo Mahnić, molto impegnato nel Movimento cattolico, fu anche redattore della "Hvatska straža". Scrisse alcuni libri di carattere storico e collaborò a diverse riviste e giornali. Fece parte del Partito Popolare Croato. Per ragioni politiche fu perseguitato e incarcerato (1934/35) (nel 1942 pubblicò a Zagreb i ricordi della sua prigionia: Moje tamnovanje). Morì in seguito ai maltrattamenti subiti nel 1945.

    [9] Cf. Deželić, III (1883-1913), pp. 186-192.

    [10] Ibid., p. 196.

    [11] Per il venticinquesimo della "Luč" Lj. Maraković scrisse un breve ricordo sul periodo trascorso ("Venticinque anni fa", in "Luč" XXV, num. 3-4, pp. 99-100), dove lui, che aveva avuto tanta parte nel Movimento cattolico croato, volle dare unicuique suum, mettendo in evidenza i meriti del sac. Butković, «il vero factotum» della rivista, il quale vi aveva svolto «una enorme attività,.. (con) energia e spirito di sacrificio», rimanendo per lo più anonimo. Maraković accenna anche alla collaborazione che egli come redattore aveva avuto dai diversi centri croati: da Travnik-Sarajevo a Osijek, dalle città  della  Dalmazia (da Kotor a Zadar) nonché dai singoli individui; «il meno da Zagreb, finché solo nel secondo anno della "Luč" l'instancabile Butković non ha acceso anche lì la fiaccola dell'entusiasmo fondando il "Domagoj"». Maraković termina con un giudizio globale: «...oso affermare che questi venticinque anni della "Luč" nell'insieme è uno dei più caratteristici e più validi documenti sulla creazione del XX secolo nell'animo del popolo croato».

    [12] Il termine "furtimaši" fu coniato secondo la parola latina "furtim", che il vescovo Strossmayer aveva usato, ipoteticamente, sul conto dei promotori del quotidiano "Hrvatstvo". Poiché egli, insieme con alcuni altri vescovi, aveva dato il suo consenso alla progettata Società cattolica tipografica, che doveva pubblicare il giornale, qualcuno si era preciptato a far credere al Vescovo che non era necessaria tale società. Strossmayer allora disse: «Se le cose stanno così, allora la mia firma è stata ottenuta furtim». Il sac. Matija Seigerschmied, che dal sac. S. Korenić era stato accusato di aver ottenuto "furtim" la firma del Vescovo, lo smentì sul settimanale "Katolički list", né Strossmayer ritirò la firma. Per i bene intenzionati la questione era chiusa, ma i liberal-progressisti si impossessarono del termine "furtimaši" per designare con esso i "clericali", praticamente tutti i cattolici fedeli alla Chiesa e al Papa. Cf. Deželić, III, p. 201s; P. Grgec, op.cit., pp. 63-70.

    [13] Cf. Deželić, III, p. 200.

    [14] Petar Rogulja (1888-1920), nato a Sarajevo da padre ortodosso e madre cattolica, terminò gli studi ginnasiali a Mostar. Nel 1909, venuto a Zagreb per gli studi universitari, aderì all'associazione "Domagoj", diventandone il principale esponente. Entusiasta del programma sociale di Krek (diceva: «Io sono la tromba di Krek»), fece viaggi di studio in Germania, Francia e Belgio. Fu redattore del giornale "Riječke novine" (Il giornale di Fiume) e, dopo la soppressione di questo giornale (1914), fondò a Zagreb "Novine" (Il giornale). Dopo la guerra fondò il Partito Popolare Croato. Visse poveramente, quasi sempre in viaggio (morì nell'episcopio di Sarajevo); per poter dedicarsi pienamente alla rinascita del proprio popolo aveva deciso di rimanere celibe. «Noi siamo giovani, in noi è l'idealismo di Cristo» - scrisse nella "Luč" poco prima della morte. Cf. il caldo necrologio scritto da Petar Gregec in "Luč", XV, num. 8-9 (25 marzo 1920), pp. 65-67.

    [15] Rudolf Eckert (Travnik 1889 - Rijeka 1915), fece gli studi ginnasiali a Sarajevo, dove connobbe Petar Rogulja, e gli studi giuridici a Zagreb. Fu promosso dottore "sub auspiciis regis", avendo fatto tutti gli studi con il massimo dei voti. Frequentò corsi di specializzazione  a München e a Louvain. Fu redattore capo di "Riječke novine". Mobilitato nell'esercito, si ammalò e morì "da santo" nell'ospedale di Rijeka. Vent'anni dopo, i suoi resti mortati furono trasportati da Rijeka (allora sotto l'Italia) nel cimitero di Trsat (Sušak). - Petar Grgec nel 1955 ne ha scritto la biografia che è stata stampata soltanto nel 1995.

    [16] Vedi supra, nota 3.

    [17] Petar Grgec (Kalinovac, 15.II.1890 - Zagreb, 22.VIII.1962), studiò a Travnik (maturità classica) e a Zagreb (filosofia). Fu redattore delle riviste "Luč" e "Hrvatska prosvjeta" e del giornale "Narodna politika". Mobilitato nel 1914 e mandato al fronte, nel 1917 finì in prigionia in Italia, da dove ritornò a Zagreb nel 1919. Fu professore nel ginnasio arcivescovile di Zagreb. Autore di moltissimi articoli, scrisse anche diversi libri, tra cui la biografia di Rudolf Eckert. All'arrivo del regime comunista nel 1945, fu arrestato e condannato a sette anni di lavori forzati. In quell'occasione fu distrutta una cassa di documenti che egli intendeva utilizzare per la elaborazione delle biografie di Eckert e di Rogulja.

    [18] Janez Krek (1865-1917), sacerdote, professore di teol. fondamentale e filosofia a Ljubljana, fu attivo nella politica (due volte deputato nel Reichsrat di Vienna). Figura centrale del Movimento cattolico sloveno, fu anche guida del Partito Popolare Sloveno. Grandi furono i suoi meriti nel campo dell'organizzazione delle cooperative per i contadini e operai. Teneva corsi sociali frequentati anche dai giovani del Movimento cattolico croato, i quali traducevano in croato i suoi saggi sui problemi sociali (Rogulja, Grgec).

    [19] P. Grgec, Dr. Rudolf Eckert, p. 124.

    [20] Ibid., p. 131s.

    [21] Ibid., p.138s.

    [22] Citato da J. Krišto, op. cit., p. 283.

    [23] Cf. Deželić, IVa, p. 13.

    [24] Cf. J. Krišto, op. cit., p. 285.

    [25] P. Grgec, op. cit., p. 140.

    [26] Ibid., pp. 73-74.

    [27] Ibid., p. 103.

    [28] Ibid., p. 141s.

    [29] Ibid., pp. 148-151.

    [30] Ibid., pp. 160-162.

    [31] Rudolf Eckert aveva tutti i numeri per intraprendere una brillante carriera universitaria, e i suoi professori lo speravano, ma egli preferì dedicarsi al giornalismo, sperando di poter in tal modo essere più utile al popolo.

    [32] Ibid., p. 209.

    [33] Ibid., p. 211.

    [34] Ibid., pp. 174-177.

    [35] Ibid., p. 177s.

    [36] Grgec ricorda anche come nell'agosto 1913 il sac. Anton Korošec, a Ljubljana, aveva detto all'arcivescvo Bauer: «Avete dato 10.000 corone al liberale "Sokol", mentre avete mandato via quelli del "Domagoj" quando hanno chiesto il vostro aiuto». E l'arcivescovo avrebbe risposto: «Non permetto che questi pochi giovani mi terrorizzino e mi impongano le idee di Mahnić. Io non ho bisogno di pedocrazia» (ibid., p.232). - L'avversione di Antun Bauer nei confronti del movimento cattolico del vescovo Mahnić era, comunque, conseguente alla polemica sorta in seguito alla critica di Mahnić al libro di Fran Barac sull'apologetica moderna (1909), difeso da Bauer. La polemica fu sospesa per intervento dell'arcivescovo Posilović che l'aveva proibita ai suoi sacerdoti (ibid., p. 104s, 173). - Bauer (nato nel 1856, ord. sac. 1879, professore univ., autore di parecchi libri e studi filosofici e teoligici, deputato nel Sabor croato) fu nominato arcivescovo coadiutore il 14 nov. 1910 e successe all'arcivescovo Posilović il 26 aprile 1914.

    [37] Cf. K. Firinger (K.Doretić) in "Luč"-"Đački vjesnik", num. 5-6 del 20.XII.1913, citato da P. Grgec, op. cit., p. 241s. Se, infatti, i Serbi si sono messi d'accordo con i Greci, Turchi e Romeni contro i Bulgari, non avrebbero potuto fare altrettanto contro i Croati, mettendosi d'accordo con i Magiari e spartendo le terre croate nel caso della fine della Monarchia austro-ungarica? Come si vede, qualcuno nel "Domagoj" già nel 1913 aveva intuito questo pericolo (ibid., p. 239s), che Ante Trumbić poi, durante la guerra mondiale, cercherà di scongiurare.

    [38] Cf. Deželić, IVa, pp. 139-149; P. Grgec, op. cit., pp. 214-234.

    [39] P. Grgec, op. cit., p. 214s.

    [40] Cf. l'articolo Na pragu drugoga decenija (Alla soglia del secondo decennio) in "Luč - Đački vjesnik", num. 1-2, del 5.XI.1913, citato da Grgec, op. cit., p. 250s.

    [41] P. Grgec, op. cit., p. 237.- Durante la prima riunione della Sezione di difesa nazionale - il 3 novembre 1913 - Petar Grgec precisava: "Il nostro lavoro di difesa nazionale è la terza fase della terza generazione del nostro movimento cattolico croato. La prima era di carattere filosofico-apologetico-letterario (Butković-Maraković), la seconda prevalentemente sociale (Eckert-Rebac); adesso viene la terza epoca nazionale-politica. Con questo la politica per la prima volta viene introdotta nelle nostre file". Riportato da Deželić, IVa, p. 174.

    [42] Un sunto sostanzioso di alcune conferenze si trova in Deželić, IVa, pp. 173-181. La caratteristica di queste conferenze era il realismo, la volontà di guardare con occhi aperti la difficile situazione in cui si trovava il popolo croato.

    [43] Ibid., p. 240s.

    [44] In una conferenza che Petar Rogulja tenne il 27.III.1914 nella Sezione di difesa nazionale, dopo aver analizzato la situazione dei partiti politici croati esistenti, sostenne la necessità di un nuovo partito, onesto e realista, simile al Partito Popolare Sloveno; ma poiché gli Sloveni non avevano i problemi derivanti dalla diversità di religioni, secondo Rogulja bisognava adottare alcune posizioni del "Zentrum" tedesco, e, in più, pensare ai musulmani.

    [45] P. Grgec, op. cit., pp. 264-266, riporta una lettera di Eckert, nella quale quest'ultimo lo informa di 17 amici sparsi nelle terre croate e altrove (Ungheria, Serbia), dei quali uno già caduto. - Anche il prof. Ljubomir Maraković a Banja Luka, poi dal 1916 a Sarajevo, era un punto di riferimento per gli studenti soldati.

    [46] Ibid., p. 260s.

    [47] Il segretario del vescovo Mahnić, dr. Josip Palčić, nel settimanale "Istina" del 7.VII.1935 ricordava quell'episodio, precisando che l'avvocato dello Stato aveva addotto come motivo della soppressione del giornale: «perché riporta troppe notizie sul movimento dell'esercito Šmentre la censura le mutilava o sequestrava oltre ogni misuraÆ e che scrive contro i massoni Š!Æ». Il giornale spesso veniva trattenuto alla censura anche per sei ore. Cf. P. Grgec, op. cit., p. 304.

    [48] Ibid., p. 280.